Cambiano le Norme Tecniche per le Costruzioni

Il Decreto di pubblicazione delle Norme Tecniche per le Costruzioni è stato firmato nei giorni scorsi dal Ministro Delrio e dal presidente del CSLLPP Sessa. È quindi attesa a breve la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e la loro entrata in vigore.

Le Norme Tecniche per le Costruzioni 2018, a lungo invocate dagli operatori del settore, sono quindi una realtà. Si tratta di fatto di una revisione in continuità delle norme che abbiamo utilizzato negli ultimi anni: non ne modificano infatti i principi fondamentali ma introducono alcune novità sui metodi di calcolo e di verifica per applicare con efficacia le indicazioni contenute.

Abbiamo di fronte un testo più chiaro che lascia meno spazio ai dubbi di interpretazione e agli errori e consente di comprendere meglio concetti fondamentali come la “progettazione in capacità”. La trattazione degli elementi in cemento armato confinato, la maggiore adesione agli Eurocodici, l’abolizione definitiva del metodo alle Tensioni ammissibili e l’eliminazione dei riferimenti alle zone sismiche sono alcune delle novità essenziali.

La novità più eclatante e più attesa riguarda gli interventi che possono essere effettuati sul patrimonio edilizio italiano: le Norme Tecniche 2018 promuovono il miglioramento sismico degli edifici esistenti attraverso il raggiungimento di parametri più realistici. L’obiettivo auspicabile è quindi la messa in sicurezza di un numero di edifici superiore rispetto a quanto fatto finora e, di conseguenza, l’utilizzo delle ingenti risorse messe a disposizione dai numerosi incentivi fiscali degli ultimi anni.

Per rispettare i nuovi obiettivi imposti dalle NTC 2018 e cogliere le opportunità legate agli incentivi fiscali è imprescindibile l’utilizzo di strumenti di calcolo aggiornati e in grado di rispondere alle nuove sfide. TRAVILOG è il software OPENBIM di calcolo strutturale e progettazione antisismica già pronto ad accogliere le nuove Norme Tecniche che include strumenti specifici per definire la Classe di rischio, valutare la vulnerabilità sismica e mettere in sicurezza gli edifici esistenti in c.a., in muratura e misti (c.a. e muratura) confrontando tra loro varie soluzioni progettuali di riqualificazione.

Questo primo focus vuole essere una guida per conoscere le NTC 2018 e mette a confronto in due colonne, capitolo per capitolo, il vecchio testo nella colonna di sinistra e il nuovo testo delle Norme Tecniche nella colonna di destra. Per facilitarne la lettura proponiamo una semplice legenda che classifica le novità con un marcatore da 1, 2 o 3 stelle, dove 3 stelle individua, a nostro avviso, i capitoli che hanno subito i cambiamenti più importanti.

INDICE:
Cap. 3 – AZIONI SULLE COSTRUZIONI
Cap. 4 – COSTRUZIONI CIVILI E INDUSTRIALI
Cap. 4.1 – COSTRUZIONI DI CALCESTRUZZO
  • cap. 4.1.1.1 – migliorate le specifiche per l’analisi lineare, ridistribuzione dei momenti e limite x/d
    • cap. 4.1.2.1.1.4 – modificata la valutazione della tensione di aderenza acciaio/calcestruzzo, come in EC2
    • cap. 4.1.2.1.2.1 – introdotte le specifiche di valutazione di progetto per il calcestruzzo confinato
    • cap. 4.1.2.2.4.5 – modificata la definizione dello stato limite di fessurazione, come in EC2
    • cap. 4.1.2.2.4.5 – corretti i limiti di tensione nella valutazione degli stati limite di limitazione delle tensioni
    • cap. 4.1.2.3.4 – modificata la valutazione della resistenza delle sezioni a flessione con o senza sforzo assiale, esplicitata la verifica in duttilità
    • cap. 4.1.2.3.5.1 – migliorata la definizione per la valutazione della resistenza a taglio senza armatura
    • cap. 4.1.2.3.5.2 – migliorata la formula per la valutazione della resistenza a taglio con armatura
    • cap. 4.1.2.3.5.4 – migliorata la definizione per la valutazione della resistenza a punzonamento, come EC2
    • cap. 4.1.2.3.6 – modificata la valutazione della resistenza a torsione
    • cap. 4.1.2.3.9.2 – modificata la valutazione della snellezza limite per i pilastri singoli
    • cap. 4.1.6.1.1 – modificate le specifiche dei dettagli costruttivi per le travi
    • cap. 4.1.8 – modificate le specifiche di progetto per gli elementi in calcestruzzo precompresso
    • cap. 4.1.11 – modificate le specifiche di progetto per gli elementi in calcestruzzo a bassa percentuale di armatura o non armati
Cap. 4.2 – COSTRUZIONI DI ACCIAIO
Cap. 4.3 – COSTRUZIONI COMPOSTE DI ACCIAIO – CALCESTRUZZO
Cap. 4.4 – COSTRUZIONI DI LEGNO
Cap. 4.5 – COSTRUZIONI DI MURATURA
Cap. 4.6 – ALTRI SISTEMI COSTRUTTIVI
Cap. 6 – PROGETTAZIONE GEOTECNICA
Cap. 7 – PROGETTAZIONE PER AZIONI SISMICHE
Cap. 7.3 – METODI DI ANALISI E CRITERI DI VERIFICA
  • cap. 7.3 – introdotto il fattore di comportamento ‘q’ in relazione alle diverse tipologie di modellazione dell’azione sismica
    • cap. 7.3.1 – modificate le specifiche per l’applicazione di analisi lineari e non lineari
    • cap. 7.3.3 – maggiori specifiche per l’applicazione dell’eccentricità accidentale in analisi lineare, sia statica che dinamica
    • cap. 7.3.3.2 – modificata la valutazione dell’azione sismica con l’analisi sismica statica equivalente
    • cap. 7.3.3.3 – modificata la valutazione degli spostamenti della struttura
    • cap. 7.3.4 – migliori specifiche per l’applicazione dell’analisi non lineare dinamica e statica
    • cap. 7.3.6 – migliorate le specifiche per il rispetto dei requisiti agli stati limite
    • cap. 7.3.6 – modificate e migliorate le specifiche per le verifiche degli elementi strutturali
    • cap. 7.3.6 – migliorate le specifiche per le verifiche degli elementi non strutturali e degli impianti
Cap. 7.4 – COSTRUZIONI DI CALCESTRUZZO
  • cap. 7.4.1 – migliorate e integrate le disposizioni di progetto delle strutture in calcestruzzo soggette ad azione sismica
    • cap. 7.4.3.1 – modificate le ‘Tipologie strutturali’ in calcestruzzo
    • cap. 7.4.4 – integrate le specifiche per il dimensionamento e la verifica degli elementi strutturali con comportamento non dissipativo
    • cap. 7.4.4.1.2 – modificate e meglio specificate le verifiche in duttilità per le travi
    • cap. 7.4.4.2.2 – migliorate le verifiche dei pilastri, esplicitata la verifica in duttilità
    • cap. 7.4.4.3 – modificate le verifiche dei nodi non confinati
    • cap. 7.4.4.5 – integrate e migliorate le specifiche di progettazione e verifica delle pareti
    • cap. 7.4.5 – modificate le disposizioni di progetto per le strutture prefabbricate
    • cap. 7.4.6 – integrate e migliorate le specifiche dei dettagli costruttivi per i pilastri
    • cap. 7.4.6 – integrate e migliorate le specifiche di limitazione di armatura per i nodi trave-pilastro
    • cap. 7.4.6 – integrate e migliorate le specifiche di limitazione di armatura per le pareti
Cap. 7.5 – COSTRUZIONI D’ACCIAIO
Cap. 7.7 – COSTRUZIONI DI LEGNO
Cap. 7.8 – COSTRUZIONI DI MURATURA
  • cap. 7.8.1 – integrate e modificate le regole generali per la progettazione di strutture in muratura
    • cap. 7.8.1.3 – modificate le modalità costruttive e i fattori di comportamento per gli edifici in muratura
    • cap. 7.8.1.4 – modificati i criteri di progetto e i requisiti geometrici per gli edifici in muratura
    • cap. 7.8.1.6 – modificate le specifiche per le verifiche con analisi statica non lineare degli edifici in muratura
    • cap. 7.8.1.9 – modificate le specifiche per le verifiche delle ‘Costruzioni semplici’
    • cap. 7.8.2.2 – modificate le specifiche per le verifiche di sicurezza per muratura ordinaria
    • cap. 7.8.3.2 – modificate le specifiche per le verifiche di sicurezza per muratura armata
    • cap. 7.8.4 – aggiunto il capitolo dedicato alla muratura confinata
    • cap. 7.8.6 – regole di dettaglio
Cap. 7.11. OPERE E SISTEMI GEOTECNICI
  • cap. 7.11.1 – modificati i requisiti agli stati limite per le opere e i sistemi geotecnici
    • cap. 7.11.5.3.1 – modificate le specifiche di verifica delle fondazioni superficiali
    • cap. 7.11.5.3.2 – modificate le specifiche di verifica delle fondazioni su pali
    • cap. 7.11.6.1 – integrate le regole generali di progetto delle opere di sostegno
    • cap. 7.11.6.2 – modificate le specifiche di verifica delle opere di sostegno
    • cap. 7.11.6.3 – modificate le specifiche di verifica delle paratie
Cap. 8 – COSTRUZIONI ESISTENTI
Cap. 12 – RIFERIMENTI TECNICI
cap. 2 – Sicurezza e prestazioni attese

cap 2.2 – Modificati e meglio esplicitati i Requisiti delle opere strutturali
Aggiunta la seguente condizione nel paragrafo 2.2.1 – Stati limite ultimi (SLU)
I principali stati limite ultimi sono elencati nel seguito: […] raggiungimento di una condizione di cinematismo irreversibile

Aggiunto il paragrafo 2.2.3 – Sicurezza antincendio
Quando necessario, i rischi derivanti dagli incendi devono essere limitati progettando e realizzando le costruzioni in modo tale da garantire la resistenza e la stabilità degli elementi portanti, nonché da limitare la propagazione del fuoco e dei fumi.

Aggiunto il paragrafo 2.2.4 – Durabilità
Un adeguato livello di durabilità può essere garantito progettando la costruzione, e la specifica manutenzione, in modo tale che il degrado della struttura che si dovesse verificare durante la sua vita nominale di progetto non riduca le prestazioni della costruzione al di sotto del livello previsto.
Tale requisito può essere soddisfatto attraverso l’adozione di appropriati provvedimenti stabiliti tenendo conto delle previste condizioni ambientali e di manutenzione ed in base alle peculiarità del singolo progetto, tra cui:

  1. scelta opportuna dei materiali;
  2. dimensionamento opportuno delle strutture;
  3. scelta opportuna dei dettagli costruttivi;
  4. adozione di tipologie costruttive e strutturali che consentano, ove possibile, l’ispezionabilità delle parti strutturali;
  5. pianificazione di misure di protezione e manutenzione; oppure, quando queste non siano previste o possibili, progettazione rivolta a garantire che il deterioramento della costruzione o dei materiali che la compongono non ne causi il collasso;
  6. impiego di prodotti e componenti chiaramente identificati in termini di caratteristiche meccanico – fisico – chimiche, indispensabili alla valutazione della sicurezza, e dotati di idonea qualificazione, così come specificato al Capitolo 11;
  7. applicazione di sostanze o ricoprimenti protettivi dei materiali, soprattutto nei punti non più visibili o difficilmente ispezionabili ad opera completata;
  8. adozione di sistemi di controllo, passivi o attivi, adatti alle azioni e ai fenomeni ai quali l’opera può essere sottoposta.

Le condizioni ambientali devono essere identificate in fase di progetto in modo da valutarne la rilevanza nei confronti della durabilità.

Aggiunto il paragrafo 2.2.5 – Robustezza
Un adeguato livello di robustezza, in relazione all’uso previsto della costruzione ed alle conseguenze di un suo eventuale collasso, può essere garantito facendo ricorso ad una o più tra le seguenti strategie di progettazione:

  1. progettazione della struttura in grado di resistere ad azioni eccezionali di carattere convenzionale, combinando valori nominali delle azioni eccezionali alle altre azioni esplicite di progetto;
  2. prevenzione degli effetti indotti dalle azioni eccezionali alle quali la struttura può essere soggetta o riduzione della loro intensità;
  3. adozione di una forma e tipologia strutturale poco sensibile alle azioni eccezionali considerate;
  4. adozione di una forma e tipologia strutturale tale da tollerare il danneggiamento localizzato causato da un’azione di carattere eccezionale;
  5. realizzazione di strutture quanto più ridondanti, resistenti e/o duttili è possibile;
  6. adozione di sistemi di controllo, passivi o attivi, adatti alle azioni e ai fenomeni ai quali l’opera può essere sottoposta.

Aggiunta la seguente verifica nel paragrafo 2.2.6 – Verifiche
Le opere strutturali devono essere verificate: […] quando necessario, nei confronti degli effetti derivanti dalle azioni termiche connesse con lo sviluppo di un incendio.


cap. 2.4.1 – Modificata la definizione di ‘vita nominale’ e le tipologie di costruzioni per cui distinguere la vita nominale di progetto
VITA NOMINALE
La vita nominale di un’opera strutturale VN è intesa come il numero di anni nel quale la struttura, purché soggetta alla manutenzione ordinaria, deve potere essere usata per lo scopo al quale è destinata. […] Le verifiche sismiche di opere provvisorie o strutture in fase costruttiva possono omettersi quando le relative durate previste in progetto siano inferiori a 2 anni.

VITA NOMINALE DI PROGETTO
La vita nominale di progetto VN di un’opera è convenzionalmente definita come il numero di anni nel quale è previsto che l’opera, purché soggetta alla necessaria manutenzione, mantenga specifici livelli prestazionali. […] Tali valori possono essere anche impiegati per definire le azioni dipendenti dal tempo.
Non sono da considerarsi temporanee le costruzioni o parti di esse che possono essere smantellate con l’intento di essere riutilizzate.
Per un’opera di nuova realizzazione la cui fase di costruzione sia prevista in sede di progetto di durata pari a PN, la vita nominale relativa a tale fase di costruzione, ai fini della valutazione delle azioni sismiche, dovrà essere assunta non inferiore a PN e comunque non inferiore a 5 anni.
Le verifiche sismiche di opere di tipo 1 o in fase di costruzione possono omettersi quando il progetto preveda che tale condizione permanga per meno di 2 anni.


cap. 2.5.3 – Modificate e meglio specificate le categorie di carico da considerare nella combinazione delle azioni

cap. 2.6.1 – Modificati i coefficienti parziali per i carichi permanenti non strutturali

cap. 2.7 – Eliminate le verifiche alle tensioni ammissibili
Relativamente ai metodi di calcolo, è d’obbligo il Metodo agli stati limite di cui al § 2.6. Per le costruzioni di tipo 1 e 2 e Classe d’uso I e II, limitatamente a siti ricadenti in Zona 4, è ammesso il Metodo di verifica alle tensioni ammissibili. Per tali verifiche si deve fare riferimento alle norme tecniche di cui al D.M. LL. PP. 14.02.92, per le strutture in calcestruzzo e in acciaio, al D.M. LL. PP. 20.11.87, per le strutture in muratura e al D.M. LL. PP. 11.03.88 per le opere e i sistemi geotecnici. Le norme dette si debbono in tal caso applicare integralmente, salvo per i materiali e i prodotti, le azioni e il collaudo statico, per i quali valgono le prescrizioni riportate nelle presenti norme tecniche. Le azioni sismiche debbono essere valutate assumendo pari a 5 il grado di sismicità S, quale definito al § B. 4 del D.M. LL. PP. 16.01.1996, ed assumendo le modalità costruttive e di calcolo di cui al D.M. LL. PP. citato, nonché alla Circ. LL. PP. 10.04.97, n. 65/AA.GG. e relativi allegati.
cap. 3 – Azioni sulle costruzioni

cap. 3.1.4 – modificati e meglio specificati i sovraccarichi per le diverse categorie d’uso


cap. 3.1.4.1 – aggiunte specifiche per i sovraccarichi verticali uniformemente distribuiti

Analogamente ai carichi permanenti non strutturali definiti al § 3.1.3 ed in linea di massima, in presenza di orizzontamenti anche con orditura unidirezionale ma con capacità di ripartizione trasversale, i sovraccarichi potranno assumersi, per la verifica d’insieme, come uniformemente ripartiti. In caso contrario, occorre valutarne le effettive distribuzioni.
Per le categorie d’uso A, B, C, D, H e I, i sovraccarichi verticali distribuiti che agiscono su un singolo elemento strutturale facente parte di un orizzontamento (ad esempio una trave), possono essere ridotti in base all’estensione dell’area di influenza A [m2] di competenza dell’elemento stesso. Il coefficiente riduttivo ?A è dato da

essendo ?0 il coefficiente di combinazione (Tab. 2.5.I). Per le categorie C e D, ?A non può essere minore di 0,6.
Analogamente, per le sole categorie d’uso da A a D, le componenti di sollecitazione indotte dai sovraccarichi agenti su membrature verticali, tra i quali pilastri o setti, facenti parte di edifici multipiano con più di 2 piani, possono essere ridotti in funzione del numero di piani caricati n, essendo il coefficiente riduttivo ?n dato da

I due coefficienti riduttivi ?A e ?n non possono essere combinati.


cap. 3.1.4.2 – maggiori specifiche per i sovraccarichi verticali concentrati
I carichi verticali concentrati Qk formano oggetto di verifiche locali distinte e non vanno sovrapposti ai corrispondenti carichi verticali ripartiti; essi devono essere applicati su impronte di carico appropriate all’utilizzo ed alla forma dell’orizzontamento; in assenza di precise indicazioni può essere considerata una forma dell’impronta di carico quadrata pari a 50 x 50 mm, salvo che per le rimesse ed i parcheggi, per i quali i carichi si applicano su due impronte di 200 x 200 mm, distanti assialmente di 1,80 m.3.1.4.2 Sovraccarichi verticali concentrati
I sovraccarichi verticali concentrati Qk riportati nella Tab. 3.1.II formano oggetto di verifiche locali distinte e non si applicano contemporaneamente ai carichi verticali ripartiti utilizzati nelle verifiche dell’edificio nel suo insieme; essi devono essere applicati su impronte di carico appropriate all’utilizzo ed alla forma dell’orizzontamento; in assenza di precise indicazioni può essere considerata una forma dell’impronta di carico quadrata pari a 50 x 50 mm, salvo che per le rimesse, i parcheggi e le aree di transito (categorie F e G). Per le costruzioni di categoria F, i carichi si applicano su due impronte di 100 x 100 mm, distanti assialmente 1,80 m. Per le costruzioni di categoria G, i carichi si applicano su due impronte di 200 x 200 mm, distanti assialmente 1,80 m.

cap. 3.2.2 – modificata la valutazione delle categorie di sottosuolo
Ai fini della definizione dell’azione sismica di progetto, si rende necessario valutare l’effetto della risposta sismica locale mediante specifiche analisi, come indicato nel § 7.11.3. In assenza di tali analisi, per la definizione dell’azione sismica si può fare riferimento a un approccio semplificato, che si basa sull’individuazione di categorie di sottosuolo di riferimento (Tab. 3.2.II e 3.2.III).
Fatta salva la necessità della caratterizzazione geotecnica dei terreni nel volume significativo, ai fini della identificazione della categoria di sottosuolo, la classificazione si effettua in base ai valori della velocità equivalente Vs,30 di propagazione delle onde di taglio (definita successivamente) entro i primi 30 m di profondità. Per le fondazioni superficiali, tale profondità è riferita al piano di imposta delle stesse, mentre per le fondazioni su pali è riferita alla testa dei pali. Nel caso di opere di sostegno di terreni naturali, la profondità è riferita alla testa dell’opera. Per muri di sostegno di terrapieni, la profondità è riferita al piano di imposta della fondazione.
La misura diretta della velocità di propagazione delle onde di taglio è fortemente raccomandata. Nei casi in cui tale determinazione non sia disponibile, la classificazione può essere effettuata in base ai valori del numero equivalente di colpi della prova penetrometrica dinamica (Standard Penetration Test) NSPT,30 (definito successivamente) nei terreni prevalentemente a grana grossa e della resistenza non drenata equivalente cu,30 (definita successivamente) nei terreni prevalentemente a grana fina. Per queste cinque categorie di sottosuolo, le azioni sismiche sono definite al § 3.2.3 delle presenti norme.
Per sottosuoli appartenenti alle ulteriori categorie S1 ed S2 di seguito indicate (Tab. 3.2.III), è necessario predisporre specifiche analisi per la definizione delle azioni sismiche, particolarmente nei casi in cui la presenza di terreni suscettibili di liquefazione e/o di argille d’elevata sensitività possa comportare fenomeni di collasso del terreno.

Nel caso di sottosuoli costituiti da stratificazioni di terreni a grana grossa e a grana fina, distribuite con spessori confrontabili nei primi 30 m di profondità, ricadenti nelle categorie da A ad E, quando non si disponga di misure dirette della velocità delle onde di taglio si può procedere come segue:
– determinare NSPT,30 limitatamente agli strati di terreno a grana grossa compresi entro i primi 30 m di profondità;
– determinare cu,30 limitatamente agli strati di terreno a grana fina compresi entro i primi 30 m di profondità;
– individuare le categorie corrispondenti singolarmente ai parametri NSPT,30 e cu,30;
– riferire il sottosuolo alla categoria peggiore tra quelle individuate al punto precedente.

Ai fini della definizione dell’azione sismica di progetto, l’effetto della risposta sismica locale si valuta mediante specifiche analisi, da eseguire con le modalità indicate nel § 7.11.3. In alternativa, qualora le condizioni stratigrafiche e le proprietà dei terreni siano chiaramente riconducibili alle categorie definite nella Tab. 3.2.II, si può fare riferimento a un approccio semplificato che si basa sulla classificazione del sottosuolo in funzione dei valori della velocità di propagazione delle onde di taglio, Vs. I valori dei parametri meccanici necessari per le analisi di risposta sismica locale o delle velocità Vs per l’approccio semplificato costituiscono parte integrante della caratterizzazione geotecnica dei terreni compresi nel volume significativo, di cui al § 6.2.2.
I valori di Vs sono ottenuti mediante specifiche prove ovvero, con giustificata motivazione e limitatamente all’approccio semplificato, sono valutati tramite relazioni empiriche di comprovata affidabilità con i risultati di altre prove in sito, quali ad esempio le prove penetrometriche dinamiche per i terreni a grana grossa e le prove penetrometriche statiche.
La classificazione del sottosuolo si effettua in base alle condizioni stratigrafiche ed ai valori della velocità equivalente di propagazione delle onde di taglio, VS,eq (in m/s), definita dall’espressione:

Per le fondazioni superficiali, la profondità del substrato è riferita al piano di imposta delle stesse, mentre per le fondazioni su pali è riferita alla testa dei pali. Nel caso di opere di sostegno di terreni naturali, la profondità è riferita alla testa dell’opera. Per muri di sostegno di terrapieni, la profondità è riferita al piano di imposta della fondazione.
Per depositi con profondità H del substrato superiore a 30 m, la velocità equivalente delle onde di taglio VS,eq è definita dal parametro VS,30, ottenuto ponendo H=30 m nella precedente espressione e considerando le proprietà degli strati di terreno fino a tale profondità. Le categorie di sottosuolo che permettono l’utilizzo dell’approccio semplificato sono definite in Tab. 3.2.II.
Per queste cinque categorie di sottosuolo, le azioni sismiche sono definibili come descritto al § 3.2.3 delle presenti norme. Per qualsiasi condizione di sottosuolo non classificabile nelle categorie precedenti, è necessario predisporre specifiche analisi di risposta locale per la definizione delle azioni sismiche.


cap. 3.2.3.1 – modificato il riferimento per l’impiego di spettri verticali
[…] Salvo quanto specificato nel § 7.11 per le opere e i sistemi geotecnici la componente verticale verrà considerata ove espressamente specificato (v. Cap. 7) e purché il sito nel quale la costruzione sorge non sia in Zone 3 e 4.[…] Salvo quanto specificato nel § 7.11 per le opere e i sistemi geotecnici, la componente verticale verrà considerata ove espressamente specificato (Capitolo 7) e purché il sito nel quale sorge la costruzione sia caratterizzato da un’accelerazione al suolo, così come definita nel seguente §3.2.3.2, pari ad ag ? 0,15g.

cap. 3.2.3.4/3.2.3.5 – modificate le specifiche degli stati limite per l’azione sismica in particolare per SLD
3.2.3.4 Spettri di progetto per gli stati limite di esercizio
Per gli stati limite di esercizio lo spettro di progetto Sd(T) da utilizzare, sia per le componenti orizzontali che per la componente verticale, è lo spettro elastico corrispondente, riferito alla probabilità di superamento nel periodo di riferimento PVR considerata (v. §§ 2.4 e 3.2.1).

3.2.3.5 Spettri di progetto per gli stati limite ultimi
Qualora le verifiche agli stati limite ultimi non vengano effettuate tramite l’uso di opportuni accelerogrammi ed analisi dinamiche al passo, ai fini del progetto o della verifica delle strutture le capacità dissipative delle strutture possono essere messe in conto attraverso una riduzione delle forze elastiche, che tiene conto in modo semplificato della capacità dissipativa anelastica della struttura, della sua sovraresistenza, dell’incremento del suo periodo proprio a seguito delle plasticizzazioni. In tal caso, lo spettro di progetto Sd(T) da utilizzare, sia per le componenti orizzontali, sia per la componente verticale, è lo spettro elastico corrispondente riferito alla probabilità di superamento nel periodo di riferimento PVR considerata (v. §§ 2.4 e 3.2.1), con le ordinate ridotte sostituendo nelle formule 3.2.4 ? con 1/q, dove q è il fattore di struttura definito nel capitolo 7. Si assumerà comunque Sd(T)³ 0,2ag.

3.2.3.4 Spettri di risposta di progetto per lo stato limite di operatività (SLO)
Per lo stato limite di operatività lo spettro di risposta di progetto Sd(T) da utilizzare, sia per le componenti orizzontali che per la componente verticale, è lo spettro di risposta elastico corrispondente, riferito alla probabilità di superamento nel periodo di riferimento PVR considerata (v. §§ 2.4 e 3.2.1).

3.2.3.5 Spettri di risposta di progetto per gli stati limite di danno (SLD), di salvaguardia della vita (SLV) e di Prevenzione del collasso (SLC)
Qualora le verifiche agli stati limite di danno, di salvaguardia della vita e di prevenzione al collasso  non vengano effettuate tramite l’uso di opportune storie temporali del moto del terreno ed analisi non lineari dinamiche al passo, ai fini del progetto o della verifica delle costruzioni le capacità dissipative delle strutture possono essere considerate attraverso una riduzione delle forze elastiche, che tenga conto in modo semplificato della capacità dissipativa anelastica della struttura, della sua sovraresistenza, dell’incremento del suo periodo proprio di vibrazione a seguito delle plasticizzazioni. In tal caso, lo spettro di risposta di progetto Sd(T) da utilizzare, sia per le componenti orizzontali, sia per la componente verticale, è lo spettro di risposta elastico corrispondente riferito alla probabilità di superamento nel periodo di riferimento PVR considerata (v. §§ 2.4 e 3.2.1). Per valutare la domanda verrà utilizzato tale spettro, nel caso di analisi non lineare statica ponendo ? = 1, nel caso di analisi lineare, statica o dinamica con le ordinate ridotte sostituendo nelle formule [3.2.2] (per le componenti orizzontali) e nelle formule [3.2.8] (per le componenti verticali) ? con 1/q, dove q è il fattore di comportamento definito nel Capitolo 7 (Tabella 7.3.I). Si assumerà comunque Sd(T) ? 0,2ag.


cap. 3.2.3.6 – modificato il riferimento all’uso degli accelerogrammi
3.2.3.6 Impiego di accelerogrammi
Sostituito nel testo ‘accelerogrammi’
3.2.3.6 Impiego di storie temporali del moto del terreno
Testo di sostituzione ‘storie temporali del moto del terreno’

cap. 3.3 – modificata la valutazione dell’azione del vento, riferimento all’EC1 parte 1-4
3.3.2 Velocità di riferimento
[…] In mancanza di specifiche ed adeguate indagini statistiche vb è data dall’espressione:

[…] Classi di rugosità del terreno

3.3.1. Velocità base di riferimento
[…] In mancanza di specifiche ed adeguate indagini statistiche, vb è data dall’espressione:

La velocità di riferimento vr è il valore medio su 10 minuti, a 10 m di altezza dal suolo su un terreno pianeggiante e omogeneo di categoria di esposizione II (vedi Tab. 3.3.II), riferito al periodo di ritorno di progetto TR. Tale velocità è definita dalla relazione:

dove TR è il periodo di ritorno espresso in anni.

Ove non specificato diversamente, si assumerà TR = 50 anni, cui corrisponde cr = 1. Per un’opera di nuova realizzazione in fase di costruzione o per le fasi transitorie relative ad interventi sulle costruzioni esistenti, il periodo di ritorno dell’azione potrà essere ridotto come di seguito specificato:
? per fasi di costruzione o fasi transitorie con durata prevista in sede di progetto non superiore a tre mesi, si assumerà TR > 5 anni;
? per fasi di costruzione o fasi transitorie con durata prevista in sede di progetto compresa fra tre mesi ed un anno, si assumerà TR > 10 anni;

[…] Classi di rugosità del terreno

3.3.10. Avvertenze progettuali
Le azioni del vento sui ponti lunghi, sugli edifici alti e più in generale sulle costruzioni di grandi dimensioni o di forma non simmetrica, possono dare luogo a forze trasversali alla direzione del vento e a momenti torcenti di notevoli intensità. Tali azioni possono essere ulteriormente amplificate dalla risposta dinamica della struttura. Agli ultimi piani degli edifici alti, le azioni del vento possono causare oscillazioni (soprattutto accelerazioni di piano) le cui conseguenze variano, nei riguardi degli occupanti, dalla non percezione sino al fastidio e, in alcuni casi, all’intollerabilità fisiologica. Per strutture o elementi strutturali snelli di forma cilindrica, quali ciminiere, torri di telecomunicazioni o singoli elementi di carpenteria si deve tenere conto degli effetti dinamici indotti al distacco alternato dei vortici dal corpo investito dal vento. Tali effetti possono essere particolarmente severi quando la frequenza di distacco dei vortici uguaglia una frequenza propria della struttura, dando luogo a un fenomeno di risonanza. In questa situazione le vibrazioni sono tanto maggiori quanto più la struttura è leggera e poco smorzata. L’occorrenza di fenomeni di risonanza in corrispondenza di velocità del vento relativamente piccole e quindi frequenti richiede particolari attenzioni nei riguardi della fatica. Per strutture particolarmente deformabili, leggere e poco smorzate, l’interazione del vento con la struttura può dare luogo ad azioni aeroelastiche, i cui effetti modificano le frequenze proprie e/o lo smorzamento della struttura sino a causare fenomeni di instabilità, fra i quali il galoppo, la divergenza torsionale ed il flutter. Il galoppo è tipico di cavi ghiacciati o percorsi da rivoli d’acqua, di elementi di carpenteria e più in generale di elementi strutturali di forma non circolare. La divergenza torsionale è tipica in generale di lastre molto sottili. Il flutter è tipico di ponti sospesi o strallati o di profili alari. Per strutture o elementi strutturali ravvicinati e di analoga forma, ad esempio edifici alti, serbatoi, torri di refrigerazione, ponti, ciminiere, cavi, elementi di carpenteria e tubi, possono manifestarsi fenomeni di interferenza tali da modificare gli effetti che il vento causerebbe se agisse sulle stesse strutture o elementi strutturali isolati. Tali effetti possono incrementare le azioni statiche, dinamiche e aeroelastiche del vento in modo estremamente severo. In tutti i casi sopra citati si raccomanda di fare ricorso a dati suffragati da opportuna documentazione, o ricavati per mezzo di metodi analitici, numerici e/o sperimentali adeguatamente comprovati.


cap. 3.4 – aggiornata la valutazione dell’azione della neve, riferimento all’EC1 parte 1-3
3.4.2 Valore caratteristico del carico neve al suolo
[…]
Zona I – Alpina
Aosta, Belluno, Bergamo, Biella, Bolzano, Brescia, Como, Cuneo, Lecco, Pordenone, Sondrio, Torino, Trento, Udine, Verbania, Vercelli, Vicenza:
Zona I – Mediterranea
Alessandria, Ancona, Asti, Bologna, Cremona, Forlì-Cesena, Lodi, Milano, Modena, Novara, Parma, Pavia, Pesaro e Urbino, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini, Treviso, Varese
Zona II
Arezzo, Ascoli Piceno, Bari, Campobasso, Chieti, Ferrara, Firenze, Foggia, Genova, Gorizia, Imperia, Isernia, La Spezia, Lucca, Macerata, Mantova, Massa Carrara, Padova, Perugia, Pescara, Pistoia, Prato, Rovigo, Savona, Teramo, Trieste, Venezia, Verona
Zona III
Agrigento, Avellino, Benevento, Brindisi, Cagliari, Caltanissetta, Carbonia-Iglesias, Caserta, Catania, Catanzaro, Cosenza, Crotone, Enna, Frosinone, Grosseto, L’Aquila, Latina, Lecce, Livorno, Matera, Medio Campidano, Messina, Napoli, Nuoro, Ogliastra, Olbia Tempio, Oristano, Palermo, Pisa, Potenza, Ragusa, Reggio Calabria, Rieti, Roma, Salerno, Sassari, Siena, Siracusa, Taranto, Terni, Trapani, Vibo Valentia, Viterbo
3.4.2 Valore di riferimento del carico della neve al suolo
[…]
Zona I ? Alpina
Aosta, Belluno, Bergamo, Biella, Bolzano, Brescia, Como, Cuneo, Lecco, Pordenone, Sondrio, Torino, Trento, Udine, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Vicenza:
Zona I ? Mediterranea
Alessandria, Ancona, Asti, Bologna, Cremona, Forlì-Cesena, Lodi, Milano, Modena, Monza Brianza, Novara, Parma, Pavia, Pesaro e Urbino, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini, Treviso, Varese:
Zona II
Arezzo, Ascoli Piceno, Avellino, Bari, Barletta-Andria-Trani, Benevento, Campobasso, Chieti, Fermo, Ferrara, Firenze, Foggia, Frosinone, Genova, Gorizia, Imperia, Isernia, L’Aquila, La Spezia, Lucca, Macerata, Mantova, Massa Carrara, Padova, Perugia, Pescara, Pistoia, Prato, Rieti, Rovigo, Savona, Teramo, Trieste, Venezia, Verona:
Zona III
Agrigento, Brindisi, Cagliari, Caltanissetta, Carbonia-Iglesias, Caserta, Catania, Catanzaro, Cosenza, Crotone, Enna, Grosseto, Latina, Lecce, Livorno, Matera, Medio Campidano, Messina, Napoli, Nuoro, Ogliastra, Olbia-Tempio, Oristano, Palermo, Pisa, Potenza, Ragusa, Reggio Calabria, Roma, Salerno, Sassari, Siena, Siracusa, Taranto, Terni, Trapani, Vibo Valentia, Viterbo:[…] Per un’opera di nuova realizzazione in fase di costruzione o per le fasi transitorie relative ad interventi sulle costruzioni esistenti, il periodo di ritorno dell’azione può essere ridotto come di seguito specificato:
? per fasi di costruzione o fasi transitorie con durata prevista in sede di progetto non superiore a tre mesi, si assumerà TR >5 anni;
? per fasi di costruzione o fasi transitorie con durata prevista in sede di progetto compresa fra tre mesi d un anno, si assumerà TR >10 anni.

cap. 3.5 – modificata la valutazione dell’azione della temperatura, riferimento all’EC1 parte 1-5
3.5.2 Temperatura dell’aria esterna
In mancanza di dati specifici relativi al sito in esame, possono assumersi i valori:
Tmax = 45 °C; Tmin = -15 °C.
3.5.2 Temperatura dell’aria esterna
[…] Per un’opera di nuova realizzazione in fase di costruzione o per le fasi transitorie relative ad interventi sulle costruzioni esistenti, il periodo di ritorno dell’azione può essere ridotto come di seguito specificato:
? per fasi di costruzione o fasi transitorie con durata prevista in sede di progetto non superiore a tre mesi, si assumerà TR > 5 anni;
? per fasi di costruzione o fasi transitorie con durata prevista in sede di progetto compresa fra tre mesi d un anno, si assumerà TR >10 anni.
In mancanza di adeguate indagini statistiche basate su dati specifici relativi al sito in esame, Tmax o Tmin dovranno essere calcolati in base alle espressioni riportate nel seguito, per le varie zone indicate nella Fig. 3.5.1. Tale zonazione non tiene conto di aspetti specifici e locali che, se necessario, dovranno essere definiti singolarmente.


cap. 3.6.1 – migliori specifiche per la valutazione dell’azione eccezionale ‘Incendio’
La resistenza al fuoco è la capacità di una costruzione, di una parte di essa o di un elemento costruttivo di mantenere, per un tempo prefissato, la capacità portante, l’isolamento termico e la tenuta alle fiamme, ai fumi e ai gas caldi della combustione nonché tutte le altre prestazioni se richieste.
Per compartimento antincendio si intende una parte della costruzione delimitata da elementi costruttivi resistenti al fuoco.
Per carico d’incendio specifico si intende il potenziale termico netto che può essere prodotto nel corso della combustione completa di tutti i materiali combustibili contenuti in un compartimento, riferito all’unità di superficie.
La capacità di compartimentazione in caso di incendio è l’attitudine di un elemento costruttivo a conservare, sotto l’azione del fuoco, oltre alla propria stabilità, un sufficiente isolamento termico ed una sufficiente tenuta ai fumi ed ai gas caldi della combustione, nonché tutte le altre prestazioni se richieste.
La capacità portante in caso di incendio è l’attitudine di una struttura, di una parte della struttura o di un elemento strutturale a conservare una sufficiente resistenza meccanica sotto l’azione del fuoco con riferimento alle altre azioni agenti.
La resistenza al fuoco riguarda la capacità portante in caso di incendio per una struttura, per una parte della struttura o per un elemento strutturale nonché la capacità di compartimentazione rispetto all’incendio per gli elementi di separazione sia strutturali, come muri e solai, sia non strutturali, come porte e tramezzi.
Per compartimento antincendio si intende una parte della costruzione delimitata da elementi costruttivi idonei a garantire, sotto l’azione del fuoco e per un dato intervallo di tempo, la capacità di compartimentazione.
Per carico di incendio si intende il potenziale termico netto della totalità dei materiali combustibili contenuti in uno spazio, corretto in base ai parametri indicativi della partecipazione alla combustione dei singoli materiali.
Per carico d’incendio specifico si intende il carico di incendio riferito all’unità di superficie lorda.
Per carico di incendio specifico di progetto si intende il carico di incendio specifico corretto in base ai parametri indicatori del rischio di incendio del compartimento e dei fattori relativi alle misure di protezione presenti.

cap. 3.6.3.5 – modificate le specifiche per la valutazione dell’azione eccezionale ‘Urti di imbarcazioni e aeromobili’
3.6.3.5 Urti di imbarcazioni
[…]
3.6.3.6 Urti di elicotteri
[…]
3.6.3.5 Urti di imbarcazioni ed aeromobili
Le azioni derivanti da urti di imbarcazioni ed aeromobili vanno valutate sulla base delle indicazioni riportate in documenti di comprovata validità, di cui al Cap. 12.
cap. 4 – Costruzioni civili e industriali
cap. 4.1 – Costruzioni di calcestruzzo

cap. 4.1.1.1 – migliorate le specifiche per l’analisi lineare, ridistribuzione dei momenti e limite x/d
[…] Per le sole verifiche agli stati limite ultimi, i risultati dell’analisi elastica possono essere modificati con una ridistribuzione dei momenti, nel rispetto dell’equilibrio e delle capacità di rotazione plastica delle sezioni dove si localizza la ridistribuzione. In particolare la ridistribuzione non è ammessa per i pilastri e per i nodi dei telai, è consentita per le travi continue e le solette, a condizione che le sollecitazioni di flessione siano prevalenti ed i rapporti tra le luci di campate contigue siano compresi nell’intervallo 0,5-2,0.[…] Per le sole verifiche agli stati limite ultimi, i risultati dell’analisi elastica possono essere modificati con una ridistribuzione dei momenti, nel rispetto dell’equilibrio e delle capacità di rotazione plastica delle sezioni dove si localizza la ridistribuzione. In particolare la ridistribuzione non è ammessa per i pilastri e per i nodi dei telai, è consentita per le travi continue, le travi di telai in cui possono essere trascurati gli effetti del secondo ordine e le solette, a condizione che le sollecitazioni di flessione siano prevalenti ed i rapporti tra le luci di campate contigue siano compresi nell’intervallo 0,5 ? 2,0.
[…] Per le travi continue, le travi di telai in cui possono essere trascurati gli effetti del secondo ordine e le solette, il rapporto x/d nelle sezioni critiche non deve comunque superare il valore 0,45 per fck ? 50 MPa e 0,35 per fck > 50 MPa.

cap. 4.1.2.1.1.4 – modificata la valutazione della tensione di aderenza acciaio/calcestruzzo, come in EC2
[…]
fbk = 2,25 ? fctk
in cui
? = 1,0 per barre di diametro f £ 32 mm
? = (132 – ?)/100 per barre di diametro superiore.
Nel caso di armature molto addensate o ancoraggi in zona di calcestruzzo teso, la resistenza di aderenza va ridotta dividendola almeno per 1,5.
[…]
fbk = 2,25 ?1 ?2 fctk
in cui
?1 = 1,0 in condizioni di buona aderenza;
?1 = 0,7 in condizioni di non buona aderenza, quali nei casi di armature molto addensate, ancoraggi in zona tesa, ancoraggi in zone superiori di getto, in elementi strutturali realizzati con casseforme scorrevoli, a meno che non si adottino idonei provvedimenti;
?2 = 1,0 per barre di diametro ? ? 32 mm
?2 = (132 – ?)/100 per barre di diametro superiore
La lunghezza di ancoraggio di progetto e la lunghezza di sovrapposizione sono influenzate dalla forma delle barre, dal copriferro, dall’effetto di confinamento dell’armatura trasversale, dalla presenza di barre trasversali saldate, dalla pressione trasversale lungo la lunghezza di ancoraggio e dalla percentuale di armatura sovrapposta rispetto all’armatura totale. Per le regole di dettaglio da adottare si potrà fare utile riferimento alla sezione 8 di UNI EN 1992-1-1:2005.

cap. 4.1.2.1.2.1 – introdotte le specifiche di valutazione di progetto per il calcestruzzo confinato
 […] Per il diagramma tensione-deformazione del calcestruzzo confinato è possibile adottare opportuni modelli rappresentativi del reale comportamento del materiale in stato triassiale. Questi modelli possono essere adottati nel calcolo sia della resistenza ultima sia della duttilità delle sezioni e devono essere applicati alle sole zone confinate della sezione. Il confinamento del calcestruzzo è normalmente generato da staffe chiuse e legature interne, che possono raggiungere la tensione di snervamento a causa della dilatazione laterale del calcestruzzo stesso a cui tendono ad opporsi. Il confinamento consente al calcestruzzo di raggiungere tensioni e deformazioni più elevate di quelle proprie del calcestruzzo non confinato. Le altre caratteristiche meccaniche si possono considerare inalterate. In assenza di più precise determinazioni basate su modelli analitici di comprovata validità, è possibile utilizzare la relazione tensione-deformazione rappresentata in Fig. 4.1.2 (dove le deformazioni di compressione sono assunte positive), in cui la resistenza caratteristica e le deformazioni del calcestruzzo confinato sono valutate secondo le relazioni seguenti:

La pressione efficace di confinamento ?2 può essere determinata attraverso la relazione seguente:
?2 = ? ?l     [4.1.12.a]
dove ? è un coefficiente di efficienza (< 1), definito come rapporto fra il volume Vc,eff di calcestruzzo efficacemente confinato ed il volume Vc dell’elemento di calcestruzzo, depurato da quello delle armature longitudinali (generalmente trascurabile) e ?l è la pressione di confinamento esercitata dalle armature trasversali.
La pressione laterale può essere valutata, per ogni direzione principale della sezione, direttamente da considerazioni di equilibrio sul nucleo confinato, in corrispondenza della tensione di snervamento dell’armatura trasversale, come di seguito indicato.
a) Per sezioni rettangolari
Per le due direzioni principali della sezione x e y valgono, rispettivamente, le relazioni:

dove Ast,x e Ast,y sono il quantitativo totale (aree delle sezioni) di armatura trasversale in direzione parallela, rispettivamente, alle direzioni principali x e y, bx e by sono le dimensioni del nucleo confinato nelle direzioni corrispondenti (con riferimento alla linea media delle staffe), s è il passo delle staffe, fyk,st è la tensione caratteristica dell’acciaio delle staffe.
La pressione laterale equivalente ?l può essere determinata attraverso la relazione:

dove: Ast è l’area della sezione della staffa, D0 è il diametro del nucleo confinato (con riferimento alla linea media delle staffe).
Il coefficiente di efficienza ? può essere valutato come prodotto di un termine relativo alla disposizione delle armature trasversali nel piano della sezione e di un termine relativo al passo delle staffe, attraverso la relazione:
? = ?n ?s     [4.1.12.e]
con:
a) per sezioni rettangolari

dove: n è il numero totale di barre longitudinali contenute lateralmente da staffe o legature, bi è la distanza tra barre consecutive contenute.

b) per sezioni circolari

dove: ? = 2 per staffe circolari singole, ? = 1 per staffa a spirale.
Nella valutazione della capacità della sezione il contributo del copriferro non deve essere considerato nelle zone esterne al nucleo confinato in cui la deformazione massima supera la deformazione ultima del calcestruzzo non confinato.
Nel caso di utilizzo di rinforzi appositamente progettati per il confinamento degli elementi è possibile considerare i modelli di comportamento riportati in riferimenti tecnici di comprovata validità.


cap. 4.1.2.2.4.5 – modificata la definizione dello stato limite di fessurazione, come in EC2
Stato limite di apertura delle fessure
Il valore di calcolo di apertura delle fessure (wd) non deve superare i valori nominali w1, w2, w3 secondo quanto riportato nella Tab. 4.1.IV.
Il valore di calcolo è dato da:
wd = 1,7 wm
L’ampiezza media delle fessure wm è calcolata come prodotto della deformazione media delle barre d’armatura ?sm per la distanza media tra le fessure ?sm:
wm = ?sm ?sm.
Stato limite di apertura delle fessure
Il valore caratteristico di apertura delle fessure (wk) non deve superare i valori nominali w1, w2, w3 secondo quanto riportato nella Tab. 4.1.IV.
L’ampiezza caratteristica delle fessure wk è calcolata come 1,7 volte il prodotto della deformazione media delle barre d’armatura
?sm per la distanza media tra le fessure ?sm:
wk = 1,7 ?sm ?sm.

cap. 4.1.2.2.4.5 – corretti i limiti di tensione nella valutazione degli stati limite di limitazione delle tensioni
4.1.2.2.5.1 Tensione massima di compressione del calcestruzzo nelle condizioni di esercizio
La massima tensione di compressione del calcestruzzo ?c,max deve rispettare la limitazione seguente:
?c,max < 0,60 fck per combinazione caratteristica (rara)
?c,max < 0,45 fck per combinazione quasi permanente.
Nel caso di elementi piani (solette, pareti, …) gettati in opera con calcestruzzi ordinari e con spessori di calcestruzzo minori di 50 mm i valori limite sopra scritti vanno ridotti del 20%.

4.1.2.2.5.2 Tensione massima dell’acciaio in condizioni di esercizio
Per l’acciaio avente caratteristiche corrispondenti a quanto indicato al Cap. 11, la tensione massima,
?s,max per effetto delle azioni dovute alla combinazione caratteristica deve rispettare la limitazione seguente:
ss < 0,8 fyk.

4.1.2.2.5.1 Tensione massima di compressione del calcestruzzo nelle condizioni di esercizio
La massima tensione di compressione del calcestruzzo ?c,max, deve rispettare la limitazione seguente:
?c,max ? 0,60 fck per combinazione caratteristica
?c,max ? 0,45 fck per combinazione quasi permanente.
Nel caso di elementi piani (solette, pareti, …) gettati in opera con calcestruzzi ordinari e con spessori di calcestruzzo minori di 50 mm i valori limite sopra prescritti vanno ridotti del 20%.

4.1.2.2.5.2 Tensione massima dell’acciaio in condizioni di esercizio
La tensione massima, ?s,max, per effetto delle azioni dovute alla combinazione caratteristica deve rispettare la limitazione seguente:
?s,max ? 0,8 fyk


cap. 4.1.2.3.4 – modificata la valutazione della resistenza delle sezioni a flessione con o senza sforzo assiale, esplicitata la verifica in duttilità
4.1.2.1.2 Resistenza a sforzo normale e flessione (elementi monodimensionali)

4.1.2.1.2.1 Ipotesi di base
Senza escludere specifici approfondimenti, necessari in particolare nel caso di elementi costituiti da calcestruzzo di classe di resistenza superiore a C45/55, per la valutazione della resistenza ultima delle sezioni di elementi monodimensionali nei confronti di sforzo normale e flessione, si adotteranno le seguenti ipotesi:
– conservazione delle sezioni piane;
– perfetta aderenza tra acciaio e calcestruzzo;
– resistenza a trazione del calcestruzzo nulla;
– rottura del calcestruzzo determinata dal raggiungimento della sua capacità deformativa ultima a compressione;
– rottura dell’armatura tesa determinata dal raggiungimento della sua capacità deformativa ultima;
– deformazione iniziale dell’armatura di precompressione considerata nelle relazioni di congruenza della sezione.

[…] Con riferimento alla sezione pressoinflessa, rappresentata in Fig. 4.1.3 assieme ai diagrammi di deformazione e di sforzo così come dedotti dalle ipotesi e dai modelli s – e di cui nei punti precedenti, la verifica di resistenza (SLU) si esegue controllando che:
MRd = MRd (NEd) ? MEd     (4.1.9)
dove
MRd è il valore di calcolo del momento resistente corrispondente a NEd;
NEd è il valore di calcolo della componente assiale (sforzo normale) dell’azione;
MEd è il valore di calcolo della componente flettente dell’azione.Nel caso di pilastri soggetti a compressione assiale, si deve comunque assumere una componente flettente dello sforzo MEd = e ×NEd con eccentricità e pari almeno a 0,05h ? 20mm (con h altezza della sezione).
Nel caso di pressoflessione deviata la verifica della sezione può essere posta nella forma
(MEyd / MRyd)? + (MEzd / MRzd)? < 1
[…]
In mancanza di una specifica valutazione, può porsi cautelativamente ?=1

4.1.2.3.4 Resistenza flessionale e duttilità massima in presenza e in assenza di sforzo assiale

4.1.2.3.4.1 Ipotesi di base
Per la valutazione della resistenza flessionale in presenza e in assenza di sforzo assiale delle sezioni di elementi monodimensionali, si adottano le seguenti ipotesi:
– conservazione delle sezioni piane;
– perfetta aderenza tra acciaio e calcestruzzo;
– deformazione iniziale dell’armatura di precompressione considerata nelle relazioni di congruenza della sezione.
– resistenza a trazione del calcestruzzo nulla.

4.1.2.3.4.2 Verifiche di resistenza e duttilità
Con riferimento alla sezione pressoinflessa, rappresentata in Fig. 4.1.4, la capacità, in termini di resistenza e duttilità, si determina in base alle ipotesi di calcolo e ai modelli ??? di cui al § 4.1.2.1.2.

Le verifiche si eseguono confrontando la capacità, espressa in termini di resistenza e, quando richiesto al § 7.4 delle presenti norme,
di duttilità, con la corrispondente domanda, secondo le relazioni:
MRd = MRd (NEd) ? MEd     [4.1.18a]
??= ??(NEd) ? ?Ed     [4.1.18b]
dove
MRd è il valore di progetto del momento resistente corrispondente a NEd;
NEd è il valore di progetto dello sforzo normale sollecitante;
MEd è il valore di progetto del momento di domanda;
??è il valore di progetto della duttilità di curvatura corrispondente a NEd;
?Ed è la domanda in termini di duttilità di curvatura.
Nel caso di pilastri soggetti a compressione assiale, si deve comunque assumere una componente flettente MEd = eNE?con eccentricità
e pari almeno ad 1/200 dell’altezza libera di inflessione del pilastro, e comunque non minore di 20 mm
Nel caso di pressoflessione deviata la verifica della sezione può essere posta nella forma
(MEyd / MRyd)? + (MEzd / MRzd)? < 1
[…]
In mancanza di una specifica valutazione, può assumersi:
– per sezioni rettangolari:

con interpolazione lineare per valori diversi di NEd/NRcd;
– per sezioni circolari ed ellittiche: ? = 2.

La capacità in termini di fattore di duttilità in curvatura ??può essere calcolata, separatamente per le due direzioni principali di verifica, come rapporto tra la curvatura cui corrisponde una riduzione del 15% della massima resistenza a flessione – oppure il raggiungimento della deformazione ultima del calcestruzzo e/o dell’acciaio – e la curvatura convenzionale di prima plasticizzazione
?yd espressa dalla relazione seguente:
?yd= MRd / M’yd  ?’yd
dove:
?’yd è la minore tra la curvatura calcolata in corrispondenza dello snervamento dell’armatura tesa e la curvatura calcolata in corrispondenza della deformazione di picco (?c2 se si usa il modello parabola-rettangolo oppure ?c3 se si usa il modello triangolorettangolo) del calcestruzzo compresso;
MRd è il momento resistente della sezione allo SLU;
M’yd è il momento corrispondente a ?’yd e può essere assunto come momento resistente massimo della sezione in campo sostanzialmente elastico.


cap. 4.1.2.3.5.1 – migliorata la definizione per la valutazione della resistenza a taglio senza armatura
4.1.2.1.3.1 Elementi senza armature trasversali resistenti a taglio
È consentito l’impiego di solai, piastre e membrature a comportamento analogo, sprovviste di armature trasversali resistenti a taglio. La resistenza a taglio VRd di tali elementi deve essere valutata, utilizzando formule di comprovata affidabilità, sulla base della resistenza a trazione del calcestruzzo.
4.1.2.3.5.1 Elementi senza armature trasversali resistenti a taglio
Se, sulla base del calcolo, non è richiesta armatura al taglio, è comunque necessario disporre un’armatura minima secondo quanto previsto al punto 4.1.6.1.1. E’ consentito omettere tale armatura minima in elementi quali solai, piastre e membrature a comportamento analogo, purché sia garantita una ripartizione trasversale dei carichi.

cap. 4.1.2.3.5.2 – migliorata la formula per la valutazione della resistenza a taglio con armatura
[…] Con riferimento al calcestruzzo d’anima, la resistenza di calcolo a “taglio compressione” si calcola con
VRcd = 0,9 d  bw  ?c  f’cd (ctg? + ctg?)/(1 + ctg2?)
dove
f’cd resistenza di progetto a compressione ridotta del calcestruzzo d’anima (f’cd= 0,5 fcd)[…] Le armature longitudinali, dimensionate in base alle sollecitazioni flessionali, dovranno essere prolungate di una misura pari a
al= 0,9 d (ctg ? – ctg ?) / 2 > 0
[…] Con riferimento al calcestruzzo d’anima, la resistenza di calcolo a “taglio compressione” si calcola con
VRcd = 0,9 d  bw  ?c  ? fcd (ctg? + ctg?)/(1 + ctg2?)
dove
? fcd resistenza di progetto a compressione ridotta del calcestruzzo d’anima (? fcd = 0,5)

[…] Le armature longitudinali devono essere dimensionate in base alle sollecitazioni flessionali ottenute traslando il diagramma dei momenti flettenti dia
al=(0,9 d ctg ?) / 2
lungo l’asse della trave, nel verso meno favorevole.


cap. 4.1.2.3.5.4 – migliorata la definizione per la valutazione della resistenza a punzonamento, come EC2
Le lastre devono essere verificate nei riguardi del punzonamento allo stato limite ultimo, in corrispondenza dei pilastri e di carichi concentrati.
In mancanza di un’armatura trasversale appositamente dimensionata, la resistenza al punzonamento deve essere valutata, utilizzando formule di comprovata affidabilità, sulla base della resistenza a trazione del calcestruzzo, intendendo la sollecitazione distribuita su di un perimetro efficace di piastra distante 2d dall’impronta caricata, con d altezza utile (media) della piastra stessa.
Nel caso in cui si disponga una apposita armatura, l’intero sforzo allo stato limite ultimo dovrà essere affidato all’armatura.
Nel caso di piastre di fondazione si adotteranno opportuni adattamenti del modello sopra citato.
Solette piene, solette nervate a sezione piena sopra le colonne, e fondazioni devono essere verificate nei riguardi del punzonamento allo stato limite ultimo, in corrispondenza dei pilastri e di carichi concentrati
In mancanza di un’armatura trasversale appositamente dimensionata, la resistenza al punzonamento deve essere valutata, utilizzando formule di comprovata affidabilità, sulla base della resistenza a trazione del calcestruzzo, intendendo la sollecitazione distribuita su di un perimetro efficace distante 2d dall’impronta caricata, con d altezza utile (media) della soletta.
Se, sulla base del calcolo, la resistenza a trazione del calcestruzzo sul perimetro efficace non è sufficiente per fornire la richiesta resistenza al punzonamento, vanno inserite apposite armature al taglio. Queste armature vanno estese fino al perimetro più esterno sul quale la resistenza a trazione del calcestruzzo risulta sufficiente. Per la valutazione della resistenza al punzonamento si può fare utile riferimento al § 6.4.4 della norma UNI EN1992-1-1 nel caso di assenza di armature al taglio, al § 6.4.5 della norma
UNI EN1992-1-1 nel caso di presenza di armature al taglio.
Nel caso di fondazioni si adotteranno opportuni adattamenti del modello sopra citato.

cap. 4.1.2.3.6 – modificata la valutazione della resistenza a torsione
[…] L’inclinazione ? delle bielle compresse di calcestruzzo rispetto all’asse della trave deve rispettare i limiti seguenti
0,4 ? ctg ? ? 2,5
[…] L’inclinazione ? delle bielle compresse di calcestruzzo rispetto all’asse della trave deve rispettare i limiti seguenti
1 ? ctg ? ? 2,5

cap. 4.1.2.3.9.2 – modificata la valutazione della snellezza limite per i pilastri singoli
In via approssimata gli effetti del secondo ordine in pilastri singoli possono essere trascurati se la snellezza ? non supera il valore limite
?lim = 15,4 C / v 1/2
dove
? = NEd / (Ac ? fcd) è l’azione assiale adimensionalizzata
C = 1,7 – rm dipende dalla distribuzione dei momenti flettenti del primo ordine (0,7?C?2,7);
rm = M01 / M02 è il rapporto fra i momenti flettenti del primo ordine alle due estremità del pilastro, positivo se i due momenti sono discordi sulla trave (con | M02 | ? | M01 |).
In via approssimata gli effetti del secondo ordine in pilastri singoli possono essere trascurati se la snellezza ? non supera il valore limite
?lim = 25 / v 1/2
dove
? = NEd / (Ac ? fcd) è l’azione assiale adimensionalizzata.

cap. 4.1.6.1.1 – modificate le specifiche dei dettagli costruttivi per le travi
[…] Negli appoggi di estremità all’intradosso deve essere disposta un’armatura efficacemente ancorata, calcolata per uno sforzo di trazione pari al taglio.[…] Negli appoggi di estremità, all’intradosso deve essere disposta un’armatura efficacemente ancorata, calcolata coerentemente con
il modello a traliccio adottato per il taglio e quindi applicando la regola della traslazione della risultante delle trazioni dovute al momento flettente, in funzione dell’angolo di inclinazione assunto per le bielle compresse di calcestruzzo.

[…] Eventuali armature longitudinali compresse di diametro ? prese in conto nei calcoli di resistenza devono essere trattenute da armature trasversali con spaziatura non maggiore di 15 ?.


cap. 4.1.8 – modificate le specifiche di progetto per gli elementi in calcestruzzo precompresso
4.1.8.1.1 Stati limite ultimi
Vale quanto stabilito al § 4.1.2.1.
In particolare, per le verifiche di resistenza locali agli ancoraggi delle armature di precompressione,
si assumerà un valore di calcolo della forza di precompressione con ?P = 1,2
[…]

4.1.8.1.4 Tensioni iniziali nel calcestruzzo
All’atto della precompressione le tensioni di compressione non debbono superare il valore:
?c < 0,70 f fckj
essendo fckj la resistenza caratteristica del calcestruzzo all’atto del tiro.
Nella zona di ancoraggio delle armature si possono tollerare compressioni locali sc prodotte dagli apparecchi di ancoraggio pari a:
?c < 0,90 fckj.
Qualora le aree di influenza di apparecchi vicini si sovrappongano, le azioni vanno sommate e riferite all’area complessiva.

4.1.8.1.1 Stati limite ultimi
Per la valutazione della resistenza degli elementi strutturali vale quanto stabilito al § 4.1.2.3, tenendo presente che per la verifica delle sezioni si assumerà il valore di progetto della forza di precompressione con il coefficiente parziale ?P = 1, secondo quanto previsto al punto § 2.6.1.
Per le verifiche di resistenza locale degli ancoraggi delle armature di precompressione, si assumerà, invece, un valore di progetto della forza di precompressione con ?P = 1,2.
[…]

4.1.8.1.4 Tensioni iniziali nel calcestruzzo
All’atto della precompressione le tensioni di compressione non debbono superare il valore:
?c < 0,60 fckj
essendo fckj la resistenza caratteristica del calcestruzzo all’atto del tiro.
Per elementi con armatura pre-tesa, la tensione del calcestruzzo al momento del trasferimento della pretensione può essere aumentata sino al valore 0,70 fckj
Nella zona di ancoraggio delle armature di precompressione si possono tollerare compressioni locali ?c prodotte dagli apparecchi di ancoraggio pari a:
?c < c fcd
dove
?c = ?P P / A0 è la pressione agente sull’impronta caricata di area A0;
P è la forza iniziale di tesatura nel cavo (?P =1,2);
fcd = fckj / ?c è la resistenza cilindrica del calcestruzzo all’atto della precompressione;
c ? 3 è un fattore di sovraresistenza che dipende da:
il rapporto A0/A1 tra l’area caricata e quella circostante interessata;
la posizione dell’impronta caricata rispetto ai bordi della sezione;
le eventuali interferenze con aree interessate vicine.
Per i valori di c si può far utile riferimento al §6.7 della norma UNI EN1992-1-1.
Si raccomanda di disporre idonee armature in grado di equilibrare le forze di trazione trasversali dovute all’effetto del carico.
Qualora le aree di influenza di apparecchi vicini si sovrappongano, le azioni vanno sommate e riferite all’area complessiva.


cap. 4.1.11 – modificate le specifiche di progetto per gli elementi in calcestruzzo a bassa percentuale di armatura o non armati
4.1.11.1 Valutazione della sicurezza – norme di calcolo
Nelle verifiche di resistenza delle sezioni sotto sforzi normali si deve trascurare la resistenza a trazione del calcestruzzo. La misura della sicurezza si ottiene controllando che, per ogni condizione di verifica, le tensioni di compressione che insorgono nel calcestruzzo per effetto delle azioni di calcolo sotto la combinazione rara risultino minori della seguente tensione:
?c = 0,30 fck per calcestruzzo debolmente armato
?c = 0,25 fck per calcestruzzo non armato
Le verifiche a taglio si intendono soddisfatte quando le tensioni tangenziali massime valutate per combinazione rara siano inferiori al valore limite di seguito riportato:
?c = 0,25 fctk per calcestruzzo debolmente armato
?c = 0,21 fctk per calcestruzzo non armato
4.1.11. Calcestruzzo a bassa percentuale di armatura o non armato
Il calcestruzzo a bassa percentuale di armatura è quello per il quale la percentuale di armatura messa in opera è minore di quella minima necessaria per il calcestruzzo armato o la quantità media in peso di acciaio per metro cubo di calcestruzzo è inferiore a
0,3 kN. Sia il calcestruzzo a bassa percentuale di armatura, sia quello non armato possono essere impiegati solo per elementi secondari o per strutture massicce o estese.

4.1.11.1 Valutazione della sicurezza – norme di calcolo
Per le verifiche di resistenza delle sezioni sotto sforzi normali si adottano le competenti ipotesi tratte dal § 4.1.2.3.4.1. Per una sezione rettangolare di lati a e b soggetta ad una forza normale NEd con una eccentricità e nella direzione del lato a la verifica di resistenza allo SLU, con il modello (c) di § 4.1.2.1.2.1, si pone con
NEd ? NRd = fcd b x
con x = a – 2e.
La verifica di resistenza della stessa sezione rettangolare di lati a e b soggetta anche ad un sforzo di taglio VEd nella direzione del lato a si pone con
VEd ? VRd = fcvd b x / 1,5
con
fcvd = (f2ct1d + ?c fct1d)1/2 per ?c??clim
fcvd = ( f2ct1d + ?c fct1d – ?2/4)1/2 per ?c>?clim
dove
?c = NEd / (b x)
? = ?c ? ?clim
?clim = fcd – 2 ( f2ct1d + fcd fct1d)1/2
dove
fct1d=0,85 fctd
è la resistenza a trazione di progetto per calcestruzzo non armato o debolmente armato.

cap. 4.2 – Costruzioni di acciaio

cap. 4.2.3.1 – modificata la Classificazione delle sezioni in acciaio
Le sezioni trasversali degli elementi strutturali si classificano in funzione della loro capacità rotazionale C? definita come:
C? = ?r / ?y ? 1
essendo ?r e ?y le curvature corrispondenti rispettivamente al raggiungimento della deformazione ultima ed allo snervamento.
[…]
Le sezioni di classe 1 e 2 si definiscono compatte, quelle di classe 3 moderatamente snelle e quelle di classe 4 snelle.
Le sezioni trasversali degli elementi strutturali si classificano in funzione della loro capacità rotazionale C? definita come:
C? = ?r / ?y ? 1
essendo ?r e ?y le rotazioni corrispondenti rispettivamente al raggiungimento della deformazione ultima ed allo snervamento.
[…]
Le sezioni di classe 1 si definiscono duttili, quelle di classe 2 compatte, quelle di classe 3 semi-compatte e quelle di classe 4 snelle.

cap. 4.2.3.1.3.2 – modificata la verifica di instabilità per le travi inflesse

[…]
Nel caso generale, si può assume f=1, ?=1, K?=1 e ?LT,0 =0,2.


cap. 4.2.4.1.4 – modificata la verifica a fatica
[…] Nel caso dei ponti gli spettri dei carichi da impiegare per le verifiche a fatica sono fissati nel Cap. 5 delle presenti norme.
Si possono utilizzare due criteri di valutazione della resistenza a fatica, che si applicano rispettivamente alle strutture poco sensibili alla rottura per fatica ed alle strutture sensibili alla rottura per fatica.
· Il Criterio del danneggiamento accettabile, relativo alle strutture poco sensibili alla rottura per fatica, richiede si adottino:
– dettagli costruttivi, materiali e livelli di tensione tali che le eventuali lesioni presentino bassa velocità di propagazione e significativa lunghezza critica;
– disposizioni costruttive che permettano la ridistribuzione degli sforzi;
– dettagli idonei ad arrestare la propagazione delle lesioni;
– dettagli facilmente ispezionabili;
– prestabilite procedure di ispezione e di manutenzione atte a rilevare e correggere le eventuali lesioni.
· Il Criterio della vita utile a fatica, relativo alle strutture sensibili alla rottura per fatica, richiede si adottino:
– dettagli costruttivi e livelli di sforzo tali da garantire, per la vita a fatica prevista della costruzione, gli stessi livelli di sicurezza adottati per le altre verifiche agli stati limite ultimi, indipendentemente da procedure di ispezione e manutenzione durante la vita di esercizio.
Per indicazioni riguardanti le modalità di realizzazione dei dettagli costruttivi e la loro classificazione, con le rispettive curve S-N si può fare riferimento al documento UNI EN1993-1-9.

Nel caso di combinazioni di tensioni normali e tangenziali, la valutazione della resistenza a fatica dovrà considerare i loro effetti congiunti adottando idonei criteri di combinazione del danno.
Nella valutazione della resistenza a fatica dovrà tenersi conto dello spessore del metallo base nel quale può innescarsi una potenziale lesione.
Le curve S-N reperibili nella letteratura consolidata sono riferite ai valori nominali delle tensioni.
Per i dettagli costruttivi dei quali non sia nota la curva di resistenza a fatica le escursioni tensionali potranno riferirsi alle tensioni geometriche o di picco, cioè alle tensioni principali nel metallo base in prossimità della potenziale lesione, secondo le modalità e le limitazioni specifiche del metodo, nell’ambito della meccanica della frattura.
Nelle verifiche a fatica è consentito tener conto degli effetti benefici di eventuali trattamenti termici o meccanici, se adeguatamente comprovati.

[…] Per valutare gli effetti della fatica è innanzitutto necessario classificare le strutture nei confronti della loro sensibilità al fenomeno.
Si definiscono strutture poco sensibili alla rottura per fatica quelle in cui si verifichino tutte le seguenti circostanze:
? dettagli costruttivi, materiali e livelli di tensione tali che le eventuali lesioni presentino bassa velocità di propagazione e significativa lunghezza critica;
? disposizioni costruttive che permettano la ridistribuzione degli sforzi;
? dettagli idonei ad arrestare la propagazione delle lesioni;
? dettagli facilmente ispezionabili e riparabili;
? prestabilite procedure di ispezione e di manutenzione atte a rilevare e riparare le eventuali lesioni.
Si definiscono strutture sensibili alla rottura per fatica quelle che non ricadono nei punti precedenti.
La resistenza a fatica di un dettaglio è individuata mediante una curva caratteristica, detta curva S-N, che esprime il numero di cicli a rottura N in funzione delle variazioni di tensione nel ciclo ?? o ??
Per indicazioni riguardanti le modalità di realizzazione dei dettagli costruttivi e la loro classificazione, con le rispettive curve S-N si può fare riferimento al documento UNI EN1993-1-9.

Le verifiche a fatica possono essere a vita illimitata o a danneggiamento.

Verifica a vita illimitata.
La verifica a vita illimitata si esegue controllando che sia:

dove ??max,d e ??max,d sono, rispettivamente, i valori di progetto delle massime escursioni di tensioni normali e di tensioni tangenziali indotte nel dettaglio considerato dallo spettro di carico, e ??D e ??D i limiti di fatica ad ampiezza costante.
La verifica a vita illimitata è esclusa per tutti i dettagli le cui curve S-N non presentino limite di fatica ad ampiezza costante (per es., i connettori a piolo).

Verifica a danneggiamento
La verifica a danneggiamento si esegue mediante la formula di Palmgren-Miner, controllando che il danneggiamento D risulti:

dove ni è il numero dei cicli di ampiezza ??i,d indotti dallo spettro di carico per le verifiche a danneggiamento nel corso della vita prevista per il dettaglio e Ni è il numero di cicli di ampiezza ??i,d a rottura, ricavato dalla curva S-N caratteristica del dettaglio.
La verifica a danneggiamento può essere eseguita anche con il metodo dei coefficienti di danneggiamento equivalente ?. Per l’impiego di tale metodo si deve fare riferimento a normative di comprovata validità, di cui al capitolo 12.
Nel caso di combinazioni di tensioni normali e tangenziali, la valutazione della resistenza a fatica dovrà considerare i loro effetti congiunti adottando idonei criteri di combinazione del danno.
Nella valutazione della resistenza a fatica dovrà tenersi conto dello spessore del metallo base nel quale può innescarsi una potenziale lesione.
Le curve S-N reperibili nella letteratura consolidata sono riferite ai valori nominali delle tensioni.
Per i dettagli costruttivi dei quali non sia nota la curva di resistenza a fatica le escursioni tensionali potranno riferirsi alle tensioni geometriche o di picco, cioè alle tensioni principali nel metallo base in prossimità della potenziale lesione, secondo le modalità e le limitazioni specifiche del metodo, nell’ambito della meccanica della frattura.
Nelle verifiche a fatica è consentito tenere conto degli effetti favorevoli di eventuali trattamenti termici o meccanici, purché adeguatamente comprovati.

cap. 4.3 – Costruzioni composte di acciaio e calcestruzzo

cap. 4.3.5 – integrata la procedura di verifiche delle colonne composte in acciaio/calcestruzzo
 […]
4.3.5.3.1 Resistenza a compressione della sezione
La resistenza plastica della sezione composta a sforzo normale può essere valutata, nell’ipotesi di completa aderenza tra i materiali, secondo la formula

dove Aa, Ac, As sono, rispettivamente, le aree del profilo in acciaio, della parte in calcestruzzo e delle barre d’armatura. Nel caso in cui si adottino sezione riempite rettangolari o quadrate, (fig. 4.3.6 c), è possibile tenere in conto l’effetto del confinamento del calcestruzzo all’interno del tubo, considerando acc=1. Per le colonne a sezione circolare riempite con calcestruzzo (fig.4.3.6 d) si può tenere in conto l’effetto del confinamento del calcestruzzo offerto dall’acciaio.

[…] Nel seguito vengono fornite indicazioni per verificare le colonne composte più comuni, vedi fig. 4.3.6, che rispettano i seguenti requisiti:
[…]
2. la sezione è costante lungo l’altezza della colonna;
[…]
7. l’armatura longitudinale utilizzata nel calcolo non deve essere maggiore del 6% della sezione in calcestruzzo.
[…]

4.3.5.3.1 Resistenza della sezione per tensioni normali
La resistenza plastica di progetto della sezione composta a sforzo normale può essere valutata secondo la formula

dove Aa, Ac, As sono, rispettivamente, le aree del profilo in acciaio, della parte in calcestruzzo e delle barre d’armatura. Nel caso in cui si adottino sezioni riempite (Fig.4.3.6 c, d) è possibile sostituire il coefficiente 0.85 con il coefficiente 1.0, (fig. 4.3.6 c). Nelle colonne composte riempite realizzate con profili a sezione cava di forma circolare (fig.4.3.6 d) è possibile tenere in conto, nel calcolo della sforzo normale plastico resistente, degli effetti prodotti dal confinamento che il tubo in acciaio esercita sul calcestruzzo.
In particolare, è possibile fare riferimento a vari modelli di confinamento presenti nelle normative e nella documentazione tecnico/scientifica di comprovata validità. In mancanza di più precise analisi e per elementi strutturali del tipo rappresentato nella Figura 4.3.7 è possibile utilizzare il seguente modello di confinamento.
La resistenza plastica di progetto della colonna circolare riempita di calcestruzzo, tenendo conto del confinamento, assume la seguente forma

dove t è lo spessore del tubo di acciaio e d è il diametro esterno della colonna. Tale formula è valida nel caso in cui ? < 0,5 e l’eccentricità massima del carico, e = MEd/NEd, sia minore di 0,1. I coefficienti ?a ed ?c sono dati dalle seguenti espressioni

Il calcolo del momento resistente di progetto della colonna composta MRd in funzione dello sforzo normale NEd agente si ricava dal dominio di interazione M-N, che definisce la resistenza della sezione trasversale.
Per definire tale dominio di interazione N-M, è possibile utilizzare metodi presenti nelle normative e nella documentazione tecnica di comprovata validità oppure utilizzare apposite procedure e tecniche numeriche basate sull’integrazione dei legami costitutivi tensione- deformazione dell’acciaio e del calcestruzzo nella sezione composta.
È possibile, nel caso si utilizzino i tipi di sezione composta presentate nella Figura 4.3.6 e rispettose dei requisiti esposti in § 4.3.5.1, utilizzare un metodo semplificato per la definizione del dominio di interazione N-M (vedi Figura 4.3.8).

In tale metodo si assume il modello dello stress-block per il calcestruzzo, si trascura la resistenza a trazione del conglomerato e si adotta un metodo di calcolo plastico in cui le barre d’armatura sono assunte completamente snervate, così come il profilo in acciaio.
Il dominio non è rappresentato completamente, ma approssimato secondo una poligonale passante per quattro punti: A, B, C e D.
I punti A e B corrispondono, rispettivamente, alle sollecitazioni di forza normale centrata e flessione pura.
I punti C e D sono ottenuti fissando lo sforzo normale al valore Npm,Rd e 0,5 Npm,Rd, essendo Npm,Rd lo sforzo normale resistente di progetto della sola porzione di calcestruzzo della sezione composta, ovvero
Npm,Rd = 0,85 fck /?c Ac
dove Ac è l’area complessiva di calcestruzzo della sezione composta.
Dal dominio resistente si ricava il momento resistente plastico di progetto associato allo sforzo normale NEd della combinazione di calcolo come
Mpl,Rd (NEd) = ?d Mpl,Rd
dove Mpl,Rd è il momento resistente plastico di progetto e ?d è un coefficiente di progetto a presso-flessione uniassiale.
Nel caso in cui la colonna sia soggetta a sollecitazioni di presso-flessione deviata, la verifica della colonna composta è condotta calcolando i coefficienti di progetto ?dy e ?dz indipendentemente per i due piani di flessione delle colonne, secondo il metodo presentato nella Figura -4.3.8, e controllando che

dove Mpl,y,Rd e Mpl,z,Rd sono i momenti resistenti plastici rispetto ai due piani di flessione, mentre My,Ed ed Mz,Ed sono i momenti sollecitanti derivanti dalle analisi strutturali, incrementati per tenere conto dei fenomeni del II ordine, come esposto in § 4.3.5.4.3 oppure calcolati secondo uno schema di calcolo in cui le imperfezioni dell’elemento sono state considerate utilizzando opportuni fattori di imperfezione. I coefficienti ?M,ye ?M,z sono quelli riportati in § 4.3.5.4.3.

cap. 4.4 – Costruzioni in legno

cap. 4.4.6 – integrate e migliorate le specifiche per la valutazione della resistenza di progetto

[…]
Il coefficiente ?M è valutato secondo la colonna A della tabella 4.4.III. Si possono assumere i valori riportati nella colonna B della stessa tabella, per produzioni continuative di elementi o strutture, soggette a controllo continuativo del materiale dal quale risulti un coefficiente di variazione (rapporto tra scarto quadratico medio e valor medio) della resistenza non superiore al 15%. Le suddette produzioni devono essere inserite in un sistema di qualità di cui al § 11.7.


cap. 4.4.7 – integrate e aggiornate le specifiche di verifica allo Stato Limite di Esercizio, modificati i coefficienti correttivi per la valutazione della resistenza di progetto

[…]
La freccia (valore dello spostamento ortogonale all’asse dell’elemento) netta di un elemento inflesso è data dalla somma della freccia dovuta ai soli carichi permanenti, della freccia dovuta ai soli carichi variabili, dedotta dalla eventuale controfreccia (qualora presente).
Nei casi in cui sia opportuno limitare la freccia istantanea dovuta ai soli carichi variabili nella combinazione di carico rara, in mancanza di più precise indicazioni, si raccomanda che essa sia inferiore a L /300, essendo L la luce dell’elemento o, nel caso di mensole, il doppio dello sbalzo.

cap. 4.5 – Costruzioni di muratura

cap. 4.5.2.2 – introdotte limitazioni geometriche agli elementi artificiali in muratura
 […]
Lo spessore minimo dei setti interni (distanza minima tra due fori) è il seguente:
elementi in laterizio e di silicato di calcio: 7 mm;
elementi in calcestruzzo: 18 mm;
Spessore minimo dei setti esterni (distanza minima dal bordo esterno al foro più vicino al netto dell’eventuale rigatura) è il seguente:
elementi in laterizio e di silicato di calcio: 10 mm;
elementi in calcestruzzo: 18 mm;

cap. 4.5.2.3 – modificate le specifiche per il progetto del sistema ‘muratura’
Le murature costituite dall’assemblaggio organizzato ed efficace di elementi e malta possono essere a singolo paramento, se la parete è senza cavità o giunti verticali continui nel suo piano, o a paramento doppio. In questo ultimo caso, se non è possibile considerare un comportamento monolitico si farà riferimento a normative di riconosciuta validità od a specifiche approvazioni del Servizio Tecnico Centrale su parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.Le murature costituite dall’assemblaggio organizzato ed efficace di elementi e malta possono essere a singolo paramento, se la parete è senza cavità o giunti verticali continui nel suo piano, o a paramento doppio. In questo ultimo caso, qualora siano presenti le connessioni trasversali previste dall’Eurocodice UNI EN 1996-1-1, si farà riferimento agli stessi Eurocodici UNI EN 1996-1-1, oppure, in assenza delle connessioni trasversali previste dall’Eurocodice, si applica quanto previsto al § 4.6.
[…]
L’uso di giunti di malta sottili (spessore compreso tra 0.5 mm e 3 mm) e/o di giunti verticali a secco va limitato ad edifici con numero di piani fuori terra non superiore a quanto specificato al § 7.8.1.2 ed altezza interpiano massima di 3.5 m.

cap. 4.5.6.4 – modificate le specifiche per le verifiche semplificate
4.5.6.4 Verifiche alle tensioni ammissibili4.5.6.4 Verifiche semplificate
[…]
g) devono essere rispettate le percentuali minime, calcolate coperta rispetto alla superficie totale in pianta dell’edificio, di sezione resistente delle pareti, calcolate nelle due direzioni ortogonali, specificate in Tab. 7.8.II.

cap. 4.5.8 – introdotta la tipologia ‘Muratura confinata’
La muratura confinata è una muratura costituita da elementi resistenti artificiali pieni e semipieni, dotata di elementi di confinamento in calcestruzzo armato o muratura armata. Il progetto della muratura confinata può essere svolto applicando integralmente quanto previsto negli Eurocodici strutturali ed in particolare nelle norme della serie UNI EN 1996 e UNI EN 1998 con le relative appendici nazionali.

cap. 4.6 – modificate le specifiche per gli Altri sistemi costruttivi
4.5.6.4 Verifiche alle tensioni ammissibili
I materiali non tradizionali o non trattati nelle presenti norme tecniche potranno essere utilizzati per la realizzazione di elementi strutturali od opere, previa autorizzazione del Servizio Tecnico Centrale su parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, autorizzazione che riguarderà l’utilizzo del materiale nelle specifiche tipologie strutturali proposte sulla base di procedure definite dal Servizio Tecnico Centrale.
Si intende qui riferirsi a materiali quali calcestruzzi di classe di resistenza superiore a C70/85, calcestruzzi fibrorinforzati, acciai da costruzione non previsti in § 4.2, leghe di alluminio, leghe di rame, travi tralicciate in acciaio conglobate nel getto di calcestruzzo collaborante, materiali polimerici fibrorinforzati, pannelli con poliuretano o polistirolo collaborante, materiali murari non tradizionali, vetro strutturale, materiali diversi dall’acciaio con funzione di armatura da c.a.
4.6. Altri sistemi costruttivi
Qualora vengano usati sistemi costruttivi diversi da quelli disciplinati dalle presenti norme tecniche, la loro idoneità deve essere comprovata da una dichiarazione rilasciata, ai sensi dell’articolo 52, comma 2, del D.P.R. 380/01, dal Presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici su conforme parere dello stesso Consiglio e previa istruttoria del Servizio Tecnico Centrale.
Si intendono per “sistemi costruttivi diversi da quelli disciplinati dalle presenti norme tecniche” quelli per cui le regole di progettazione ed esecuzione non siano previste nelle presenti norme tecniche o nei riferimenti tecnici e nei documenti di comprovata validità di cui al Capitolo 12, nel rispetto dei livelli di sicurezza previsti dalle presenti norme tecniche.
In ogni caso, i materiali o prodotti strutturali utilizzati nel sistema costruttivo devono essere conformi ai requisiti di cui al Capitolo 11.
Per singoli casi specifici le amministrazioni territorialmente competenti alla verifica dell’applicazione delle norme tecniche per le costruzioni ai sensi del DPR 380/2001 o le amministrazioni committenti possono avvalersi dell’attività consultiva, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera b), del D.P.R. 204/2006, del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, che si esprime previa istruttoria del Servizio Tecnico Centrale.
cap. 6 – Progettazione geotecnica

cap. 6.2.4.1.3 – introdotta la specifica di valutazione per l’interazione terreno-struttura
Le analisi finalizzate al dimensionamento strutturale nelle quali si consideri l’interazione terreno?struttura si eseguono con i valori caratteristici dei parametri geotecnici, amplificando l’effetto delle azioni con i coefficienti parziali del gruppo A1.

cap. 6.2.4.2 – modificata le specifiche per le verifiche nei confronti degli stati limite idraulici
Le opere geotecniche devono essere verificate nei confronti dei possibili stati limite di sollevamento o di sifonamento.
[…]
Il controllo della stabilità al sifonamento si esegue verificando che il valore di progetto della pressione interstiziale instabilizzante (uinst,d) risulti non superiore al valore di progetto della tensione totale stabilizzante (sstb,d), tenendo conto dei coefficienti parziali della Tab. 6.2.IV:

uinst,d < sstb,d (6.2.6)

In entrambe le verifiche, nella valutazione delle pressioni interstiziali, si devono assumere le condizioni più sfavorevoli, considerando i possibili effetti delle successioni stratigrafiche sul regime di pressione dell’acqua.
Nelle verifiche al sifonamento, in presenza di adeguate conoscenze sul regime delle pressioni interstiziali, i coefficienti di sicurezza minimi sono indicati nella Tab. 6.2.IV. Valori superiori possono essere assunti e giustificati tenendo presente della pericolosità del fenomeno in relazione alla natura del terreno nonché dei possibili effetti della condizione di collasso.

Le opere geotecniche devono essere verificate nei confronti dei possibili stati limite di sollevamento o di sifonamento.
A tal fine, nella valutazione delle pressioni interstiziali e delle quote piezometriche caratteristiche, si devono assumere le condizioni più sfavorevoli, considerando i possibili effetti delle condizioni stratigrafiche.
[…]
Ove necessario, il calcolo della resistenza va eseguito in accordo a quanto indicato nei successivi paragrafi per le fondazioni su pali e per gli ancoraggi.
[…]
In condizioni di flusso prevalentemente verticale:
a) nel caso di frontiera di efflusso libera, la verifica a sifonamento si esegue controllando che il gradiente idraulico i risulti non superiore al gradiente idraulico critico ic diviso per un coefficiente parziale ?R = 3, se si assume come effetto delle azioni il gradiente idraulico medio, e per un coefficiente parziale ?R = 2 nel caso in cui si consideri il gradiente idraulico di efflusso;
b) in presenza di un carico imposto sulla frontiera di efflusso, la verifica si esegue controllando che la pressione interstiziale in eccesso rispetto alla condizione idrostatica risulti non superiore alla tensione verticale efficace calcolata in assenza di filtrazione, divisa per un coefficiente parziale ?R = 2.
In tutti gli altri casi il progettista deve valutare gli effetti delle forze di filtrazione e garantire adeguati livelli di sicurezza, da prefissare e giustificare esplicitamente.
Si fa salvo, comunque, quanto previsto nel Decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti del 26 giugno 2014 recante “Norme tecniche per la progettazione e la costruzione degli sbarramenti di ritenuta (dighe e traverse)”, ove applicabile.

cap. 6.3.4 – migliorata la definizione delle verifiche di sicurezza per la stabilità dei pendii naturali
[…]
Il livello di sicurezza è espresso, in generale, come rapporto tra resistenza al taglio disponibile, presa con il suo valore caratteristico, e sforzo di taglio mobilitato lungo la superficie di scorrimento effettiva o potenziale.
Il grado di sicurezza ritenuto accettabile dal progettista deve essere giustificato sulla base del livello di conoscenze raggiunto, dell’affidabilità dei dati disponibili e del modello di calcolo adottato in relazione alla complessità geologica e geotecnica, nonché sulla base delle conseguenze di un’eventuale frana.
[…]
La valutazione del coefficiente di sicurezza dei pendii naturali, espresso dal rapporto tra la resistenza al taglio disponibile (?f) e la tensione di taglio agente (?) lungo la superficie di scorrimento, deve essere eseguita impiegando sia i parametri geotecnici, congruenti con i caratteri del cinematismo atteso o accertato, sia le azioni presi con il loro valore caratteristico.
L’adeguatezza del margine di sicurezza ritenuto accettabile dal progettista deve comunque essere giustificata sulla base del livello di conoscenze raggiunto, dell’affidabilità dei dati disponibili e del modello di calcolo adottato in relazione alla complessità geologica e geotecnica, nonché sulla base delle conseguenze di un’eventuale frana.

cap. 6.4.2.1 – modificate le specifiche di verifica per le fondazioni superficiali
[…]
La verifica di stabilità globale deve essere effettuata secondo l’Approccio 1:
– Combinazione 2: (A2+M2+R2) tenendo conto dei coefficienti parziali riportati nelle Tabelle 6.2.I e 6.2.II per le azioni e i parametri geotecnici e nella Tabella 6.8.I per le resistenze globali.
La rimanenti verifiche devono essere effettuate, tenendo conto dei valori dei coefficienti parziali riportati nelle Tab. 6.2.I, 6.2.II e 6.4.I, seguendo almeno uno dei due approcci:

Approccio 1:
– Combinazione 1: (A1+M1+R1)
– Combinazione 2: (A2+M2+R2)

Approccio 2: (A1+M1+R3).
Nelle verifiche effettuate con l’approccio 2 che siano finalizzate al dimensionamento strutturale, coefficiente ?R non deve essere portato in conto.

[…]
La verifica di stabilità globale deve essere effettuata, analogamente a quanto previsto nel § 6.8, secondo la Combinazione 2 (A2+M2+R2) dell’Approccio 1, tenendo conto dei coefficienti parziali riportati nelle Tabelle 6.2.I e 6.2.II per le azioni e i parametri geotecnici e nella Tab. 6.8.I per le resistenze globali.
Le rimanenti verifiche devono essere effettuate applicando la combinazione (A1+M1+R3) di coefficienti parziali prevista dall’Approccio 2, tenendo conto dei valori dei coefficienti parziali riportati nelle Tabelle 6.2.I, 6.2.II e 6.4.I.
Nelle verifiche nei confronti di SLU di tipo strutturale (STR), il coefficiente ?R non deve essere portato in conto.

cap. 6.4.3.1 – modificate le specifiche di verifica per i pali
[…]
La verifica di stabilità globale deve essere effettuata secondo l’Approccio 1:
– Combinazione 2: (A2+M2+R2) tenendo conto dei coefficienti parziali riportati nelle Tabelle 6.2.I e 6.2.II per le azioni e i parametri geotecnici, e nella Tabella 6.8.I per le resistenze globali.
Le rimanenti verifiche devono essere effettuate, tenendo conto dei valori dei coefficienti parziali riportati nelle Tab. 6.2.I, 6.2.II e 6.4.II, seguendo almeno uno dei due approcci:

Approccio 1:
– Combinazione 1: (A1+M1+R1)
– Combinazione 2: (A2+M2+R2)

Approccio 2: (A1+M1+R3)
Nelle verifiche effettuate con l’approccio 2 che siano finalizzate al dimensionamento strutturale il coefficiente ?R non deve essere portato in conto.

[…]
La verifica di stabilità globale deve essere effettuata secondo la Combinazione 2 (A2+M2+R2) dell’Approccio 1 tenendo conto dei coefficienti parziali riportati nelle Tabelle 6.2.I e 6.2.II per le azioni e i parametri geotecnici, e nella Tab. 6.8.I per le resistenze globali.
Le rimanenti verifiche devono essere effettuate secondo l’Approccio 2, con la combinazione (A1+M1+R3), tenendo conto dei valori dei coefficienti parziali riportati nelle Tabelle 6.2.I, 6.2.II, 6.4.II e 6.4.VI.
Nelle verifiche nei confronti di SLU di tipo strutturale, il coefficiente ?R non deve essere portato in conto.

cap. 6.5.3.1.1 – modificate le specifiche di verifica per le opere di sostegno
[…]
La verifica di stabilità globale del complesso opera di sostegno-terreno deve essere effettuata secondo l’Approccio 1:
– Combinazione 2: (A2+M2+R2)
tenendo conto dei coefficienti parziali riportati nelle Tabelle 6.2.I e 6.2.II per le azioni e i parametri geotecnici, e nella Tabella 6.8.I per le verifiche di sicurezza di opere di materiali sciolti e fronti di scavo.
Le rimanenti verifiche devono essere effettuate secondo almeno uno dei seguenti approcci:
Approccio 1:
– Combinazione 1: (A1+M1+R1)
– Combinazione 2: (A2+M2+R2)
Approccio 2: (A1+M1+R3) tenendo conto dei valori dei coefficienti parziali riportati nelle Tabelle 6.2.I, 6.2.II e 6.5.I.
Nel caso di muri di sostegno dotati di ancoraggi al terreno, le verifiche devono essere effettuate con riferimento al solo approccio 1.
Nelle verifiche effettuate con l’approccio 2 che siano finalizzate al dimensionamento strutturale, il coefficiente ?R non deve essere portato in conto.
Lo stato limite di ribaltamento non prevede la mobilitazione della resistenza del terreno di fondazione e deve essere trattato come uno stato limite di equilibrio come corpo rigido (EQU), utilizzando i coefficienti parziali sulle azioni della tabella 2.6.I e adoperando coefficienti parziali del gruppo (M2) per il calcolo delle spinte.

[…]
La verifica di stabilità globale del complesso opera di sostegno?terreno deve essere effettuata, analogamente a quanto previsto al § 6.8, secondo l’Approccio 1, con la Combinazione 2 (A2+M2+R2), tenendo conto dei coefficienti parziali riportati nelle Tabelle 6.2.I e 6.2.II per le azioni e i parametri geotecnici e nella Tab. 6.8.I per le verifiche di sicurezza di opere di materiali sciolti e fronti di scavo.
Le rimanenti verifiche devono essere effettuate secondo l’Approccio 2, con la combinazione (A1+M1+R3), tenendo conto dei valori dei coefficienti parziali riportati nelle Tabelle 6.2.I, 6.2.II e 6.5.I. Nella verifica a ribaltamento i coefficienti R3 della Tab. 6.5.I si applicano agli effetti delle azioni stabilizzanti.


cap. 6.5.3.1.2 – modificate le specifiche di verifica per le paratie
[…]
La verifica di stabilità globale dell’insieme terreno-opera deve essere effettuata secondo
l’Approccio 1:
– Combinazione 2: (A2+M2+R2)
tenendo conto dei coefficienti parziali riportati nelle Tabelle 6.2.I e 6.2.II e 6.8.I.
Le rimanenti verifiche devono essere effettuate considerando le seguenti combinazioni di coefficienti:
– Combinazione 1: (A1+M1+R1)
– Combinazione 2: (A2+M2+R1)
tenendo conto dei valori dei coefficienti parziali riportati nelle Tabelle 6.2.I, 6.2.II e 6.5.I. Per le paratie, i calcoli di progetto devono comprendere la verifica degli eventuali ancoraggi, puntoni o strutture di controventamento.
[…]
La verifica di stabilità globale del complesso opera di sostegno?terreno deve essere effettuata secondo la Combinazione 2 (A2+M2+R2) dell’Approccio 1, tenendo conto dei coefficienti parziali riportati nelle Tabelle 6.2.I, 6.2.II e 6.8.I.
Le verifiche nei riguardi degli stati limite idraulici (UPL e HYD) devono essere eseguite come descritto nel § 6.2.4.2.
Le rimanenti verifiche devono essere effettuate secondo l’Approccio 1 considerando le due combinazioni di coefficienti:
? Combinazione 1: (A1+M1+R1)
? Combinazione 2: (A2+M2+R1)
tenendo conto dei valori dei coefficienti parziali riportati nelle Tabelle 6.2.I e 6.2.II, con i coefficienti ?R del gruppo R1 pari all’unità. Per le paratie, i calcoli di progetto devono comprendere la verifica degli eventuali ancoraggi, puntoni o strutture di controventamento.
cap. 7 – Progettazione per azioni sismiche

cap. 7 – costruzioni in zona a bassa sismicità, modificata la procedura di valutazione
Le costruzioni da edificarsi in siti ricadenti in zona 4 possono essere progettate e verificate applicando le sole regole valide per le strutture non soggette all’azione sismica, alle condizioni di seguito enunciate:
– i diaframmi orizzontali devono rispettare quanto prescritto al § 7.2.6;
– gli elementi strutturali devono rispettare le limitazioni, in termini di geometria e di quantitativi d’armatura, relative alla CD “B” quale definita nel § 7.2.1;
– le sollecitazioni debbono essere valutate considerando la combinazione di azioni definita nel § 3.2.4 ed applicando, in due direzioni ortogonali, il sistema di forze orizzontali definito dalle espressioni (7.3.6) e (7.3.7), in cui si assumerà Sdsub>(T1) = 0,07g per tutte le tipologie.
Le relative verifiche di sicurezza debbono essere effettuate, in modo indipendente nelle due direzioni, allo stato limite ultimo. Non è richiesta la verifica agli stati limite di esercizio.
Le costruzioni caratterizzate, nei confronti dello SLV, da agS ? 0,075g possono essere progettate e verificate come segue:
? si considera la combinazione di azioni definita nel § 2.5.3, applicando, in due direzioni ortogonali, il sistema di forze orizzontali definito dall’espressione [7.3.7] assumendo Fh = 0,10 W ? per tutte le tipologie strutturali, essendo ? definito al
§7.3.3.2;
? si richiede la sola verifica nei confronti dello SLV;
? si utilizza in generale una “progettazione per comportamento strutturale non dissipativo”, quale definita nel § 7.2.2; qualora si scelga una “progettazione per comportamento strutturale dissipativo”, quale definita nel § 7.2.2, si possono impiegare, in classe di duttilità CD“B”, valori unitari per i coefficienti ?Rd di cui alla Tab. 7.2.I;
? ad eccezione del caso di edifici fino a due piani, considerati al di sopra della fondazione o della struttura scatolare rigida di cui al § 7.2.1, gli orizzontamenti devono rispettare i requisiti di rigidezza e resistenza di cui al § 7.2.2.

cap. 7.1 – modificata la definizione dei ‘Requisiti agli stati limite’, introdotta la definizione di capacità e domanda
Sotto l’effetto delle azioni sismiche definite nel §3.2, deve essere garantito il rispetto degli stati limite ultimi e di esercizio, quali definiti al § 3.2.1 ed individuati riferendosi alle prestazioni della costruzione nel suo complesso, includendo il volume significativo di terreno2, le strutture di fondazione, gli elementi strutturali, gli elementi non strutturali, gli impianti.
In mancanza di espresse indicazioni in merito, il rispetto dei vari stati limite si considera conseguito:
– nei confronti di tutti gli stati limite di esercizio, qualora siano rispettate le verifiche relative al solo SLD;
– nei confronti di tutti gli stati limite ultimi, qualora siano rispettate le indicazioni progettuali e costruttive riportate nel seguito e siano soddisfatte le verifiche relative al solo SLV.
Fanno eccezione a quanto detto le costruzioni di classe d’uso III e IV, per gli elementi non strutturali e gli impianti delle quali è richiesto anche il rispetto delle verifiche di sicurezza relative allo SLO, quali precisate nei §§ 7.3.7.2 e 7.3.7.3.
Per contenere le incertezze e garantire un buon comportamento delle strutture sotto azioni sismiche, devono essere adottati provvedimenti specifici volti ad assicurare caratteristiche di duttilità agli elementi strutturali ed alla costruzione nel suo insieme.
Le strutture di fondazione devono resistere agli effetti risultanti della risposta del terreno e delle strutture sovrastanti, senza spostamenti permanenti incompatibili con lo stato limite di riferimento.
Al riguardo, deve essere valutata la risposta sismica e la stabilità del sito secondo quanto indicato nel § 7.11.5.
S’intende per:
? capacità di un elemento strutturale o di una struttura: l’insieme delle caratteristiche di rigidezza, resistenza e duttilità da essi manifestate, quando soggetti ad un prefissato insieme di azioni;
? domanda su un elemento strutturale o su una struttura: l’insieme delle caratteristiche di rigidezza, resistenza e duttilità ad essi richieste da un prefissato insieme di azioni.

Sotto l’effetto delle azioni definite nel § 3.2, deve essere garantito il rispetto degli stati limite ultimi e di esercizio, quali definiti al § 3.2.1 e individuati riferendosi alle prestazioni della costruzione nel suo complesso che include, oltre agli elementi strutturali in elevazione e di fondazione, agli elementi non strutturali e agli impianti, il volume significativo di terreno definito al § 6.2.2.
La verifica nei confronti dei vari stati limite si effettua confrontando capacità e domanda; in mancanza di specifiche indicazioni in merito, la verifica si considera svolta positivamente quando sono soddisfatti i requisiti di rigidezza, resistenza e duttilità, per gli elementi strutturali, e di stabilità e funzionalità, per gli elementi non strutturali e gli impianti, secondo quanto indicato al § 7.3.6. Per tutti gli stati limite, le strutture di fondazione devono resistere agli effetti risultanti dalla risposta del terreno e delle strutture sovrastanti, senza spostamenti permanenti incompatibili con lo stato limite di riferimento. Al riguardo, deve essere valutata la risposta sismica e la stabilità del sito, secondo quanto indicato nel § 7.11.5.


cap. 7.2.1 – modificate le ‘Caratteristiche generali delle costruzioni’ (regolarità in pianta, regolarità in elevazione, BTF e distanza tra costruzioni attigue)
Le costruzioni devono avere, quanto più possibile, struttura iperstatica caratterizzata da regolarità in pianta e in altezza. Se necessario ciò può essere conseguito suddividendo la struttura, mediante giunti, in unità tra loro dinamicamente indipendenti.Per quanto riguarda gli edifici, una costruzione è regolare in pianta se tutte le seguenti condizioni sono rispettate:
a) la configurazione in pianta è compatta e approssimativamente simmetrica rispetto a due direzioni ortogonali, in relazione alla distribuzione di masse e rigidezze;
b) il rapporto tra i lati di un rettangolo in cui la costruzione risulta inscritta è inferiore a 4;
c) nessuna dimensione di eventuali rientri o sporgenze supera il 25 % della dimensione totale della costruzione nella corrispondente direzione;
d) gli orizzontamenti possono essere considerati infinitamente rigidi nel loro piano rispetto agli elementi verticali e sufficientemente resistenti.

Sempre riferendosi agli edifici, una costruzione è regolare in altezza se tutte le seguenti condizioni sono rispettate:
e) tutti i sistemi resistenti verticali (quali telai e pareti) si estendono per tutta l’altezza della costruzione;
f) massa e rigidezza rimangono costanti o variano gradualmente, senza bruschi cambiamenti, dalla base alla sommità della costruzione (le variazioni di massa da un orizzontamento all’altro non superano il 25 %, la rigidezza non si riduce da un orizzontamento a quello sovrastante più del
30% e non aumenta più del 10%); ai fini della rigidezza si possono considerare regolari in altezza strutture dotate di pareti o nuclei in c.a. o pareti e nuclei in muratura di sezione costante sull’altezza o di telai controventati in acciaio, ai quali sia affidato almeno il 50% dell’azione sismica alla base;
g) nelle strutture intelaiate progettate in CD “B” il rapporto tra resistenza effettiva3 e resistenza richiesta dal calcolo non è significativamente diverso per orizzontamenti diversi (il rapporto fra la resistenza effettiva e quella richiesta, calcolata ad un generico orizzontamento, non deve differire più del 20% dall’analogo rapporto determinato per un altro orizzontamento); può fare eccezione l’ultimo orizzontamento di strutture intelaiate di almeno tre orizzontamenti;
h) eventuali restringimenti della sezione orizzontale della costruzione avvengono in modo graduale da un orizzontamento al successivo, rispettando i seguenti limiti: ad ogni orizzontamento il rientro non supera il 30% della dimensione corrispondente al primo orizzontamento, né il 20% della dimensione

Le costruzioni devono avere, quanto più possibile, struttura iperstatica caratterizzata da regolarità in pianta e in altezza. Se necessario, ciò può essere conseguito suddividendo la struttura, mediante giunti, in unità tra loro dinamicamente indipendenti.

Per quanto riguarda gli edifici, una costruzione è regolare in pianta se tutte le seguenti condizioni sono rispettate:
a) la distribuzione di masse e rigidezze è approssimativamente simmetrica rispetto a due direzioni ortogonali e la forma in pianta è compatta, ossia il contorno di ogni orizzontamento è convesso; il requisito può ritenersi soddisfatto, anche in presenza di rientranze in pianta, quando esse non influenzano significativamente la rigidezza nel piano dell’orizzontamento e, per ogni rientranza, l’area compresa tra il perimetro dell’orizzontamento e la linea convessa circoscritta all’orizzontamento non supera il 5% dell’area dell’orizzontamento;
b) il rapporto tra i lati del rettangolo circoscritto alla pianta di ogni orizzontamento è inferiore a 4;
c) ciascun orizzontamento ha una rigidezza nel proprio piano tanto maggiore della corrispondente rigidezza degli elementi strutturali verticali da potersi assumere che la sua deformazione in pianta influenzi in modo trascurabile la distribuzione delle azioni sismiche tra questi ultimi e ha resistenza sufficiente a garantire l’efficacia di tale distribuzione.

Sempre riferendosi agli edifici, una costruzione è regolare in altezza se tutte le seguenti condizioni sono rispettate:
d) tutti i sistemi resistenti alle azioni orizzontali si estendono per tutta l’altezza della costruzione o, se sono presenti parti aventi differenti altezze, fino alla sommità della rispettiva parte dell’edificio;
e) massa e rigidezza rimangono costanti o variano gradualmente, senza bruschi cambiamenti, dalla base alla sommità della costruzione (le variazioni di massa da un orizzontamento all’altro non superano il 25%, la rigidezza non si riduce da un orizzontamento a quello sovrastante più del 30% e non aumenta più del 10%); ai fini della rigidezza si possono considerare regolari in altezza strutture dotate di pareti o nuclei in c.a. o di pareti e nuclei in muratura di sezione costante sull’altezza o di telai controventati in acciaio, ai quali sia affidato almeno il 50% dell’azione sismica alla base;
f) il rapporto tra la capacità e la domanda allo SLV non è significativamente diverso, in termini di resistenza, per orizzontamenti successivi (tale rapporto, calcolato per un generico orizzontamento, non deve differire più del 30% dall’analogo rapporto calcolato per l’orizzontamento adiacente); può fare eccezione l’ultimo orizzontamento di strutture intelaiate di almeno tre orizzontamenti;
g) eventuali restringimenti della sezione orizzontale della costruzione avvengano con continuità da un orizzontamento al successivo; oppure avvengano in modo che il rientro di un orizzontamento non superi il 10% della dimensione corrispondente all’orizzontamento immediatamente sottostante, né il 30% della dimensione corrispondente al primo orizzontamento. Fa eccezione l’ultimo orizzontamento di costruzioni di almeno quattro orizzontamenti, per il quale non sono previste limitazioni di restringimento.

Qualora, immediatamente al di sopra della fondazione, sia presente una struttura scatolare rigida, purché progettata con comportamento non dissipativo, i controlli sulla regolarità in altezza possono essere riferiti alla sola struttura soprastante la scatolare, a condizione che quest’ultima abbia rigidezza rispetto alle azioni orizzontali significativamente maggiore di quella della struttura ad essa soprastante. Tale condizione si può ritenere soddisfatta se gli spostamenti della struttura soprastante la scatolare, valutati su un modello con incastri al piede, e gli spostamenti della struttura soprastante, valutati tenendo conto anche della deformabilità della struttura scatolare, sono sostanzialmente coincidenti.


cap. 7.2.2 – modificati i ‘Criteri generali di progettazione’ (scelta di un comportamento strutturale dissipativo o non dissipativo, progettazione in capacità)
Le costruzioni devono essere dotate di sistemi strutturali che garantiscano rigidezza e resistenza nei confronti delle due componenti ortogonali orizzontali delle azioni sismiche. La componente verticale deve essere considerata solo in presenza di elementi pressoché orizzontali con luce superiore a 20 m, elementi precompressi (con l’esclusione dei solai di luce inferiore a 8 m), elementi a mensola di luce superiore a 4 m, strutture di tipo spingente, pilastri in falso, edifici con piani sospesi, ponti, costruzioni con isolamento nei casi specificati in § 7.10.5.3.2 e purché il sito nel quale la costruzione sorge non ricada in zona 3 o 4. Nei casi precisati in § 3.2.5.1 si deve inoltre tenere conto della variabilità spaziale del moto sismico. Si deve tenere infine conto degli effetti torsionali che si accompagnano all’azione sismica. A tal fine gli orizzontamenti, ove presenti, devono essere dotati di rigidezza e resistenza tali da metterli in grado di trasmettere le forze scambiate tra i diversi sistemi resistenti a sviluppo verticale.

[…]
Le costruzioni soggette all’azione sismica, non dotate di appositi dispositivi dissipativi, devono essere progettate in accordo con i seguenti comportamenti strutturali:
a) comportamento strutturale non-dissipativo,
b) comportamento strutturale dissipativo.
Nel comportamento strutturale non dissipativo, cui ci si riferisce quando si progetta per gli stati limite di esercizio, gli effetti combinati delle azioni sismiche e delle altre azioni sono calcolati, indipendentemente dalla tipologia strutturale adottata, senza tener conto delle non linearità di comportamento (di materiale e geometriche) se non rilevanti. Nel comportamento strutturale dissipativo, cui ci si riferisce quando si progetta per gli stati limite ultimi, gli effetti combinati delle azioni sismiche e delle altre azioni sono calcolati, in funzione della tipologia strutturale adottata, tenendo conto delle non linearità di comportamento (di materiale sempre, geometriche quando rilevanti e comunque sempre quando precisato).
Gli elementi strutturali delle fondazioni, che devono essere dimensionati sulla base delle sollecitazioni ad essi trasmesse dalla struttura sovrastante (v. § 7.2.5), devono avere comportamento non dissipativo, indipendentemente dal comportamento strutturale attribuito alla struttura su di esse gravante.

Nel caso la struttura abbia comportamento strutturale dissipativo, si distinguono due livelli di
Capacità Dissipativa o Classi di Duttilità (CD):
– Classe di duttilità alta (CD”A”);
– Classe di duttilità bassa (CD”B”).
La differenza tra le due classi risiede nella entità delle plasticizzazioni cui ci si riconduce in fase di progettazione;

per ambedue le classi, onde assicurare alla struttura un comportamento dissipativo duttile evitando rotture fragili e la formazione di meccanismi instabili imprevisti, si fa ricorso ai procedimenti tipici della gerarchia delle resistenze. Si localizzano dunque le dissipazioni di energia per isteresi in zone a tal fine individuate e progettate, dette “dissipative” o “critiche”, effettuando il dimensionamento degli elementi non dissipativi nel rispetto del criterio di gerarchia delle resistenze; l’individuazione delle zone dissipative deve essere congruente con lo schema strutturale adottato.
Poiché il comportamento sismico della struttura è largamente dipendente dal comportamento delle sue zone critiche, esse debbono formarsi ove previsto e mantenere, in presenza di azioni cicliche, la capacità di trasmettere le necessarie sollecitazioni e di dissipare energia.
Tali fini possono ritenersi conseguiti qualora le parti non dissipative ed i collegamenti delle parti dissipative al resto della struttura possiedano, nei confronti delle zone dissipative, una
sovraresistenza sufficiente a consentire lo sviluppo in esse della plasticizzazione ciclica. La
sovraresistenza è valutata moltiplicando la resistenza nominale di calcolo delle zone dissipative per un opportuno coefficiente di sovraresistenza ?Rd assunto pari, ove non diversamente specificato, ad 1,3 per CD”A” e ad 1,1 per CD”B”.
I collegamenti realizzati con dispositivi di vincolo temporaneo, di cui al § 11.9, devono essere in grado di sostenere una forza ottenuta assumendo un coefficiente di sovraresistenza ?Rd sempre pari a 1,5, a meno che tali dispositivi non colleghino due strutture isolate, nel qual caso la forza di progetto è pari a quella ottenuta dall’analisi allo SLC.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel caso di collegamenti in semplice appoggio o di collegamenti di tipo scorrevole l’appoggio deve essere dimensionato per consentire uno scorrimento che tenga conto dello spostamento relativo tra le due parti della struttura collegate determinato in base alle azioni allo stato limite ultimo (v. § 7.3); si deve tenere conto anche dello spostamento relativo in condizioni sismiche tra le fondazioni delle due parti collegate, secondo quanto indicato nei §§ 3.2.5.1 e 3.2.5.2. Non è mai consentito fare affidamento sull’attrito conseguente ai carichi gravitazionali per assicurare la trasmissione di forze orizzontali tra parti della struttura, salvo per dispositivi espressamente progettati per tale scopo.

 

 

 

 

 

 

I dettagli costruttivi delle zone critiche e delle connessioni tra queste zone e le restanti parti delle struttura, nonché dei diversi elementi strutturali tra loro, devono ricevere una particolare attenzione ed essere esaurientemente specificati negli elaborati di progetto.

Le costruzioni devono essere dotate di sistemi strutturali che garantiscano rigidezza, resistenza e duttilità nei confronti delle due componenti orizzontali delle azioni sismiche, tra loro ortogonali.
I sistemi strutturali sono composti di elementi strutturali primari ed eventuali elementi strutturali secondari. Agli elementi strutturali primari è affidata l’intera capacità antisismica del sistema; gli elementi strutturali secondari sono progettati per resistere ai soli carichi verticali (v. § 7.2.3).
La componente verticale deve essere considerata, in aggiunta a quanto indicato al § 3.2.3.1, anche in presenza di elementi pressoché orizzontali con luce superiore a 20 m, elementi precompressi (con l’esclusione dei solai di luce inferiore a 8 m), elementi a mensola di luce superiore a 4 m, strutture di tipo spingente, pilastri in falso, edifici con piani sospesi, ponti, e costruzioni con isolamento nei casi specificati in § 7.10.5.3.2.
Nei casi precisati in § 3.2.4.1 si deve inoltre tener conto della variabilità spaziale del moto sismico.
Gli orizzontamenti, ove presenti, devono essere dotati di rigidezza e resistenza tali da consentire la ridistribuzione delle forze orizzontali tra i diversi sistemi resistenti a sviluppo verticale.

[…]
Comportamento strutturale
Le costruzioni soggette all’azione sismica, non dotate di appositi dispositivi d’isolamento e/o dissipativi, devono essere progettate in accordo con uno dei seguenti comportamenti strutturali:
a) comportamento strutturale non dissipativo,
oppure
b) comportamento strutturale dissipativo.
Per comportamento strutturale non dissipativo, nella valutazione della domanda tutte le membrature e i collegamenti rimangono in campo elastico o sostanzialmente elastico; la domanda derivante dall‘azione sismica e dalle altre azioni è calcolata, in funzione dello stato limite cui ci si riferisce, ma indipendentemente dalla tipologia strutturale e senza tener conto delle non linearità di materiale, attraverso un modello elastico (v. § 7.2.6)
Per comportamento strutturale dissipativo, nella valutazione della domanda un numero elevato di membrature e/o collegamenti evolvono in campo plastico, mentre la restante parte della struttura rimane in campo elastico o sostanzialmente elastico; la domanda derivante dall‘azione sismica e dalle altre azioni è calcolata, in funzione dello stato limite cui ci si riferisce e della tipologia strutturale, tenendo conto della capacità dissipativa legata alle non linearità di materiale. Se la capacità dissipativa è presa in conto implicitamente attraverso il fattore di comportamento q (v. § 7.3), si adotta un modello elastico; se la capacità dissipativa è presa in conto esplicitamente, si adotta un’adeguata legge costitutiva (v. § 7.2.6).

Classi di duttilità
Una costruzione a comportamento strutturale dissipativo deve essere progettata per conseguire una delle due Classi di Duttilità
(CD):
? Classe di Duttilità Alta (CD”A”), a elevata capacità dissipativa, oppure;
? Classe di Duttilità Media (CD”B”), a media capacità dissipativa.
La differenza tra le due classi risiede nell’entità delle plasticizzazioni previste, in fase di progettazione, sia a livello locale sia a livello globale.

Progettazione in capacità e fattori di sovraresistenza
Sia per la CD”A” sia per la CD”B”, s’impiegano i procedimenti tipici della progettazione in capacità. Nelle sole costruzioni di muratura, essi s’impiegano dove esplicitamente specificato.
Questa progettazione ha lo scopo di assicurare alla struttura dissipativa un comportamento duttile ed opera come segue:
– distingue gli elementi e i meccanismi, sia locali sia globali, in duttili e fragili;
– mira ad evitare le rotture fragili locali e l’attivazione di meccanismi globali fragili o instabili;
– mira a localizzare le dissipazioni di energia per isteresi in zone degli elementi duttili a tal fine individuate e progettate, dette
“dissipative” o “duttili”, coerenti con lo schema strutturale adottato.
Tali fini possono ritenersi conseguiti progettando la capacità in resistenza allo SLV degli elementi/meccanismi fragili, locali e globali, in modo che sia maggiore di quella degli elementi/meccanismi duttili ad essi alternativi. Per assicurare il rispetto di tale diseguaglianza, a livello sia locale sia globale, l‘effettiva capacità in resistenza degli elementi/meccanismi duttili è incrementata mediante un opportuno coefficiente ?Rd, detto “fattore di sovraresistenza”; a partire da tale capacità maggiorata si dimensiona la capacità degli elementi/meccanismi fragili indesiderati, alternativi ai duttili.
Per ogni tipologia strutturale:
– occorre assicurare, anche solo su base deduttiva a partire dai fattori di sovraresistenza ?Rd da utilizzare nella progettazione in capacità a livello locale, un adeguato fattore di sovraresistenza ?Rd dei meccanismi globali fragili. Ove non esplicitamente specificato nella presente norma, tale fattore deve essere almeno pari a 1,25;
i fattori di sovraresistenza ?Rd da utilizzare nella progettazione in capacità a livello locale per i diversi elementi strutturali e le singole verifiche, sono riassunti nella tabella seguente:

La domanda di resistenza valutata con i criteri della progettazione in capacità può essere assunta non superiore alla domanda di resistenza valutata per il caso di comportamento strutturale non dissipativo.
Le strutture di fondazione e i relativi elementi strutturali devono essere progettati sulla base della domanda ad essi trasmessa dalla struttura sovrastante (si veda § 7.2.5) attribuendo loro comportamento strutturale non dissipativo, indipendentemente dal comportamento attribuito alla struttura su di essi gravante.
I collegamenti realizzati con dispositivi di vincolo temporaneo, di cui al § 11.9, devono sostenere la domanda allo SLV (vedi § 7.3) maggiorata di un coefficiente ?Rd almeno pari a 1,5.

Spostamenti relativi in appoggi mobili
Gli appoggi mobili devono essere dimensionati per consentire, sotto l’azione sismica corrispondente allo SLC, uno spostamento relativo nella direzione d’interesse tra le due parti della struttura che essi collegano, valutato come:
? = ?Es+ ?Eg
dove:
?Es è lo spostamento relativo tra le due parti della struttura, valutato come radice quadrata della somma dei quadrati dei massimi spostamenti orizzontali nella direzione d’interesse delle due parti; tali massimi spostamenti sono calcolati, nel caso di analisi lineare, secondo il § 7.3.3.3 o, nel caso di analisi non lineare, secondo il § 7.3.4; per i ponti, lo spostamento relativo così ottenuto deve essere moltiplicato per 1,25,
?Eg è lo spostamento relativo tra il terreno alla base delle due parti della struttura collegate dall’appoggio mobile, calcolato come indicato al § 3.2.4.2. Per la trasmissione di forze orizzontali tra parti della struttura non è mai consentito confidare sull’attrito conseguente ai carichi gravitazionali, salvo per dispositivi espressamente progettati per tale scopo.

Zone dissipative e relativi dettagli costruttivi
Nel caso di comportamento strutturale dissipativo il comportamento sismico della struttura è largamente dipendente dal comportamento delle sue zone dissipative, esse devono formarsi ove previsto e mantenere, in presenza di azioni cicliche, la capacità di trasmettere le necessarie sollecitazioni e di dissipare energia, garantendo la capacità in duttilità relativa alla classe di duttilità scelta. I dettagli costruttivi delle zone dissipative e delle connessioni tra queste zone e le restanti parti della struttura, nonché dei diversi elementi strutturali tra loro, sono fondamentali per un corretto comportamento sismico e devono essere esaurientemente specificati negli elaborati di progetto.


cap. 7.2.3 – modificati i ‘Criteri generali di progettazione degli elementi secondari’
Alcuni elementi strutturali possono venire considerati “secondari”. Sia la rigidezza che la resistenza di tali elementi vengono ignorate nell’analisi della risposta e tali elementi vengono progettati per resistere ai soli carichi verticali. Tali elementi tuttavia devono essere in grado di assorbire le deformazioni della struttura soggetta all’azione sismica di progetto, mantenendo la capacità portante nei confronti dei carichi verticali; pertanto, limitatamente al soddisfacimento di tale requisito, agli elementi “secondari” si applicano i particolari costruttivi definiti per gli elementi strutturali.
[…]
Con l’esclusione dei soli tamponamenti interni di spessore non superiore a 100 mm, gli elementi costruttivi senza funzione strutturale il cui danneggiamento può provocare danni a persone, devono essere verificati, insieme alle loro connessioni alla struttura, per l’azione sismica corrispondente a ciascuno degli stati limite considerati. 
Elementi secondari
Alcuni elementi strutturali possono essere considerati “secondari”; nell’analisi della risposta sismica, la rigidezza e la resistenza alle azioni orizzontali di tali elementi possono essere trascurate. Tali elementi sono progettati per resistere ai soli carichi verticali e per seguire gli spostamenti della struttura senza perdere capacità portante. Gli elementi secondari e i loro collegamenti devono quindi essere progettati e dotati di dettagli costruttivi per sostenere i carichi gravitazionali, quando soggetti a spostamenti causati dalla più sfavorevole delle condizioni sismiche di progetto allo SLC, valutati, nel caso di analisi lineare, secondo il § 7.3.3.3, oppure, nel caso di analisi non lineare, secondo il § 7.3.4.
[…]

Elementi costruttivi non strutturali
Per elementi costruttivi non strutturali s’intendono quelli con rigidezza, resistenza e massa tali da influenzare in maniera significativa la risposta strutturale e quelli che, pur non influenzando la risposta strutturale, sono ugualmente significativi ai fini della sicurezza e/o dell’incolumità delle persone.
La capacità degli elementi non strutturali, compresi gli eventuali elementi strutturali che li sostengono e collegano, tra loro e alla struttura principale, deve essere maggiore della domanda sismica corrispondente a ciascuno degli stati limite da considerare (v. § 7.3.6). Quando l’elemento non strutturale è costruito in cantiere, è compito del progettista della struttura individuare la domanda e progettarne la capacità in accordo a formulazioni di comprovata validità ed è compito del direttore dei lavori verificarne la corretta esecuzione; quando invece l’elemento non strutturale è assemblato in cantiere, è compito del progettista della struttura individuare la domanda, è compito del fornitore e/o dell’installatore fornire elementi e sistemi di collegamento di capacità adeguata ed è compito del direttore dei lavori verificarne il corretto assemblaggio.
[…]
Sostituita la formulazione semplificata per la valutazione di Sa, con ‘In assenza di specifiche determinazioni, per Sa e qa può farsi utile riferimento a documenti di comprovata validità’
Sa è l’accelerazione massima, adimensionalizzata rispetto a quella di gravità, che l’elemento strutturale subisce durante il sisma e corrisponde allo stato limite in esame.


cap. 7.2.5 – migliorate le specifiche per i ‘Requisiti strutturali degli elementi di fondazione’
Le azioni trasmesse in fondazione derivano dall’analisi del comportamento dell’intera opera, in genere condotta esaminando la sola struttura in elevazione alla quale sono applicate le azioni statiche e sismiche. Per le strutture progettate sia per CD “A” sia per CD “B” il dimensionamento delle strutture di fondazione e la verifica di sicurezza del complesso fondazione-terreno devono essere eseguiti assumendo come azioni in fondazione le resistenze degli elementi strutturali soprastanti. Più precisamente, la forza assiale negli elementi strutturali verticali derivante dalla combinazione delle azioni di cui al § 3.2.4 deve essere associata al concomitante valore resistente del momento flettente e del taglio; si richiede tuttavia che tali azioni risultino non maggiori di quelle trasferite dagli elementi soprastanti, amplificate con un ?Rd pari a 1,1 in CD “B” e 1,3 in CD “A”, e comunque non maggiori di quelle derivanti da una analisi elastica della struttura in elevazione eseguita con un fattore di struttura q pari a 1. 

 

Le fondazioni superficiali devono essere progettate per rimanere in campo elastico. Non sono quindi necessarie armature specifiche per ottenere un comportamento duttile.
Le travi di fondazione in c.a. devono avere armature longitudinali in percentuale non inferiore allo 0,2 %, sia inferiormente che superiormente, per l’intera lunghezza.

 

 

 

 

I pali in calcestruzzo devono essere armati per tutta la lunghezza, con un’area non inferiore allo 0,3% di quella del calcestruzzo. Nei casi in cui gli effetti dell’interazione cinematica terreno-struttura siano considerati rilevanti, sui pali deve essere assunta la condizione di sollecitazione più sfavorevole estesa a tutta la lunghezza del palo.
L’impiego di pali inclinati è da evitare. Nei casi in cui sia necessario farne uso, i pali devono essere dimensionati per sopportare con adeguato margine sicurezza le sollecitazioni che derivano dall’analisi del complesso fondazione-terreno in condizioni sismiche.
È da evitare la formazione di cerniere plastiche nei pali di fondazione. Qualora non fosse possibile escluderne la formazione, le corrispondenti sezioni devono essere progettate per un comportamento duttile e opportunamente confinate. L’armatura perimetrale di confinamento dei pali di fondazione, di diametro non inferiore a 8 mm, deve essere costituita da spirale continua per tutti i tratti interessati da potenziali cerniere plastiche. In tali tratti, assunti di dimensione almeno pari a 3 volte il diametro, e comunque per uno sviluppo, a partire dalla testa del palo, di almeno 10 diametri, l’armatura longitudinale deve avere area non inferiore all’1% di quella del calcestruzzo.

 

 

 

 

 

 

 

 
 
[…]
Il collegamento tra le strutture di fondazione non è necessario per profili stratigrafici di tipo A e per siti ricadenti in zona 4.

Le azioni trasmesse in fondazione derivano dall’analisi del comportamento dell’intera opera, in genere condotta esaminando la sola struttura in elevazione alla quale sono applicate le pertinenti combinazioni delle azioni di cui al § 2.5.3.
Sia per CD“A” sia per CD“B” il dimensionamento delle strutture di fondazione e la verifica di sicurezza del complesso fondazione?terreno devono essere eseguiti assumendo come azione in fondazione, trasmessa dagli elementi soprastanti, una tra le seguenti:
? quella derivante dall’analisi strutturale eseguita ipotizzando comportamento strutturale non dissipativo (v. § 7.3);
? quella derivante dalla capacità di resistenza a flessione degli elementi (calcolata per la forza assiale derivante dalla combinazione delle azioni di cui al § 2.5.3), congiuntamente al taglio determinato da considerazioni di equilibrio;
? quella trasferita dagli elementi soprastanti nell’ipotesi di comportamento strutturale dissipativo, amplificata di un coefficiente pari a 1,30 in CD“A” e 1,10 in CD“B”;

Fondazioni superficiali
Le strutture delle fondazioni superficiali devono essere progettate per le azioni definite al precedente capoverso, assumendo un comportamento non dissipativo; non sono quindi necessarie armature specifiche per ottenere un comportamento duttile.
Le platee di fondazione in calcestruzzo armato devono avere armature longitudinali, secondo due direzioni ortogonali e per l’intera estensione, in percentuale non inferiore allo 0,1% dell’area della sezione trasversale della platea, sia inferiormente sia superiormente.
Le travi di fondazione in calcestruzzo armato devono avere, per l’intera lunghezza, armature longitudinali in percentuale non inferiore allo 0,2% dell’area della sezione trasversale della trave, sia inferiormente sia superiormente.

Fondazioni su pali
I pali in calcestruzzo devono essere armati, per tutta la lunghezza, con una armatura longitudinale in percentuale non inferiore allo
0,3% dell’area della sezione trasversale del palo e un’armatura trasversale costituita da staffe o da spirali di diametro non inferiore a 8 mm, passo non superiore a 8 volte il diametro delle barre longitudinali.
Qualora non fosse possibile escludere il raggiungimento della capacità dei pali, devono essere soddisfatte le seguenti condizioni:
se la capacità è raggiunta in prossimità della testa del palo, deve considerarsi una zona dissipativa estesa fino a una profondità pari ad almeno dieci diametri; se la capacità è raggiunta in profondità, per esempio in corrispondenza di contatti tra strati di terreno di rigidezza molto diversa (§7.11.5.3.2), deve considerarsi una zona dissipativa a cavallo dei contatti avente estensione pari ad almeno cinque diametri;
nelle zone dissipative le sezioni devono essere progettate per esibire un comportamento duttile per effetto delle azioni di calcolo;
In tali zone dissipative l’armatura longitudinale deve avere area non inferiore all’1% dell’area della sezione trasversale del palo, mentre l’armatura trasversale deve essere costituita da staffe singole di passo non superiore a 6 volte il diametro delle barre longitudinali.
In assenza di specifiche valutazioni della capacità di duttilità, devono essere rispettate le seguenti prescrizioni:
la capacità per taglio deve essere almeno pari ad 1,3 volte della corrispondente domanda;
nelle zone dissipative la tensione normale media agente su ciascuna sezione, in corrispondenza delle combinazioni sismiche delle azioni, deve essere inferiore a 0,45 fcd;
il momento flettente calcolato in campo elastico deve essere inferiore a 1,5 MRd, dove MRd è la capacità a flessione di progetto del palo, calcolata per i livelli di sollecitazione assiale presenti nelle combinazioni sismiche delle azioni.
L’uso di pali inclinati deve essere esplicitamente giustificato. Il dimensionamento di questi pali deve derivare, con un adeguato margine di sicurezza, da una specifica analisi d’interazione del complesso fondazione?terreno in condizioni sismiche.

Collegamenti orizzontali tra gli elementi di fondazione


cap. 7.2.6 – modificate le specifiche per la modellazione dell’azione sismica
[…]
Nella definizione dell’azione sismica sulla struttura, è possibile tenere conto della modifica del moto sismico indotta dall’interazione fondazione-terreno. A meno di analisi numeriche avanzate, la fondazione può essere schematizzata con vincoli visco-elastici, caratterizzati da opportuna impedenza dinamica. Questa schematizzazione può rendersi necessaria per strutture alte e snelle, nelle quali gli effetti del secondo ordine non sono trascurabili, e per strutture fondate su terreni molto deformabili (Vs < 100 m/s). Conseguentemente, con i criteri di cui al § 7.11.2, nel calcolo dell’impedenza dinamica è necessario tener conto della dipendenza delle caratteristiche di rigidezza e smorzamento dal livello deformativo.
Per le fondazioni miste, come specificato al § 6.4.3, l’interazione fra il terreno, i pali e la struttura di collegamento deve essere studiata con appropriate modellazioni, allo scopo di pervenire alla determinazione dell’aliquota dell’azione di progetto trasferita al terreno direttamente dalla struttura di collegamento e dell’aliquota trasmessa ai pali. Nei casi in cui l’interazione sia considerata non significativa o, comunque, si ometta la relativa analisi, le verifiche SLV e SLD, condotte quindi con riferimento ai soli pali, devono soddisfare quanto riportato al punto § 7.11.5.3.2. Nei casi in cui si consideri significativa tale interazione e si svolga la relativa analisi, le verifiche SLV e SLD, condotte con riferimento ai soli pali, devono soddisfare quanto riportato ai §§ 6.4.3.3 e 6.4.3.4, ove le azioni e le resistenze di progetto ivi menzionate sono da intendersi determinate secondo quanto specificato nel presente Cap. 7.
[…]
[…]
La domanda sismica può essere valutata considerando gli effetti di interazione terreno?struttura di tipo sia inerziale sia cinematico, nonché definendo l’input sismico di progetto tramite analisi di risposta sismica locale. Per le relative procedure dovranno essere utilizzati metodi e modelli di comprovata validità.
Non è ammesso l’uso di storie temporali del moto del suolo artificiali o con componenti artificiali per le analisi di risposta sismica locale e per analisi di interazione terreno struttura che prevedano legami costitutivi isteretici per la modellazione del sottosuolo, coerentemente con le indicazioni del § 3.2.3.6.
In quanto alla domanda sismica ed alla risposta strutturale valgono le seguenti limitazioni:
a) I valori dello spettro di risposta elastico in accelerazione delle componenti dell’azione sismica di progetto, valutato assumendo il 5 % di smorzamento ed ottenuto tramite analisi di risposta sismica locale e/o di interazione terreno struttura, devono essere almeno pari al 70 % di quelli del corrispondente spettro di risposta elastico in accelerazione per sottosuolo di tipo A, come definito al § 3.2.3.2.
b) Ove si effettuino analisi di interazione terreno struttura, la risultante globale di taglio e sforzo normale trasmessa all’estradosso della fondazione della costruzione deve essere almeno pari al 70 % di quella ottenuta da identico modello strutturale con vincoli fissi all’estradosso della fondazione e con input sismico corrispondente allo spettro di risposta per sottosuolo tipo A, come definito al § 3.2.3.2.
E? possibile considerare la deformabilità del complesso fondazione?terreno e la sua capacità dissipativa, utilizzando ad esempio vincoli viscoelastici caratterizzati da un’opportuna impedenza dinamica. In tal caso, è necessario tener conto della dipendenza delle caratteristiche di rigidezza e smorzamento dal livello deformativo nel terreno.
Per le fondazioni miste, come specificato al § 6.4.3, l’interazione fra terreno, pali e struttura di collegamento deve essere studiata con appropriate modellazioni, allo scopo di pervenire alla determinazione dell’aliquota dell’azione di progetto trasferita al terreno direttamente dalla struttura di collegamento e dell’aliquota trasmessa ai pali.
[…]

cap. 7.3 – introdotto il fattore di comportamento ‘q’ in relazione alle diverse tipologie di modellazione dell’azione sismica
 L’entità della domanda con la quale confrontare la capacità della struttura, secondo i criteri definiti al § 7.3.6, può essere valutata utilizzando una delle modellazioni descritte in precedenza ed adottando uno fra i metodi di analisi illustrati nel seguito.
I metodi di analisi si articolano in lineari e non lineari, in funzione delle caratteristiche della struttura e del modello di comportamento adottato.
Nel caso di analisi lineare, la domanda sismica per strutture a comportamento sia non dissipativo, sia dissipativo, può essere ridotta utilizzando un opportuno fattore di comportamento q. I valori attribuibili a q variano in funzione del comportamento strutturale (dissipativo o non dissipativo) e dello stato limite considerati, legandosi all’entità delle plasticizzazioni, che a ciascuno stato limite si accompagnano.
Per ciascuno degli stati limite e dei metodi di analisi considerati, nella tabella successiva sono riportati:
? per l’analisi lineare, il comportamento strutturale, le modalità di modellazione dell’azione sismica e i limiti da attribuire al fattore di comportamento q, a seconda dello stato limite considerato;
? per l’analisi non lineare, il comportamento strutturale, le modalità di modellazione dell’azione sismica.

Il limite superiore del fattore q allo SLV è specificato, per tutte le tipologie strutturali, nel § 7.3.1, richiamandolo poi, per i diversi materiali, nei successivi paragrafi specifici.


cap. 7.3.1 – modificate le specifiche per l’applicazione di analisi lineari e non lineari
Analisi lineare
L’analisi lineare può essere utilizzata per calcolare gli effetti delle azioni sismiche sia nel caso di sistemi dissipativi sia nel caso di sistemi non dissipativi. Quando si utilizza l’analisi lineare per sistemi non dissipativi, come avviene per gli stati limite di esercizio, gli effetti delle azioni sismiche sono calcolati, quale che sia la modellazione per esse utilizzata, riferendosi allo spettro di progetto ottenuto assumendo un fattore di struttura q unitario (§ 3.2.3.4). La resistenza delle membrature e dei collegamenti deve essere valutata in accordo con le regole presentate nei capitoli precedenti, non essendo necessario soddisfare i requisiti di duttilità fissati nei paragrafi successivi.Quando si utilizza l’analisi lineare per sistemi dissipativi, come avviene per gli stati limite ultimi, gli effetti delle azioni sismiche sono calcolati, quale che sia la modellazione per esse utilizzata, riferendosi allo spettro di progetto ottenuto assumendo un fattore di struttura q maggiore dell’unità (§ 3.2.3.5). La resistenza delle membrature e dei collegamenti deve essere valutata in accordo con le regole presentate nei capitoli precedenti, essendo necessario soddisfare i requisiti di duttilità fissati nei paragrafi successivi.
Il valore del fattore di struttura q da utilizzare per ciascuna direzione della azione sismica, dipende dalla tipologia strutturale, dal suo grado di iperstaticità e dai criteri di progettazione adottati e prende in conto le non linearità di materiale. Esso può essere calcolato tramite la seguente espressione:
q = q0 × KR
dove:
q0 è il valore massimo del fattore di struttura che dipende dal livello di duttilità attesa, dalla tipologia strutturale e dal rapporto au/a1 tra il valore dell’azione sismica per il quale si verifica la formazione di un numero di cerniere plastiche tali da rendere la struttura labile e quello per il quale il primo elemento strutturale raggiunge la plasticizzazione a flessione;
KR è un fattore riduttivo che dipende dalle caratteristiche di regolarità in altezza della costruzione, con valore pari ad 1 per costruzioni regolari in altezza e pari a 0,8 per costruzioni non regolari in altezza.

 

 

 

 

 

 

 

[…]
Analisi non lineare
L’analisi non lineare si utilizza per sistemi dissipativi e tiene conto delle non linearità di materiale e geometriche; queste ultime possono essere trascurate nei casi precedentemente precisati. I legami costitutivi utilizzati devono includere la perdita di resistenza e la resistenza residua, se significativi.

Analisi lineare
L’analisi lineare può essere utilizzata per calcolare la domanda sismica nel caso di comportamento strutturale sia non dissipativo sia dissipativo (§ 7.2.2). In entrambi i casi, la domanda sismica è calcolata, quale che sia la modellazione utilizzata per l’azione sismica, riferendosi allo spettro di progetto (§ 3.2.3.4 e § 3.2.3.5) ottenuto, per ogni stato limite, assumendo per il fattore di comportamento q, i limiti riportati nella tabella 7.3.I con i valori dei fattori di base q0 riportati in Tab. 7.3.II.
Nel caso di comportamento strutturale dissipativo (§ 7.2.2), il valore del fattore di comportamento q, da utilizzare per lo stato limite considerato e nella direzione considerata per l’azione sismica, dipende dalla tipologia strutturale, dal suo grado di
iperstaticità e dai criteri di progettazione adottati e tiene conto, convenzionalmente, delle capacità dissipative del materiale. Le strutture possono essere classificate come appartenenti ad una tipologia in una direzione orizzontale e ad un’altra tipologia nella direzione orizzontale ortogonale alla precedente, utilizzando per ciascuna direzione il fattore di comportamento corrispondente.
Il limite superiore qlim del fattore di comportamento relativo allo SLV è calcolato tramite la seguente espressione:
qlim = q0 × KR
dove:
q0 è il valore base del fattore di comportamento allo SLV, i cui massimi valori sono riportati in tabella 7.3.II in dipendenza della Classe di Duttilità, della tipologia strutturale, del coefficiente ? di cui al § 7.9.2.1 e del rapporto ?u/?1 tra il valore dell’azione sismica per il quale si verifica la plasticizzazione in un numero di zone dissipative tale da rendere la struttura un meccanismo e quello per il quale il primo elemento strutturale raggiunge la plasticizzazione a flessione; la scelta di q0 deve essere esplicitamente giustificata;
KR è un fattore che dipende dalle caratteristiche di regolarità in altezza della costruzione, con valore pari ad 1 per costruzioni regolari in altezza e pari a 0,8 per costruzioni non regolari in altezza.

[…]
Qualora la domanda in resistenza allo SLV risulti inferiore a quella allo SLD, si può scegliere di progettare la capacità in resistenza sulla base della domanda allo SLD invece che allo SLV. In tal caso il fattore di comportamento allo SLV deve essere scelto in modo che le ordinate dello spettro di progetto per lo SLV siano non inferiori a quelle dello spettro di progetto per lo SLD.

[…]
Per le strutture a comportamento strutturale non dissipativo si adotta un fattore di comportamento qND, ridotto rispetto al valore minimo relativo alla CD”B” (Tab. 7.3.II) secondo l’espressione:
1 < qND = 2/3 qCD’B’< 1,5

Analisi non lineare
L’analisi non lineare può essere utilizzata sia per sistemi strutturali a comportamento non dissipativo, sia per sistemi strutturali a comportamento dissipativo (§ 7.2.2) e tiene conto delle non linearità di materiale e geometriche. Nei sistemi strutturali a comportamento dissipativo i legami costitutivi utilizzati devono tener conto anche della riduzione di resistenza e della resistenza residua, se significative.


cap. 7.3.3 – maggiori specifiche per l’applicazione dell’eccentricità accidentale in analisi lineare, sia statica che dinamica
 Sia per analisi lineare dinamica, sia per analisi lineare statica, si deve tenere conto dell’eccentricità accidentale del centro di massa.
Per gli edifici, gli effetti di tale eccentricità possono essere determinati mediante l’applicazione di carichi statici costituiti da momenti torcenti di valore pari alla risultante orizzontale della forza agente al piano, determinata come in § 7.3.3.2, moltiplicata per l’eccentricità accidentale del baricentro delle masse rispetto alla sua posizione di calcolo, determinata come in § 7.2.6.

cap. 7.3.3.2 – modificata la valutazione dell’azione sismica con l’analisi sismica statica equivalente
Per costruzioni civili o industriali che non superino i 40 m di altezza e la cui massa sia approssimativamente uniformemente distribuita lungo l’altezza, T1 può essere stimato, in assenza di calcoli più dettagliati, utilizzando la formula seguente:
T1 = C H3/4
dove: H è l’altezza della costruzione, in metri, dal piano di fondazione e Cl vale 0,085 per costruzioni con struttura a telaio in acciaio, 0,075 per costruzioni con struttura a telaio in calcestruzzo armato e 0,050 per costruzioni con qualsiasi altro tipo di struttura.[…]
Per gli edifici, se le rigidezze laterali e le masse sono distribuite simmetricamente in pianta, gli effetti torsionali accidentali di cui al § 7.2.6 possono essere considerati amplificando le sollecitazioni su ogni elemento resistente, calcolate con la distribuzione fornita dalla formula
(7.3.6), attraverso il fattore (d) risultante dalla seguente espressione:
? = 1 + 0,6 x / Le
dove:
x è la distanza dell’elemento resistente verticale dal baricentro geometrico di piano, misurata perpendicolarmente alla direzione dell’azione sismica considerata;
Le è la distanza tra i due elementi resistenti più lontani, misurata allo stesso modo.
Per costruzioni civili o industriali che non superino i 40 m di altezza e la cui massa sia distribuita in modo approssimativamente uniforme lungo l’altezza, T1 (in secondi) può essere stimato, in assenza di calcoli più dettagliati, utilizzando la formula seguente:
T1 = 2 d1/2
dove d è lo spostamento laterale elastico del punto più alto dell’edificio, espresso in metri, dovuto alla combinazione di carichi [2.5.7] applicata nella direzione orizzontale.

 

[…]
Eliminato il riferimento alla valutazione degli effetti torsionali con la valutazione del parametro ?
Si applica l’eccentricità di cui sopra.

 

 


cap. 7.3.3.3 – modificata la valutazione degli spostamenti della struttura
 […]
Gli spostamenti allo SLC si possono ottenere, in assenza di più accurate valutazioni che considerino l’effettivo rapporto delle ordinate spettrali in spostamento, moltiplicando per 1,25 gli spostamenti allo SLV.

cap. 7.3.4 – migliori specifiche per l’applicazione dell’analisi non lineare dinamica e statica
7.3.4.1 Analisi non lineare statica
[…]
Questo tipo di analisi può essere utilizzato soltanto se ricorrono le condizioni di applicabilità nel seguito precisate per le distribuzioni principali (Gruppo 1); in tal caso esso si utilizza per gli scopi e nei casi seguenti:
– valutare i rapporti di sovraresistenza au/a1 di cui ai §§ 7.4.3.2, 7.4.5.1, 7.5.2.2, 7.6.2.2, 7.7.3,
7.8.1.3 e 7.9.2.1;
– verificare l’effettiva distribuzione della domanda inelastica negli edifici progettati con il fattore di struttura q;
– come metodo di progetto per gli edifici di nuova costruzione sostitutivo dei metodi di analisi lineari;
– come metodo per la valutazione della capacità di edifici esistenti.
[…]7.3.4.2 Analisi non lineare dinamica
L’analisi non lineare dinamica consiste nel calcolo della risposta sismica della struttura mediante integrazione delle equazioni del moto, utilizzando un modello non lineare della struttura e gli accelerogrammi definiti al § 3.2.3.6. Essa ha lo scopo di valutare il comportamento dinamico della struttura in campo non lineare, consentendo il confronto tra duttilità richiesta e duttilità disponibile, nonché di verificare l’integrità degli elementi strutturali nei confronti di possibili comportamenti fragili.

7.3.4.1 Analisi non lineare statica
[…]
Gruppo 1 – Distribuzioni principali:
– distribuzione proporzionale alle forze statiche di cui al § 7.3.3.2, applicabile solo se il modo di vibrare fondamentale nella direzione considerata ha una partecipazione di massa non inferiore al
75% ed a condizione di utilizzare come seconda distribuzione la 2 a);
– distribuzione corrispondente ad una distribuzione di accelerazioni proporzionale alla forma del modo di vibrare, applicabile solo se il modo di vibrare fondamentale nella direzione considerata ha una partecipazione di massa non inferiore al 75%;
– distribuzione corrispondente alla distribuzione dei tagli di piano calcolati in un’analisi dinamica lineare, applicabile solo se il periodo fondamentale della struttura è superiore a TC.
Gruppo 2 – Distribuzioni secondarie:
a) distribuzione uniforme di forze, da intendersi come derivata da una distribuzione uniforme di accelerazioni lungo l’altezza della costruzione;
b) distribuzione adattiva, che cambia al crescere dello spostamento del punto di controllo in funzione della plasticizzazione della struttura.
L’analisi richiede che al sistema strutturale reale venga associato un sistema strutturale equivalente ad un grado di libertà.

7.3.4. Analisi non lineare dinamica o statica
L’analisi non lineare, dinamica o statica, si può utilizzare, tra gli altri, per gli scopi e nei casi seguenti:
? valutare gli spostamenti relativi allo SL di interesse;
? eseguire le verifiche di duttilità relative allo SLC;
? individuare la distribuzione della domanda inelastica nelle costruzioni progettate con il fattore di comportamento q;
? valutare i rapporti di sovraresistenza ?u/?1 di cui ai §§ 7.4.3.2, 7.4.5.1, 7.5.2.2, 7.6.2.2, 7.7.3, 7.8.1.3 e 7.9.2.1;
? come metodo di progetto per gli edifici di nuova costruzione, in alternativa ai metodi di analisi lineare;
? come metodo per la valutazione della capacità di edifici esistenti.

7.3.4.1 Analisi non lineare dinamica
L’analisi non lineare dinamica consiste nel calcolo della risposta sismica della struttura mediante integrazione delle equazioni del moto, utilizzando un modello non lineare della struttura e le storie temporali del moto del terreno definite al § 3.2.3.6. Essa ha lo scopo di valutare il comportamento dinamico della struttura in campo non lineare, consentendo il confronto tra duttilità richiesta e duttilità disponibile allo SLC e le relative verifiche, nonché di verificare l’integrità degli elementi strutturali nei confronti di possibili comportamenti fragili.

7.3.4.2 Analisi non lineare statica
L’analisi non lineare statica richiede che al sistema strutturale reale sia associato un sistema strutturale equivalente non lineare.
Nel caso in cui il sistema equivalente sia ad un grado di libertà, a detto sistema strutturale equivalente si applicano i carichi gravitazionali […]

Gruppo 1 ? Distribuzioni principali:
? se il modo di vibrare fondamentale nella direzione considerata ha una partecipazione di massa non inferiore al 75% si applica una delle due distribuzioni seguenti:
–distribuzione proporzionale alle forze statiche di cui al § 7.3.3.2, utilizzando come seconda distribuzione la a) del
Gruppo 2,
–distribuzione corrispondente a un andamento di accelerazioni proporzionale alla forma del modo fondamentale di vibrare nella direzione considerata;
? in tutti i casi può essere utilizzata la distribuzione corrispondente all’andamento delle forze di piano agenti su ciascun orizzontamento calcolate in un’analisi dinamica lineare, includendo nella direzione considerata un numero di modi con partecipazione di massa complessiva non inferiore allo 85%. L’utilizzo di questa distribuzione è obbligatorio se il periodo fondamentale della struttura è superiore a 1,3 TC
Gruppo 2 ? Distribuzioni secondarie:
a) distribuzione di forze, desunta da un andamento uniforme di accelerazioni lungo l’altezza della costruzione;
b) distribuzione adattiva, che cambia al crescere dello spostamento del punto di controllo in funzione della plasticizzazione della struttura;
c) distribuzione multimodale, considerando almeno sei modi significativi.


cap. 7.3.6 – migliorate le specifiche per il rispetto dei requisiti agli stati limite
Le verifiche nei confronti degli stati limite ultimi degli elementi strutturali, degli elementi non strutturali e degli impianti si effettuano in termini di resistenza e di duttilità.Per tutti gli elementi strutturali primari e secondari, gli elementi non strutturali e gli impianti si deve verificare che il valore di ciascuna domanda di progetto, definito dalla tabella 7.3.III per ciascuno degli stati limite richiesti, sia inferiore al corrispondente valore della capacità di progetto.
Le verifiche degli elementi strutturali primari (ST) si eseguono, come sintetizzato nella tabella 7.3.III, in dipendenza della Classe d’Uso (CU):
– nel caso di comportamento strutturale non dissipativo, in termini di rigidezza (RIG) e di resistenza (RES), senza applicare le regole specifiche dei dettagli costruttivi e della progettazione in capacità;
– nel caso di comportamento strutturale dissipativo, in termini di rigidezza (RIG), di resistenza (RES) e di duttilità (DUT) (quando richiesto), applicando le regole specifiche dei dettagli costruttivi e della progettazione in capacità.
Le verifiche degli elementi strutturali secondari si effettuano solo in termini di duttilità.
Le verifiche degli elementi non strutturali (NS) e degli impianti (IM) si effettuano in termini di funzionamento (FUN) e stabilità (STA), come sintetizzato nella tabella 7.3.III, in dipendenza della Classe d’Uso (CU).

Le verifiche allo stato limite di prevenzione del collasso (SLC), a meno di specifiche indicazioni, si svolgono soltanto in termini di duttilità e solo qualora le verifiche in duttilità siano espressamente richieste (v.§7.3.6.1)


cap. 7.3.6 – modificate e migliorate le specifiche per le verifiche degli elementi strutturali
7.3.7.2 Verifiche degli elementi strutturali in termini di contenimento del danno agli elementi non strutturali
Per le costruzioni ricadenti in classe d’uso I e II si deve verificare che l’azione sismica di progetto non produca agli elementi costruttivi senza funzione strutturale danni tali da rendere la costruzione temporaneamente inagibile.
Nel caso delle costruzioni civili e industriali, qualora la temporanea inagibilità sia dovuta a spostamenti eccessivi interpiano, questa condizione si può ritenere soddisfatta quando gli spostamenti interpiano ottenuti dall’analisi in presenza dell’azione sismica di progetto relativa allo
SLD (v. § 3.2.1 e § 3.2.3.2) siano inferiori ai limiti indicati nel seguito
a) per tamponamenti collegati rigidamente alla struttura che interferiscono con la deformabilità della stessa
dr < 0,005 h (7.3.16)
b) per tamponamenti progettati in modo da non subire danni a seguito di spostamenti di interpiano
drp, per effetto della loro deformabilità intrinseca ovvero dei collegamenti alla struttura:
dr ? drp ? 0,01 h (7.3.17)
c) per costruzioni con struttura portante in muratura ordinaria
dr < 0,003 h (7.3.18)
d) per costruzioni con struttura portante in muratura armata
dr < 0,004 h
dove:
dr è lo spostamento interpiano, ovvero la differenza tra gli spostamenti al solaio superiore ed inferiore, calcolati secondo i §§ 7.3.3 o 7.3.4,
h è l’altezza di interpiano
In caso di coesistenza di diversi tipi di tamponamenti o struttura portante nel medesimo piano della costruzione, deve essere assunto il limite di spostamento più restrittivo. Qualora gli spostamenti di interpiano siano superiori a 0,005 h (caso b) le verifiche della capacità di spostamento degli elementi non strutturali vanno estese a tutti i tamponamenti, alle tramezzature interne ed agli impianti.
Per le costruzioni ricadenti in classe d’uso III e IV si deve verificare che l’azione sismica di progetto non produca danni agli elementi costruttivi senza funzione strutturale tali da rendere temporaneamente non operativa la costruzione.
Nel caso delle costruzioni civili e industriali questa condizione si può ritenere soddisfatta quando gli spostamenti interpiano ottenuti dall’analisi in presenza dell’azione sismica di progetto relativa allo SLO (v. § 3.2.1 e § 3.2.3.2) siano inferiori ai 2/3 dei limiti in precedenza indicati.

7.3.6.1 Verifiche degli elementi strutturali in termini di resistenza
Per tutti gli elementi strutturali, inclusi nodi e connessioni tra elementi, deve essere verificato che il valore di progetto di ciascuna sollecitazione (Ed), calcolato in generale comprendendo gli effetti delle non linearità geometriche e le regole di gerarchia delle resistenze indicate per le diverse tecniche costruttive, sia inferiore al corrispondente valore della resistenza di progetto (Rd).
In particolare gli orizzontamenti devono essere in grado di trasmettere le forze ottenute dall’analisi, aumentate del 30 %. La resistenza di progetto delle membrature e dei collegamenti è valutata in accordo con le regole presentate nei capitoli precedenti, integrate dalle regole di progettazione definite di volta in volta nei successivi paragrafi.
Se la resistenza dei materiali è giustificatamente ridotta (anche sulla base di apposite prove sperimentali) per tener conto del degrado per deformazioni cicliche, ai coefficienti parziali di sicurezza sui materiali ?M si attribuiscono i valori precisati nel Cap. 4 per le situazioni eccezionali.

 7.3.6.2 Verifiche degli elementi strutturali in termini di duttilità e capacità di deformazione
Deve essere verificato che i singoli elementi strutturali e la struttura nel suo insieme possiedano una duttilità coerente con il fattore di struttura q adottato. Questa condizione si può ritenere soddisfatta applicando le regole di progetto specifiche e di gerarchia delle resistenze indicate per le diverse tipologie costruttive.
Alternativamente, e coerentemente con modello e metodo di analisi utilizzato, si deve verificare che la struttura possieda una capacità di spostamento superiore alla domanda.

7.3.6.1 Elementi strutturali (ST)
Verifiche di rigidezza (RIG)
La condizione in termini di rigidezza sulla struttura si ritiene soddisfatta qualora la conseguente deformazione degli elementi strutturali non produca sugli elementi non strutturali danni tali da rendere la costruzione temporaneamente inagibile.
Nel caso delle costruzioni civili e industriali, qualora la temporanea inagibilità sia dovuta a spostamenti di interpiano eccessivi, questa condizione si può ritenere soddisfatta quando gli spostamenti di interpiano ottenuti dall’analisi in presenza dell’azione sismica di progetto corrispondente allo SL e alla CU considerati siano inferiori ai limiti indicati nel seguito.
Per le CU I e II ci si riferisce allo SLD (v. Tab. 7.3.III) e deve essere:
a) per tamponature collegate rigidamente alla struttura, che interferiscono con la deformabilità della stessa:
q dr< 0,0050 h per tamponature fragili
q dr< 0,0075 h per tamponature duttili
b) per tamponature progettate in modo da non subire danni a seguito di spostamenti d’interpiano drp, per effetto della loro deformabilità intrinseca ovvero dei collegamenti alla struttura:
q dr< drp< 0,0100 h
c) per costruzioni con struttura portante di muratura ordinaria
q dr< 0,0020 h
d) per costruzioni con struttura portante di muratura armata
q dr< 0,0030 h
e) per costruzioni con struttura portante di muratura confinata
q dr< 0,0025 h
dove:
dr è lo spostamento di interpiano, ovvero la differenza tra gli spostamenti del solaio superiore e del solaio inferiore, calcolati, nel caso di analisi lineare, secondo il § 7.3.3.3 o, nel caso di analisi non lineare, secondo il § 7.3.4, sul modello di calcolo non comprensivo delle tamponature,
h è l’altezza del piano.
Per le CU III e IV ci si riferisce allo SLO (v. Tab. 7.3.III) e gli spostamenti d’interpiano devono essere inferiori ai 2/3 dei limiti in precedenza indicati.
In caso di coesistenza di diversi tipi di tamponamento o struttura portante nel medesimo piano della costruzione, deve essere assunto il limite di spostamento più restrittivo. Qualora gli spostamenti di interpiano siano superiori a 0,005 h (caso b), le verifiche della capacità di spostamento degli elementi non strutturali vanno estese a tutti i tamponature, alle tramezzature interne ed agli impianti.

Verifiche di resistenza (RES)
Si deve verificare che i singoli elementi strutturali e la struttura nel suo insieme possiedano una capacità in resistenza sufficiente a soddisfare la domanda allo SLV.
La capacità in resistenza delle membrature e dei collegamenti è valutata in accordo con le regole contenute nei capitoli precedenti, integrate dalle regole di progettazione definite di volta in volta nei successivi paragrafi.
Per le strutture a comportamento dissipativo, la capacità delle membrature è calcolata con riferimento al loro comportamento ultimo, come definito di volta in volta nei successivi paragrafi.
Per le strutture a comportamento non dissipativo, la capacità delle membrature è calcolata con riferimento al loro comportamento elastico o sostanzialmente elastico, come definito di volta in volta nei successivi paragrafi.
La resistenza dei materiali può essere ridotta per tener conto del degrado per deformazioni cicliche, giustificandolo sulla base di apposite prove sperimentali. In tal caso, ai coefficienti parziali di sicurezza sui materiali ?M si attribuiscono i valori precisati nel Cap. 4 per le situazioni eccezionali.

Verifiche di duttilità (DUT)
Si deve verificare che i singoli elementi strutturali e la struttura nel suo insieme possiedano una capacità in duttilità:
? nel caso di analisi lineare, coerente con il fattore di comportamento q adottato e i relativi spostamenti, quali definiti in
7.3.3.3;
? nel caso di analisi non lineare, sufficiente a soddisfare la domanda in duttilità evidenziata dall’analisi.
Nel caso di analisi lineare la verifica di duttilità si può ritenere soddisfatta, rispettando per tutti gli elementi strutturali, sia primari sia secondari, le regole specifiche per i dettagli costruttivi precisate nel presente capitolo per le diverse tipologie costruttive; tali regole sono da considerarsi aggiuntive rispetto a quanto previsto nel cap. 4 e a quanto imposto dalle regole della progettazione in capacità, il cui rispetto è comunque obbligatorio per gli elementi strutturali primari delle strutture a comportamento dissipativo.
Per strutture a comportamento dissipativo, qualora non siano rispettate le regole specifiche dei dettagli costruttivi, quali precisate nel presente capitolo, occorrerà procedere a verifiche di duttilità.
Per le sezioni allo spiccato dalle fondazioni o dalla struttura scatolare rigida di base di cui al § 7.2.1 degli elementi strutturali verticali primari la verifica di duttilità, indipendentemente dai particolari costruttivi adottati, è necessaria qualora non diversamente specificato nei paragrafi successivi relativi alle diverse tipologie costruttive, accertando che la capacità in duttilità della costruzione sia almeno pari:
– a 1,2 volte la domanda in duttilità locale, valutata in corrispondenza dello SLV, nel caso si utilizzino modelli lineari,
– alla domanda in duttilità locale e globale allo SLC, nel caso si utilizzino modelli non lineari.
Le verifiche di duttilità non sono dovute nel caso di progettazione con q ? 1,5.


cap. 7.3.6 – migliorate le specifiche per le verifiche degli elementi non strutturali e degli impianti
7.3.6.3 Verifiche degli elementi non strutturali e degli impianti
Per gli elementi costruttivi senza funzione strutturale debbono essere adottati magisteri atti ad evitare collassi fragili e prematuri e la possibile espulsione sotto l’azione della Fa (v. § 7.2.3) corrispondente allo SLV.
Per ciascuno degli impianti principali, gli elementi strutturali che sostengono e collegano i diversi elementi funzionali costituenti l’impianto tra loro ed alla struttura principale devono avere resistenza sufficiente a sostenere l’azione della Fa (v. § 7.2.4) corrispondente allo SLV.

7.3.7.3 Verifiche degli impianti in termini di mantenimento della funzionalità
Per le costruzioni ricadenti in classe d’uso III e IV, si deve verificare che gli spostamenti strutturali o le accelerazioni (a seconda che gli impianti siano più vulnerabili per effetto dei primi o delle seconde) prodotti dalle azioni relative allo SLO non siano tali da produrre interruzioni d’uso degli impianti stessi.

7.3.6.2 Elementi non strutturali (NS)
Verifiche di stabilità (STA)
Per gli elementi non strutturali devono essere adottati magisteri atti ad evitare la possibile espulsione sotto l’azione della Fa (v. § 7.2.3) corrispondente allo SL e alla CU considerati.

 

 

 
7.3.6.3 Impianti (IM)
Verifiche di funzionamento (FUN)
Per gli impianti, si deve verificare che gli spostamenti strutturali o le accelerazioni (a seconda che gli impianti siano più vulnerabili all’effetto dei primi o delle seconde) prodotti dalle azioni relative allo SL e alla CU considerati non siano tali da produrre interruzioni d’uso degli impianti stessi.

Verifiche di stabilità (STA)
Per ciascuno degli impianti principali, i diversi elementi funzionali costituenti l’impianto, compresi gli elementi strutturali che li sostengono e collegano, tra loro e alla struttura principale, devono avere capacità sufficiente a sostenere la domanda corrispondente allo SL e alla CU considerati.


cap. 7.4.1 – migliorate e integrate le disposizioni di progetto delle strutture in calcestruzzo soggette ad azione sismica
L’impostazione delle presenti norme, con le regole di progetto che da essa discendono, prevede che le costruzioni in cemento armato posseggano in ogni caso una adeguata capacità di dissipare energia in campo inelastico per azioni cicliche ripetute, senza che ciò comporti riduzioni significative della resistenza nei confronti delle azioni sia verticali che orizzontali.Nel caso di comportamento strutturale non dissipativo, la capacità delle membrature deve essere valutata in accordo con le regole di cui al § 4.1, senza nessun requisito aggiuntivo, a condizione che in nessuna sezione si superi il momento resistente massimo in campo sostanzialmente elastico, come definito al § 4.1.2.3.4.2. Per i nodi trave?pilastro di strutture a comportamento non dissipativo si devono applicare le regole di progetto relative alla CD “B” contenute nel § 7.4.4.3. Per le strutture prefabbricate a comportamento non dissipativo si devono applicare anche le regole generali contenute nel § 7.4.5.
Nel caso di comportamento strutturale dissipativo, la struttura deve essere concepita e dimensionata in modo tale che, sotto l’azione sismica relativa allo SLV, essa dia luogo alla formazione di un meccanismo dissipativo stabile fino allo SLC, nel quale la dissipazione sia limitata alle zone a tal fine previste. La capacità delle membrature e dei collegamenti deve essere valutata in accordo con le regole di cui dal § 7.1 al § 7.3, integrate dalle regole di progettazione e di dettaglio fornite dal § 7.4.4 al § 7.4.6. Nel valutare la capacità, si può tener conto dell’effetto del confinamento (v. § 4.1.2.1.2.1), purché si consideri la perdita dei copriferri al raggiungimento, in essi, della deformazione ultima di compressione del calcestruzzo non confinato (0,35%). Al riguardo, nel valutare la capacità degli elementi strutturali, sono ammesse tre diverse strategie di progettazione:
1) si trascura l’effetto del confinamento;
2) si considera l’effetto del confinamento per tutti gli elementi strutturali;
3) si considera l’effetto del confinamento per tutti gli elementi verticali secondari e per le zone dissipative allo spiccato dalle fondazioni o dalla struttura scatolare rigida di base di cui al § 7.2.1 degli elementi primari verticali (pilastri e pareti).
Le strutture devono essere progettate in maniera tale che i fenomeni di degrado e riduzione di rigidezza che si manifestano nelle zone dissipative non pregiudichino la stabilità globale della struttura.
Gli elementi non dissipativi delle strutture dissipative e i collegamenti tra le parti dissipative ed il resto della struttura devono possedere una capacità sufficiente a consentire lo sviluppo della plasticizzazione ciclica delle parti dissipative. Il rispetto delle presenti norme è volto a garantire tali principi.
Se tamponature di muratura appositamente progettate come collaboranti costituiscono parte del sistema strutturale resistente al sisma, si raccomanda che la loro progettazione e realizzazione siano eseguite in accordo con documenti di comprovata validità.

cap. 7.4.3.1 – modificate le ‘Tipologie strutturali’ in calcestruzzo
[…] 

 

 

 

– strutture deformabili torsionalmente, composte da telai e/o pareti, la cui rigidezza torsionale non soddisfa ad ogni piano la condizione r/ls > 0,8, nella quale:
r2 = rapporto tra rigidezza torsionale e flessionale di piano
ls2 = (L2 + B2)/12, con L e B dimensioni in pianta del piano

[…]
? strutture a pendolo inverso intelaiate monopiano, nelle quali almeno il 50% della massa è nel terzo superiore dell’altezza della costruzione, in cui i pilastri sono incastrati in sommità alle travi lungo entrambe le direzioni principali dell’edificio. In ogni caso, per questo tipo di strutture, la forza assiale non può eccedere il 30% della resistenza a compressione della sola sezione di calcestruzzo;

? strutture deformabili torsionalmente, composte da telai e/o pareti, la cui rigidezza torsionale non soddisfa ad ogni piano la condizione r2/ls2 ? 1, nella quale:
r2 = raggio torsionale al quadrato è, per ciascun piano, il rapporto tra la rigidezza torsionale rispetto al centro di rigidezza laterale e la maggiore tra le rigidezze laterali, tenendo conto dei soli elementi strutturali primari, per strutture a telaio o a pareti (purché snelle e a deformazione prevalentemente flessionale), r2 può essere valutato, per ogni piano, riferendosi ai momenti d’inerzia flessionali delle sezioni degli elementi verticali primari.
ls2 = per ogni piano, è il rapporto fra il momento d’inerzia polare della massa del piano rispetto ad un asse verticale passante per il centro di massa del piano e la massa stessa del piano; nel caso di piano a pianta rettangolare ls2 = (L2 + B2)/12, essendo L e B le dimensioni in pianta del piano.


cap. 7.4.4 – integrate le specifiche per il dimensionamento e la verifica degli elementi strutturali con comportamento non dissipativo
 […]
Per le strutture, o parti di esse, progettate con comportamento strutturale non dissipativo, la capacità delle membrature soggette a flessione o pressoflessione deve essere calcolata, a livello di sezione, al raggiungimento della curvatura di prima
plasticizzazione ?yd di cui al § 7.4.4.1.2.

cap. 7.4.4.1.2 – modificate e meglio specificate le verifiche in duttilità per le travi
Le indicazioni successive si applicano solo agli elementi strutturali principali delle strutture in elevazione. Per essi si effettuano verifiche di resistenza, nei modi indicati nei §§ 7.3.6.1 e 7.3.7.1, e verifiche di duttilità, in accordo con il § 7.3.6.2. Qualora non si proceda ad un’analisi non lineare, le verifiche di duttilità si possono effettuare controllando che la duttilità di curvatura ?? nelle zone critiche risulti

dove T1 è il periodo proprio fondamentale della struttura.
La duttilità di curvatura mj può essere calcolata come rapporto tra la curvatura cui corrisponde una riduzione del 15% della massima resistenza a flessione ovvero il raggiungimento delle deformazioni ultime del calcestruzzo ecu o dell’acciaio euk e la curvatura al limite di snervamento e deve risultare almeno 1,5 volte la duttilità di curvatura calcolata con le espressioni (7.4.1).

La duttilità si quantifica mediante il fattore di duttilità che, per ciascuno dei parametri abitualmente considerati (curvatura, spostamento), è il rapporto tra il valore massimo raggiunto dal parametro in esame e il valore del parametro stesso all’atto della prima plasticizzazione.
Qualora sia necessario verificare (ai sensi del § 7.3.6.1) che la struttura possieda una capacità in duttilità, locale e globale, superiore alla corrispondente domanda si deve operare come segue, riferendosi alla duttilità in curvatura (locale) e alla duttilità in spostamento (globale).
La domanda in duttilità di curvatura allo SLC nelle zone dissipative, espressa mediante il fattore di duttilità in curvatura ??, qualora non si proceda ad una determinazione diretta mediante analisi non lineare, può essere valutata in via approssimata come:

dove T1 è il periodo proprio fondamentale della struttura.
La capacità in duttilità di curvatura può essere calcolata come indicato al § 4.1.2.3.4.2.
Tra il fattore di duttilità in spostamento ?d (v. § 7.3.3.3) e il fattore di duttilità in curvatura ?? sussiste la relazione ?? = 2?d ?1 (usualmente conservativa per le strutture in c.a.), mentre tra il fattore di duttilità in spostamento ?d e il fattore di comportamento q sussistono le relazioni [7.3.9] (v. § 7.3.3.3).


cap. 7.4.4.2.2 – migliorate le verifiche dei pilastri, esplicitata la verifica in duttilità
 Vale quanto enunciato al § 7.4.4.1.2.

cap. 7.4.4.3 – modificate le verifiche dei nodi non confinati
La verifica di resistenza del nodo deve essere effettuata per le sole strutture in CD”A”.Limitazione eliminata

cap. 7.4.4.5 – integrate e migliorate le specifiche di progettazione e verifica delle pareti
 […]
Le pareti si definiscono snelle se il rapporto hw/lw > 2, tozze in caso contrario, essendo hw l’altezza totale della parete (v. fig. 7.4.3) misurata a partire dalla sua base

7.4.4.5.1 Verifiche di resistenza (RES)
Nel caso di pareti semplici, la verifica di resistenza si esegue con riferimento al rettangolo di base avente dimensione maggiore lw e dimensione minore bw. A tal fine si intende per base della parete l’estradosso del suo piano di fondazione o la sommità della struttura scatolare interrata avente diaframmi rigidi e pareti perimetrali; in quest’ultimo caso la verifica della struttura scatolare di base è comunque necessaria

Nel caso di pareti composte, la verifica di resistenza si esegue considerando la parte di sezione costituita dalle anime parallele, o approssimativamente parallele, alla direzione dell’azione sismica esaminata ed assumendo che la larghezza efficace della flangia su ciascun lato dell’anima considerata si estenda, dalla faccia dell’anima, del valore minimo tra (v. fig. 7.4.3):
a) la larghezza reale (lf) della flangia;
b) il 25% dell’altezza totale della parete (hw) al di sopra del livello considerato;
c) la metà della distanza (d) tra anime adiacenti.
Tra pareti sismiche primarie (v. §7.2.3) è permessa, per la singola parete, una ridistribuzione degli effetti dell’azione sismica fino al 30%, purché non si verifichi una riduzione della domanda totale di resistenza delle pareti. Si raccomanda che le forze di taglio siano ridistribuite insieme con i momenti flettenti, in modo tale che nelle singole pareti il rapporto tra i momenti flettenti e le forze di taglio non vari in maniera apprezzabile. Nelle pareti soggette a grandi variazioni dell’azione assiale, come per esempio nelle pareti accoppiate, si raccomanda che i momenti e i tagli siano ridistribuiti dalle pareti soggette a modesta compressione o a trazione semplice a quelle soggette a un’elevata compressione assiale.
Tra travi di collegamento di pareti accoppiate è permessa, per la singola trave, una ridistribuzione degli effetti dell’azione sismica fino al 20%, purché non vari l’azione assiale sismica alla base di ogni singola parete.

7.4.4.5.2 Verifiche di duttilità (DUT)
La domanda in duttilità di curvatura nelle zone dissipative delle pareti può essere espressa mediante il fattore di duttilità in curvatura ??; qualora non si proceda ad una determinazione diretta mediante analisi non lineare, tale domanda può essere valutata attribuendo a ?? i valori forniti dalle [7.4.3] del § 7.4.4.1.2 con il valore di q in queste espressioni ridotto del fattore
MEd/MRd, dove MEd è il momento flettente di progetto alla base della parete fornito dall’analisi nella situazione sismica di progetto e MRd è la resistenza flessionale di progetto.
La capacità in duttilità di curvatura può essere calcolata, in termini di fattore di duttilità in curvatura ??, come rapporto tra la curvatura ?u cui corrisponde una riduzione del 15% della massima resistenza a flessione – oppure il raggiungimento della deformazione ultima del calcestruzzo e/o dell’acciaio – e la curvatura convenzionale ?yd di prima plasticizzazione quale definita nel § 4.1.2.3.4.2.
Nelle sole regioni di estremità della sezione trasversale, dette “elementi di bordo”, si può tener conto, nel calcolo della capacità, dell’effetto del confinamento purché congiuntamente all’espulsione dei copriferri al raggiungimento, in essi, della deformazione ultima di compressione del calcestruzzo non confinato (0,35%); gli elementi di bordo (zone campite di fig. 7.4.6) si assumono di larghezza b0 pari alla larghezza bw della sezione diminuita dello spessore dei copriferri e di lunghezza lC pari all’estensione della zona nella quale la deformazione a compressione del calcestruzzo supera ?cu2=0,35%. In ogni caso:
lc > max(0,15 lw ,1,5 bw)

Il valore di xu si ricava dalla condizione di equilibrio della sezione nella combinazione di progetto sismica facendo riferimento, per la valutazione della deformazione ultima del calcestruzzo ?cu2,c, alla quantità di armatura di confinamento effettivamente presente (v. § 4.1.2.1.2.1).
Nel caso si utilizzi la formulazione semplificata indicata al § 7.4.6.2.4 per eseguire la verifica di duttilità, si può porre
lc > max(0,20 lw ,1,5 bw)


cap. 7.4.5 – modificate le disposizioni di progetto per le strutture prefabbricate
 

 

 

 

Le presenti norme prendono in considerazione le seguenti tipologie di sistemi strutturali, già definite nel § 7.4.3.1[…] In aggiunta si considerano anche le seguenti categorie:
– strutture a pannelli;
– strutture monolitiche a cella;
– strutture a pilastri isostatici (strutture monopiano, con elementi di copertura sostenuti da appoggi fissi gravanti su pilastri isostatici).

[…]
Per la trasmissione di forze orizzontali tra parti della struttura non è mai consentito confidare sull’attrito conseguente ai carichi gravitazionali, salvo in presenza di dispositivi espressamente progettati per tale scopo.
[…]
Si considerano le tipologie di sistemi strutturali già definite al § 7.4.3.1 con, in aggiunta, le seguenti:
? strutture a pannelli;
? strutture monolitiche a cella;
? strutture con pilastri incastrati alla base ed orizzontamenti ad essi incernierati.

 

[…]
Nelle strutture con pilastri incastrati alla base e orizzontamenti collegati ad essi mediante cerniere fisse, la dissipazione di energia avviene unicamente nelle sezioni dei pilastri allo spiccato dalle fondazioni o dalla struttura scatolare rigida di base di cui al § 7.2.1. Per assicurare l’efficacia di tale dissipazione, in tali zone è richiesta la verifica di duttilità, indipendentemente dai particolari costruttivi adottati. A tal fine, non è consentito il ricorso alla [7.4.29] di cui al § 7.4.6.2.2.

7.4.5.2 Collegamenti
[…] Per strutture a pilastri incastrati alla base e orizzontamenti collegati ad essi, il collegamento tra pilastro ed elemento orizzontale deve essere di tipo cerniera (rigida o elastica). Appoggi mobili sono possibili in corrispondenza di giunti. Le travi prefabbricate in semplice appoggio devono essere strutturalmente connesse ai pilastri o alle pareti (di supporto). Le connessioni devono assicurare la trasmissione delle forze orizzontali nella situazione sismica di progetto senza fare affidamento sull’attrito. Ciò vale anche per le connessioni tra gli elementi secondari dell’impalcato e le travi portanti.
[…]
Strutture a pilastri incastrati alla base e orizzontamenti ad essi incernierati
I collegamenti ad appoggio mobile sono consentiti per le sole strutture monopiano e devono essere dimensionati come indicato al § 7.2.2.
In aggiunta alle precedenti regole generali, nelle strutture a comportamento dissipativo si applicano anche le seguenti regole specifiche.
Per le strutture monopiano, la resistenza a taglio dei collegamenti a cerniera non deve essere inferiore alla forza orizzontale necessaria per indurre nella sezione di base del pilastro un momento flettente pari al momento resistente ultimo, moltiplicata per un fattore di sovraresistenza ?Rd di cui alla Tab. 7.2.I.
Per le strutture pluripiano, i collegamenti a cerniera devono essere dimensionati nei confronti della forza di piano in equilibrio con il diagramma del taglio risultante dalle indicazioni fornite nella sezione “Pilastri” del § 7.4.5.3.


cap. 7.4.6 – integrate e migliorate le specifiche dei dettagli costruttivi per i pilastri
Geometria
Se q, quale definito nel § 7.3.1, risulta >0,1, l’altezza della sezione non deve essere inferiore ad un decimo della maggiore tra le distanze tra il punto in cui si annulla il momento flettente e le estremità del pilastro. 

 

 

Armatura trasversale
Il diametro delle staffe di contenimento e legature deve essere non inferiore a 6 mm
[…] Si devono disporre staffe in un quantitativo minimo non inferiore a

in cui Ast è l’area complessiva dei bracci delle staffe, bst è la distanza tra i bracci più esterni delle staffe ed s è il passo delle staffe.

Geometria
Se ?, quale definito nel § 7.3.1, risulta > 0,1, la dimensione della sezione trasversale nella direzione parallela al piano d’inflessione non deve essere inferiore ad un ventesimo della maggiore tra le distanze tra il punto in cui si annulla il momento flettente e le estremità del pilastro. Quest’ultima limitazione geometrica non si applica quando gli effetti del secondo ordine siano presi in conto incrementando gli effetti dell’azione sismica di un fattore pari a 1/(1??) quando ? è compreso tra 0,1 e 0,2 o computati attraverso un’analisi non lineare quando ? è compreso tra 0,2 e 0,3.
Armatura trasversale
Il diametro delle staffe di contenimento e legature deve essere non inferiore a:
max [6 mm; (0,4 dbl,max (fyd,l / fyd,st)1/2] per CD”A” e 6 mm per CD”B”, dove dbl,max è il diametro massimo delle barre longitudinali, fyd,l  e fyd,st sono, rispettivamente, la tensione di snervamento di progetto delle barre longitudinali e delle staffe.
[…] In ogni caso alle estremità di tutti i pilastri primari, per una lunghezza pari a quella delle zone dissipative, il rapporto ?wd definito in [7.4.30] deve essere non minore di 0,08.

Dettagli costruttivi per la duttilità
Per le zone dissipative allo spiccato dei pilastri primari e per le zone terminali di tutti i pilastri secondari devono essere eseguite le verifiche di duttilità indicate al § 7.4.4.2.2. In alternativa, tali verifiche possono ritenersi soddisfatte se, per ciascuna zona dissipativa, si rispettano le limitazioni seguenti:

dove: n è il numero totale di barre longitudinali contenute lateralmente da staffe o legature, bi è la distanza tra barre consecutive contenute e s è il passo delle staffe;
b) per sezioni trasversali circolari con diametro del nucleo confinato D0 (con riferimento alla linea media delle staffe)

dove: n è il numero totale di barre longitudinali contenute lateralmente da staffe o legature, bi è la distanza tra barre consecutive contenute, ? = 2 per staffe circolari singole, ? = 1 per staffa a spirale.


cap. 7.4.6 – integrate e migliorate le specifiche di limitazione di armatura per i nodi trave-pilastro
Indipendentemente da quanto richiesto dalla verifica nel § 7.4.4.3.1, lungo le armature longitudinali del pilastro che attraversano i nodi non confinati devono essere disposte staffe di contenimento in quantità almeno pari alla maggiore prevista nelle zone del pilastro inferiore e superiore adiacenti al nodo. Questa regola può non essere osservata nel caso di nodi interamente confinati.
Per i nodi non confinati, appartenenti a strutture sia in CD”A” che in CD”B”, le staffe orizzontali presenti lungo l’altezza del nodo devono verificare la seguente condizione:

nella quale nst ed Ast sono rispettivamente il numero di bracci e l’area della sezione trasversale della barra della singola staffa orizzontale, i è l’interasse delle staffe, e bj è la larghezza utile del
nodo determinata come segue:
260
– se la trave ha una larghezza bw superiore a quella del pilastro bc, allora bj è il valore minimo fra
bw e bc + hc/2, essendo hc la dimensione della sezione della colonna parallela alla trave;
– se la trave ha una larghezza bw inferiore a quella del pilastro bc, allora bj è il valore minimo fra
bc e bw + hc/2.

Oltre a quanto richiesto dalla verifica nel § 7.4.4.3.1, lungo le armature longitudinali del pilastro che attraversano i nodi devono essere disposte staffe di contenimento in quantità almeno pari alla maggiore prevista nelle zone adiacenti al nodo del pilastro inferiore e superiore; nel caso di nodi interamente confinati il passo risultante dell’armatura di confinamento orizzontale nel nodo può essere raddoppiato, ma non può essere maggiore di 15 cm.

cap. 7.4.6 – integrate e migliorate le specifiche di limitazione di armatura per le pareti
Nella zona critica si individuano alle estremità della parete due zone confinate aventi per lati lo spessore della parete e una lunghezza “confinata” lc pari al 20% della lunghezza in pianta l della parete stessa e comunque non inferiore a 1,5 volte lo spessore della parete. In tale zona il rapporto geometrico r dell’armatura totale verticale, riferito all’area confinata, deve essere compreso entro i seguenti limiti:
1% < ? < 4%
Nelle zone confinate l’armatura trasversale deve essere costituita da barre di diametro non inferiore a 6 mm, disposti in modo da fermare una barra verticale ogni due con un passo non superiore a 8 volte il diametro della barra o a 10 cm. Le barre non fissate devono trovarsi a meno di 15 cm da una barra fissata
Nelle parti della parete, in pianta ed in altezza, al di fuori di una zona dissipativa, vanno seguite le regole del Capitolo 4, con un’armatura minima verticale e orizzontale, finalizzata a controllare la fessurazione da taglio, avente rapporto geometrico ? riferito, rispettivamente, all’area della sezione orizzontale e verticale almeno pari allo 0,2%. Tuttavia, in quelle parti della sezione dove, nella situazione sismica di progetto, la deformazione a compressione ?c è maggiore dello 0,2%, si raccomanda di fornire un rapporto geometrico di armatura verticale ? ? 0,5%.
[…]

Armature longitudinali
Negli elementi di bordo delle zone dissipative l’armatura longitudinale deve rispettare le prescrizioni fornite per le zone dissipative dei pilastri primari nel § 7.4.6.2.2.

Armature trasversali

Negli elementi di bordo delle zone dissipative l’armatura trasversale deve rispettare le prescrizioni fornite per le zone dissipative dei pilastri primari nel § 7.4.6.2.2.

Dettagli costruttivi per la duttilità
Per le zone dissipative di base delle pareti primarie devono essere eseguite le verifiche di duttilità indicate al § 7.4.4.5.2. In alternativa, tali verifiche possono ritenersi soddisfatte se, per ciascuna zona dissipativa, il rapporto volumetrico di armatura trasversale negli elementi di bordo rispetta le limitazioni seguenti:

dove i simboli hanno il significato della [7.4.29] e
?v = ?v fydv /fcd essendo ?v  fydv  rispettivamente, il rapporto geometrico e la resistenza di snervamento di progetto dell’armatura verticale al di fuori degli elementi di bordo.


cap. 7.5 – semplificate le specifiche per i materiali da impiegare per le costruzioni in acciaio
Il coefficiente di sovraresistenza del materiale, ?Rd, è definito come il rapporto fra il valore medio fy,m della tensione di snervamento e il valore caratteristico fyk nominale. In assenza di valutazioni specifiche si possono assumere i valori indicati nella Tab. 7.5.I.

Se la tensione di snervamento fyk dell’acciaio delle zone non dissipative e delle connessioni è superiore alla fy,max dell’acciaio delle zone dissipative, è possibile assumere ?Rd=1,00.

La distribuzione delle proprietà del materiale, quali la tensione di snervamento e la tenacità, nella struttura deve essere tale che le zone dissipative si formino dove stabilito nella progettazione. Ai fini della progettazione, il fattore di sovraresistenza del materiale, ?ov è assunto pari a 1,25 per gli acciai tipo S235, S275 ed S355 e pari a 1,15 per gli acciai tipo S420 e S460.

cap. 7.5.2 – migliorata la definizione delle tipologie strutturali in acciaio
[…]
d) strutture a mensola o a pendolo inverso: costituite da membrature pressoinflesse in cui le zone dissipative sono collocate alla base.
[…]
d) Strutture a mensola o a pendolo inverso: in esse almeno il 50% della massa è nel terzo superiore dell’altezza della costruzione oppure la dissipazione di energia è localizzata principalmente alla base. Strutture ad un solo piano che posseggano più di una colonna, con le estremità superiori delle colonne collegate nelle direzioni principali dell’edificio e con il valore del carico assiale normalizzato della colonna non maggiore di 0,3 in alcun punto, possono essere considerate strutture a telaio.


cap. 7.5.3 – migliorate le specifiche per la verifica in duttilità delle strutture in acciaio
7.5.3.1 Parti compresse e/o inflesse delle zone dissipative
Si deve garantire una duttilità locale sufficiente degli elementi che dissipano energia in compressione e/o flessione limitando il rapporto larghezza-spessore b/t secondo le classi di sezioni trasversali specificate nel § 4.2.2.1 delle presenti norme. In funzione della classe di duttilità e del fattore di struttura q0 usato in fase di progetto, le prescrizioni relative alle classi di sezioni trasversali di elementi in acciaio che dissipano energia, sono quelle indicate in Tab. 7.5.III.

7.5.3.2 Verifiche di duttilita’ (DUT)
In ogni zona o elemento dissipativo si deve garantire una capacità in duttilità superiore alla corrispondente domanda in duttilità.
La verifica deve essere effettuata adottando le misure di deformazione adeguate ai meccanismi duttili previsti per le diverse tipologie strutturali.
Per le tipologie indicate in § 7.5.2.1, si possono utilizzare le seguenti misure di deformazione locale ?:
? elementi inflessi o presso inflessi di strutture intelaiate: rotazione alla corda;
? elementi prevalentemente tesi e compressi di strutture controventate: allungamento complessivo della diagonale;
? elementi sottoposti a taglio e flessione di strutture con controventi eccentrici (elementi di collegamento): rotazione rigida tra l’elemento di connessione e l’elemento contiguo.
La duttilità locale è definita come segue:
?=?u/?y
La domanda in duttilità locale è definita dal rapporto tra il valore di deformazione ?u misurato mediante analisi non lineare e il valore di deformazione ?y al limite elastico. Nel caso di analisi strutturale lineare con fattore di comportamento, la domanda di deformazione può essere dedotta dal campo di spostamenti ultimi ottenuti come in § 7.3.3.3.
La capacità in duttilità locale è data dal rapporto tra la misura di deformazione al collasso ?u, valutata in corrispondenza della riduzione del 15% della massima resistenza dell’elemento, e la deformazione ?y corrispondente al raggiungimento della prima plasticizzazione.
La capacità in duttilità, quando non sia determinata mediante sperimentazione diretta, deve essere valutata utilizzando metodi di calcolo che descrivano in modo adeguato il comportamento in campo non?lineare, inclusi i fenomeni di instabilità dell’equilibrio, e tengano conto dei fenomeni di degrado connessi al comportamento ciclico.
La verifica di duttilità si ritiene comunque soddisfatta qualora siano rispettate, in funzione della classe di duttilità e del valore di base del fattore di comportamento q0 utilizzato in fase di progetto, le prescrizioni relative alle classi di sezioni trasversali per le zone/elementi dissipativi riportate in Tab. 7.5.I nonché le prescrizioni specifiche di cui ai successivi paragrafi relativi a ciascuna tipologia strutturale e sia soddisfatta, per le sezioni delle colonne primarie delle strutture a telaio in cui si prevede la formazione di zone dissipative, la relazione:
NED / NplRD < 0,3    [7.5.3]
dove NEd è il valore della domanda a sforzo normale e Npl,Rd è il valore della capacità a sforzo normale determinata secondo criteri di cui al § 4.2.4.1.2.


cap. 7.7.1 – migliorati e integrati gli aspetti concettuali della progettazione delle strutture in legno
Gli edifici sismoresistenti in legno devono essere progettati con una concezione strutturale in accordo ad uno dei seguenti comportamenti:
a) comportamento strutturale dissipativo;
b) comportamento strutturale scarsamente dissipativo.
Le strutture progettate secondo il comportamento a) devono appartenere alla CD “A” o “B”, nel rispetto dei requisiti di cui al § 7.7.3 in relazione a: tipologia strutturale, tipologia di connessione e duttilità della connessione.
Le zone dissipative debbono essere localizzate nei collegamenti; le membrature lignee debbono essere considerate a comportamento elastico, a meno che non vengano adottati per gli elementi strutturali provvedimenti tali da soddisfare i requisiti di duttilità di cui al § 7.7.3.
Le proprietà dissipative devono essere valutate sulla base di comprovata documentazione tecnico – scientifica, basata su sperimentazione dei singoli collegamenti o dell’intera struttura o su parte di essa, in accordo con normative di comprovata validità.
Per le strutture progettate secondo il comportamento b), gli effetti devono essere calcolati mediante un’analisi elastica globale, assumendo un fattore di struttura q non superiore ad 1,5.
Gli edifici sismoresistenti di legno devono essere progettati con una concezione strutturale in accordo a uno dei seguenti comportamenti, anche tenuto conto delle disposizioni di cui al § 7.7.7:
a) comportamento strutturale dissipativo;
b) comportamento strutturale non dissipativo.
Le strutture progettate secondo il comportamento strutturale dissipativo devono appartenere alla CD“A” o alla CD“B”, nel rispetto dei requisiti di cui al § 7.7.3, in relazione a: tipologia strutturale, tipologia di connessione e duttilità della connessione.
Le zone dissipative devono essere localizzate, in accordo al meccanismo di collasso duttile globale prescelto, in alcuni dei collegamenti o in elementi specificatamente progettati; le membrature lignee devono essere considerate a comportamento elastico, salvo che non siano adottati per gli elementi strutturali provvedimenti tali da soddisfare i requisiti di duttilità di cui al § 7.7.3.
Ai fini dell’applicazione dei criteri della progettazione in capacità, per assicurare la plasticizzazione delle zone dissipative (i collegamenti prescelti e/o gli elementi specificatamente progettati), queste devono possedere una capacità almeno pari alla domanda mentre le componenti non dissipative (gli altri collegamenti e gli elementi strutturali) adiacenti, debbono possedere una capacità pari alla capacità della zona dissipativa amplificata del fattore di sovraresistenza ?Rd, di cui alla Tab. 7.2.I; valori inferiori del fattore di sovraresistenza ed in ogni caso maggiori o uguali a 1,3 per CD “A” e a 1,1 per CD “B” devono essere giustificati sulla base di idonee evidenze teorico?sperimentali.
Le proprietà dissipative devono essere valutate sulla base di comprovata documentazione tecnico?scientifica, basata su sperimentazione dei singoli collegamenti o dell’intera struttura o di parte di essa, in accordo con normative di comprovata validità.
Nel caso di comportamento strutturale non dissipativo, la capacità delle membrature e dei collegamenti deve essere valutata in accordo con le regole di cui al §4.4 delle presenti norme, senza nessun requisito aggiuntivo.

cap. 7.7.3 – modificate le specifiche per le tipologie strutturali e i fattori di comportamento delle strutture in legno
[…] Tutte le strutture che non rispettano le condizioni richieste per le CD “A” o “B” si debbono considerare come strutture aventi una scarsa capacità di dissipazione energetica, alle quali si assegna un fattore di struttura q ?1,5.

Strutture isostatiche in genere, archi a due cerniere, travi reticolari con connettori, in mancanza di specifiche valutazioni, sono da considerare come strutture aventi una scarsa capacità di dissipazione energetica, alle quali si deve dunque assegnare un fattore di struttura q0 non superiore a 1,5. Si assume sempre q = q0 ´KR ³1,5, attribuendo a KR i valori indicati nel § 7.3.1.[…]
Qualora tutte le precedenti prescrizioni non siano soddisfatte, ma sia almeno assicurato lo spessore minimo degli elementi collegati pari, rispettivamente, a 8d per il caso a) e a 3d per il caso b), si devono utilizzare valori ridotti del coefficiente q0 con i valori massimi presentati in Tab. 7.7.II.

Per strutture con proprietà differenti ed indipendenti rispetto alle due direzioni orizzontali ortogonali di verifica sismica, si possono utilizzare valori differenti del fattore di struttura q0 per la valutazione degli effetti dell’azione sismica per ognuna delle due direzioni.

[…] Nel caso di strutture con comportamento dissipativo, è obbligo del Progettista giustificare la scelta dei valori assunti nei calcoli per il fattore q0, sulla base della capacità dissipativa del sistema strutturale nonché dei criteri di dimensionamento dei collegamenti, che devono essere in grado di garantire una adeguata capacità, prevenendo rotture fragili mediante una puntuale applicazione dei principi della progettazione in capacità.

 

 

 

[…]
Qualora alcune o tutte le precedenti prescrizioni non siano rispettate, ma sia almeno assicurato lo spessore minimo degli elementi collegati pari, rispettivamente, a 8d per il caso a) e a 3d per il caso b), le zone dissipative saranno da considerare in classe di duttilità CD “B”.
In alternativa alle prescrizioni di cui sopra, per le zone dissipative di classe CD “B”, i collegamenti meccanici a gambo cilindrico possono essere progettati per garantire lo sviluppo di almeno una cerniera plastica nel gambo dei connettori metallici in accordo ai meccanismi di collasso riportati nelle normative e documenti tecnici di comprovata validità di cui al Capitolo 12. Particolare attenzione dovrà essere rivolta a impedire rotture fragili tipo fessure da spacco longitudinale, espulsione di tasselli di legno, rotture a taglio e a trazione del materiale base.


cap. 7.7.6 – integrate le verifiche di sicurezza delle strutture in legno
 […] Le verifiche di duttilità (DUT) si intendono soddisfatte quando siano rispettate le regole disposizioni costruttive di cui al § 7.7.5 e le regole di dettaglio di cui al § 7.7.7.
Per la verifica di strutture progettate in conformità al concetto di comportamento strutturale dissipativo (classe di duttilità CD”A” o CD”B”), può considerarsi valido quanto riportato nelle verifiche di resistenza (RES) del § 7.3.6.1 quando siano soddisfatti i requisiti di cui al § 7.7.3 per le zone dissipative (anche sulla base di apposite prove sperimentali) e la resistenza del materiale sia opportunamente ridotta del 20% per tener conto del degrado per deformazioni cicliche.

cap. 7.8.1 – integrate e modificate le regole generali per la progettazione di strutture in muratura
7.8.1.1 Premessa
[…] Il coefficiente parziale di sicurezza da utilizzare per il progetto sismico di strutture in muratura è pari a 2. 

7.8.1.2 Materiali
[…]
– resistenza caratteristica a rottura nella direzione portante (fbk), calcolata sull’area al lordo delle forature, non inferiore a 5 MPa;

 
[…]
La malta di allettamento per la muratura ordinaria deve avere resistenza media non inferiore a 5
MPa e i giunti verticali debbono essere riempiti con malta. L’utilizzo di materiali o tipologie murarie aventi caratteristiche diverse rispetto a quanto sopra specificato deve essere autorizzato preventivamente dal Servizio Tecnico Centrale, su parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Sono ammesse murature realizzate con elementi artificiali o elementi in pietra squadrata.
È consentito utilizzare la muratura di pietra non squadrata o la muratura listata solo nei siti ricadenti in zona 4.

7.8.1.1 Premessa
[…] I coefficienti parziali di sicurezza per la resistenza del materiale forniti nel Capitolo 4 possono essere ridotti del 20% e comunque ino ad un valore non inferiore a 2.

7.8.1.2 Materiali
[…]
– resistenza caratteristica a rottura nella direzione portante (fbk), calcolata sull’area al lordo delle forature, non inferiore a 5 MPa o, in alternativa, resistenza media normalizzata nella direzione portante (fb) non inferiore a 6 MPa;
[…]
La malta di allettamento per la muratura ordinaria deve avere resistenza media non inferiore a 5 MPa.
Nel caso di utilizzo di elementi per muratura che fanno affidamento a tasche per riempimento di malta, i giunti verticali possono essere considerati riempiti se la malta è posta su tutta l’altezza del giunto su di un minimo del 40% della larghezza dell’elemento murario.
L’uso di giunti sottili (spessore compreso tra 0.5 mm e 3 mm) è consentito esclusivamente per edifici caratterizzati allo SLV, da
agS ?0,15 g, con le seguenti limitazioni:
? altezza massima, misurata in asse allo spessore della muratura: 10,5 m se agS ?0,075 g; 7 m se 0,075 g<agS ?0,15 g
? numero dei piani in muratura da quota campagna: ? 3 per agS ?0,075g; ? 2 per 0,075g <agS ?0,15g
L’uso di giunti verticali non riempiti è consentito esclusivamente per edifici caratterizzati, allo SLV, da agS ?0,075g, costituiti da un numero di piani in muratura da quota campagna non maggiore di due e altezza massima, misurata in asse allo spessore della muratura di 7 m.
Gli elementi per murature con giunti sottili e/o giunti verticali a secco debbono soddisfare le seguenti limitazioni:
? spessore minimo dei setti interni: 7 mm;
? spessore minimo dei setti esterni: 10 mm;
? percentuale massima di foratura: 55%;
Sono ammesse murature realizzate con elementi artificiali o elementi in pietra squadrata.
È consentito utilizzare la muratura di pietra non squadrata o la muratura listata solo per costruzioni caratterizzate, allo SLV, da agS?0,075g.


cap. 7.8.1.3 – modificate le modalità costruttive e i fattori di comportamento per gli edifici in muratura
Qualora non si proceda ad una analisi non lineare, possono essere adottati i seguenti valori di au/a1:
– costruzioni in muratura ordinaria ad un piano
au / a1 = 1,4
– costruzioni in muratura ordinaria a due o più piani
au / a1 = 1,8
– costruzioni in muratura armata ad un piano
au / a1 = 1,3
– costruzioni in muratura armata a due o più piani
au / a1 = 1,5
– costruzioni in muratura armata progettate con la gerarchia delle resistenze au / a1 = 1,3
Qualora non si proceda a un’analisi non lineare, possono essere adottati i seguenti valori di ?u / ?1:
– costruzioni di muratura ordinaria ?u/?1 = 1,7
– costruzioni di muratura armata ?u/?1 = 1,5
– costruzioni di muratura armata progettate con la progettazione in capacità ?u/?1 = 1,3
– costruzioni di muratura confinata ?u/?1 = 1,6
– costruzioni di muratura confinata progettate con la progettazione in capacità ?u/?1 = 1,3

cap. 7.8.1.4 – modificati i criteri di progetto e i requisiti geometrici per gli edifici in muratura

cap. 7.8.1.6 – modificate le specifiche per le verifiche con analisi statica non lineare degli edifici in muratura
[…] In ogni caso, per le costruzioni in muratura ordinaria, e per le costruzioni in muratura armata in cui non si sia applicato il criterio di gerarchia delle resistenze, nelle quali il rapporto tra il taglio totale agente sulla base del sistema equivalente ad un grado di libertà calcolato dallo spettro di risposta elastico e il taglio alla base resistente del sistema equivalente ad un grado di libertà ottenuto dall’analisi non lineare ecceda il valore 3,0, la verifica di sicurezza deve ritenersi non soddisfatta.[…] In ogni caso, sia per le costruzioni in muratura ordinaria sia per le costruzioni in muratura armata senza progettazione in capacità, la verifica di sicurezza non è soddisfatta qualora il rapporto tra taglio totale agente alla base del sistema equivalente a un grado di libertà, calcolato con lo spettro di risposta elastico, e taglio alla base resistente del sistema equivalente a un grado di libertà ottenuto dall’analisi non lineare, ecceda il valore 4,0.

cap. 7.8.1.9 – modificate le specifiche per le verifiche delle ‘Costruzioni semplici’
Si definiscono “costruzioni semplici” quelli che rispettano le condizioni di cui al 4.5.6.4 integrate con le caratteristiche descritte nel seguito, oltre a quelle di regolarità in pianta ed in elevazione definite al § 7.2.2 e quelle definite ai successivi § 7.8.3.1, 7.8.5.1, rispettivamente per le costruzioni in muratura ordinaria, e in muratura armata. Per le costruzioni semplici ricadenti in zona 2, 3 e 4 non è obbligatorio effettuare alcuna analisi e verifica di sicurezza.Si definiscono “costruzioni semplici” quelle che rispettano le condizioni di cui al § 4.5.6.4 integrate con le caratteristiche descritte nel seguito, oltre a quelle di regolarità in pianta e in elevazione definite al § 7.2.1 e quelle definite ai successivi § 7.8.6.1, 7.8.6.2 e 7.8.6.3, rispettivamente per le costruzioni di muratura ordinaria, di muratura armata e di muratura confinata. Per le costruzioni semplici aventi, allo SLV, agS?0,35g non è obbligatorio eseguire alcuna analisi e verifica di sicurezza, ma è richiesto il soddisfacimento delle seguenti condizioni integrative

cap. 7.8.2.2 – modificate le specifiche per le verifiche di sicurezza per muratura ordinaria
7.8.2.2.1 Pressoflessione nel piano
In caso di analisi statica non lineare, la resistenza a pressoflessione può essere calcolata ponendo fd pari al valore medio della resistenza a compressione della muratura, e lo spostamento ultimo può essere assunto pari allo 0,8% dell’altezza del pannello.

7.8.2.2.2 Taglio
In caso di analisi statica non lineare […] lo spostamento ultimo può essere assunto pari allo 0,4% dell’altezza del pannello.

7.8.2.2.1 Pressoflessione nel piano
In caso di analisi statica non lineare, la capacità a pressoflessione può essere calcolata ponendo fd pari al valore medio della capacità a compressione della muratura, e lo spostamento ultimo allo SLC, a meno di moti rigidi del pannello, può essere assunto pari all’1,0% dell’altezza del pannello.

7.8.2.2.2 Taglio
In caso di analisi statica non lineare […] lo spostamento ultimo allo SLC, a meno di moti rigidi del pannello, può essere assunto pari allo 0,5% dell’altezza del pannello.


cap. 7.8.3.2 – modificate le specifiche per le verifiche di sicurezza per muratura armata
7.8.2.2.1 Pressoflessione nel piano
In caso di analisi statica non lineare si adottano come valori di calcolo le resistenze medie dei materiali, e lo spostamento ultimo può essere assunto pari allo 1,2% dell’altezza del pannello.

7.8.3.2.2 Taglio
In caso di analisi statica non lineare si adottano come valori di calcolo le resistenze medie dei materiali e lo spostamento ultimo può essere assunto pari allo 0,6% dell’altezza del pannello.

7.8.3.2.1 Pressoflessione nel piano
In caso di analisi statica non lineare si adottano come valori di progetto le resistenze medie dei materiali, e lo spostamento ultimo può essere assunto pari all’1,6% dell’altezza del pannello.

7.8.3.2.2 Taglio
In caso di analisi statica non lineare si adottano come valori di progetto le resistenze medie dei materiali e lo spostamento ultimo può essere assunto pari allo 0,8% dell’altezza del pannello.


cap. 7.8.4 – aggiunto il capitolo dedicato alla muratura confinata
La progettazione e la realizzazione di costruzioni di muratura confinata deve essere eseguita in accordo con i criteri e le regole date nella UNI EN 1998?1, con le precisazioni riportate negli Annessi tecnici nazionali agli Eurocodici ed applicando le regole di dettaglio di cui al § 7.8.6.3.
[…]

7.8.6. Regole di dettaglio
7.8.6.3 Costruzioni di muratura confinata
Le costruzioni di muratura confinata dovranno essere progettate rispettando i seguenti requisiti:
? gli elementi di confinamento orizzontale e verticali dovranno essere collegati fra loro e ancorati agli elementi del sistema strutturale principale,
? per garantire un collegamento efficace fra gli elementi di confinamento e la muratura, il calcestruzzo degli elementi di confinamento dovrà essere gettato dopo la realizzazione della muratura,
? la minima dimensione trasversale degli elementi di confinamento orizzontali e verticali non dovrà essere inferiore a 150
mm. Nelle pareti a doppio foglio lo spessore degli elementi di confinamento deve garantire la connessione dei due fogli ed il loro confinamento,
? gli elementi di confinamento verticali dovranno essere posizionati:
a) lungo i bordi liberi di ogni parete strutturale,
b) su entrambi i lati delle aperture aventi area maggiore di 1,5 m2,
c) all’interno delle pareti con passo non maggiore di 5 m,
d) alle intersezioni delle pareti strutturali, in tutti i casi in cui gli elementi di confinamento più vicini siano ad una distanza superiore a 1,5 m,
? gli elementi di confinamento orizzontali dovranno essere posizionati nel piano della parete ad ogni piano e, in ogni caso, ad un passo non maggiore di 4 m,
? l’armatura longitudinale degli elementi di confinamento deve avere un’area non inferiore a 300 mm2 o all’1% della sezione dell’elemento di confinamento,
? le staffe dovranno avere diametro non inferiore a 5 mm e passo non maggiore di 15 cm,
? le lunghezze di sovrapposizione delle barre longitudinali non dovranno essere minori di 60 diametri.

cap. 7.11.1 – modificati i requisiti agli stati limite per le opere e i sistemi geotecnici
Le verifiche agli stati limite ultimi devono essere effettuate ponendo pari all’unità i coefficienti parziali sulle azioni e impiegando i parametri geotecnici e le resistenze di progetto, con i valori dei coefficienti parziali indicati nel Cap. 6.[…] Le verifiche agli stati limite ultimi di opere e sistemi geotecnici si riferiscono al solo stato limite di salvaguardia della vita (SLV) di cui al § 3.2.1; quelle agli stati limite di esercizio si riferiscono al solo stato limite di danno (SLD) di cui allo stesso § 3.2.1. Le verifiche degli stati limite ultimi in presenza di azioni sismiche devono essere eseguite ponendo pari a 1 i coefficienti parziali sulle azioni e sui parametri geotecnici e impiegando le resistenze di progetto, con i coefficienti parziali ?R indicati nel presente Capitolo 7, oppure con i ?R indicati nel Capitolo 6 laddove non espressamente specificato.

cap. 7.11.5.3.1 – modificate le specifiche di verifica delle fondazioni superficiali
La sicurezza del complesso fondazione-terreno deve essere verificata nei confronti del collasso per carico limite e per scorrimento, nel rispetto della condizione (6.2.1). 

Stato Limite Ultimo di collasso per carico limite

 

 

 Stato Limite Ultimo per collasso per scorrimento sul piano di posa

 

 
Stato Limite di Danno
In aggiunta all’analisi della sicurezza del complesso fondazione-terreno rispetto allo stato limite ultimo, devono essere condotte verifiche nei confronti dello stato limite di danno. In particolare, devono essere valutati gli spostamenti permanenti indotti dal sisma, verificando che essi siano accettabili per la fondazione e siano compatibili con la funzionalità dell’intera opera.

La capacità del complesso fondazione?terreno deve essere verificata con riferimento allo stato limite ultimo (SLV) nei confronti del raggiungimento della resistenza per carico limite e per scorrimento, nel rispetto della condizione [6.2.1] e adottando i coefficienti parziali della Tabella 7.11.II.
[…]
Stato Limite Ultimo (SLV) per carico limite
[…] Il corrispondente valore di progetto si ottiene applicando il coefficiente ?Rdi Tabella 7.11.II. Se, nel calcolo del carico limite, si considera esplicitamente l?effetto delle azioni inerziali sul volume di terreno significativo, il coefficiente ?R può essere ridotto a 1.8.

Stato Limite Ultimo (SLV) per scorrimento sul piano di posa
[…] Ai fini della verifica allo scorrimento, si può considerare la resistenza passiva solo nel caso di effettiva permanenza di tale contributo, portando in conto un’aliquota non superiore al 50%.

Stato Limite di Esercizio (SLD)
A meno dell’impiego di specifiche analisi dinamiche, in grado di fornire la risposta deformativa del sistema fondazione?terreno, la verifica nei confronti dello stato limite di danno può essere ritenuta soddisfatta impiegando le azioni corrispondenti allo SLD e determinando il carico limite di progetto con il coefficiente ?Rriportato nella Tabella 7.11.II.


cap. 7.11.5.3.2 – modificate le specifiche di verifica delle fondazioni su pali
Stati Limite Ultimi
[…] La valutazione delle resistenze del complesso pali-terreno soggetto all’azione verticale e trasversale deve essere effettuata nel rispetto delle indicazioni di cui ai §§ 7.11.2 e 7.11.5.2, tenendo conto di eventuali riduzioni di resistenza dei terreni per effetto dell’azione sismica.
[…] In presenza di moto sismico, nei pali si sviluppano sollecitazioni dovute sia alle forze inerziali trasmesse dalla sovrastruttura (interazione inerziale) sia all’interazione tra palo e terreno (interazione cinematica).
È opportuno che i momenti flettenti dovuti all’interazione cinematica siano valutati per le costruzioni di classe d’uso III e IV, per sottosuoli di tipo D o peggiori, in siti a sismicità media o alta (ag > 0,25g) e in presenza di elevati contrasti di rigidezza al contatto fra strati contigui di terreno. Le analisi per la valutazione delle sollecitazioni e degli spostamenti dei pali (dovute alle azioni inerziali e all’interazione cinematica) devono tener conto della rigidezza flessionale del palo e della dipendenza della rigidezza del terreno dallo stato tensionale e deformativo.
[…]

Stato Limite di Danno
In aggiunta all’analisi della sicurezza delle fondazioni su pali rispetto agli stati limite ultimi, devono essere condotte verifiche nei confronti degli stati limite di danno. In particolare, gli spostamenti permanenti indotti dal sisma non devono alterare significativamente la resistenza della fondazione e devono essere compatibili con la funzionalità dell’opera.

Stati Limite Ultimi
[…] In presenza di moto sismico, nei pali si sviluppano sollecitazioni dovute sia alle forze inerziali trasmesse dalla sovrastruttura (interazione inerziale) sia all’interazione tra palo e terreno dovuta allo scuotimento (interazione cinematica).
Nei casi in cui gli effetti di interazione cinematica siano considerati importanti, devono essere motivate le assunzioni di calcolo adottate e i criteri di sovrapposizione o meno di tali effetti con quelli inerziali. E’ opportuno che la valutazione degli effetti dovuti all’interazione cinematica sia effettuata per le costruzioni di Classe d’uso III e IV, per sottosuoli tipo D o peggiori, per valori di ag > 0,25g e in presenza di elevati contrasti di rigidezza al contatto tra strati contigui di terreno.
La valutazione delle resistenze del complesso pali?terreno soggetto all’azione assiale e trasversale deve essere effettuata nel rispetto delle indicazioni di cui ai §§ 7.11.2 e 7.11.5.2, ponendo particolare attenzione alla caratterizzazione geotecnica per tener conto di eventuali riduzioni di resistenza dei terreni per effetto dell’azione sismica.

 

[…]
Stato Limite di Esercizio (SLD)
A meno dell’impiego di specifiche analisi dinamiche, in grado di fornire la risposta deformativa del sistema fondazione-terreno, la verifica nei confronti dello stato limite di danno può essere ritenuta soddisfatta impiegando le azioni corrispondenti allo SLD e determinando il carico limite di progetto con il coefficiente ?Rriportato nella Tabella 6.4.II.


cap. 7.11.6.1 – integrate le regole generali di progetto delle opere di sostegno
 […] Per opere particolari con terrapieno in falda, quali le opere marittime, occorre tener conto degli effetti, diversi in ragione della permeabilità, indotti dall’azione sismica sullo scheletro solido e sull’acqua interstiziale.
In presenza di acqua libera contro la parete esterna dell’opera, si deve tenere conto dell’effetto idrodinamico indotto dal sisma, valutando le escursioni (positiva e negativa) della pressione dell’acqua rispetto a quella idrostatica.
[…] È necessario verificare che, per effetto del terremoto di progetto, il sito non sia suscettibile di liquefazione. In caso contrario, occorre predisporre le misure necessarie affinché non si verifichi tale fenomeno.

cap. 7.11.6.2 – modificate le specifiche di verifica delle opere di sostegno
7.11.6.2.1 Metodi di analisi
[…] Nella precedente espressione, il coefficiente ?m assume i valori riportati nella Tab. 7.11-II.

 

 

 
7.11.6.2.2 Verifiche di sicurezza
I muri di sostegno devono soddisfare le condizioni di stabilità globale con i metodi di analisi di cui al § 7.11.3.5 e le verifiche di sicurezza delle fondazioni di cui al § 7.11.5. In tali verifiche, si richiede il rispetto della condizione (6.2.1) con le prescrizioni di cui al § 7.11.1. Le azioni da considerare nelle analisi di sicurezza delle fondazioni sono fornite dalla spinta esercitata dal terrapieno, dalle azioni gravitazionali permanenti e dalle azioni inerziali agenti nel muro, nel terreno e negli eventuali sovraccarichi.
In aggiunta all’analisi della sicurezza nei confronti dello stato limite ultimo, devono essere condotte verifiche nei confronti dello stato limite di danno. In particolare, gli spostamenti permanenti indotti dal sisma devono essere compatibili con la funzionalità dell’opera e con quella di eventuali strutture o infrastrutture interagenti con essa.

7.11.6.2.1 Metodi di analisi
[…] Nella precedente espressione, il coefficiente di riduzione dell’accelerazione massima attesa al sito è pari a:
?m = 0.38 nelle verifiche allo stato limite ultimo (SLV)
?m = 0.47 nelle verifiche allo stato limite di esercizio (SLD).
[…] Lo stato limite di ribaltamento deve essere trattato impiegando coefficienti parziali unitari sulle azioni e sui parametri geotecnici (§ 7.11.1) e utilizzando valori di ?m incrementati del 50 % rispetto a quelli innanzi indicati e comunque non superiori all’unità.

7.11.6.2.2 Verifiche di sicurezza
Per muri di sostegno ubicati in corrispondenza di versanti o in prossimità di pendii naturali devono essere soddisfatte le condizioni di stabilità del pendio, in presenza della nuova opera, con i metodi di analisi di cui al § 7.11.3.5. Deve inoltre essere soddisfatta la verifica di stabilità del complesso muro?terreno con i criteri indicati al § 7.11.4 nonché le verifiche di sicurezza delle fondazioni al § 7.11.5.
Nelle verifiche di sicurezza si deve controllare che la resistenza del sistema sia maggiore delle azioni nel rispetto della condizione [6.2.1], ponendo pari all’unità i coefficienti parziali sulle azioni e sui parametri geotecnici (§ 7.11.1) e impiegando le resistenze di progetto con i coefficienti parziali ?R indicati nella tabella 7.11.III.

Le azioni da considerare nelle analisi di sicurezza delle fondazioni sono fornite dalla spinta esercitata dal terrapieno, dalle azioni gravitazionali permanenti e dalle azioni inerziali agenti nel muro, nel terreno e negli eventuali sovraccarichi.
La verifica nei confronti dello stato limite di scorrimento può essere eseguita anche con il metodo degli spostamenti (§ 7.11.3.5.2).
L’accelerazione critica deve essere valutata utilizzando i valori caratteristici dei parametri di resistenza. Le condizioni dell’opera possono essere riferite al raggiungimento di uno stato limite ultimo (SLV) o di esercizio (SLD) in dipendenza del valore di soglia dello spostamento. La valutazione delle condizioni di sicurezza è effettuata mediante il confronto tra lo spostamento calcolato e il corrispondente valore di soglia. I criteri di scelta dei valori limite di spostamento devono essere illustrati e giustificati dal progettista.


cap. 7.11.6.3 – modificate le specifiche di verifica delle paratie
Per le paratie devono essere soddisfatte le condizioni di sicurezza rispetto ai possibili cinematismi di collasso verificando il rispetto della condizione (6.2.1) con le prescrizioni di cui al § 7.11.1.Per paratie realizzate in corrispondenza di versanti o in prossimità di pendii naturali devono essere soddisfatte le condizioni di stabilità del pendio, in presenza della nuova opera, con i metodi di analisi di cui al § 7.11.3.5. Deve inoltre essere soddisfatta la verifica di stabilità del complesso paratia?terreno con i criteri indicati al § 7.11.4. Per le paratie devono essere soddisfatte le condizioni di sicurezza nei confronti dei possibili stati limite ultimi (SLV) verificando il rispetto della condizione [6.2.1] con i coefficienti di sicurezza parziali prescritti al § 7.11.1.
cap.8 – Costruzioni esistenti

cap. 8.3 – integrate le specifiche per la valutazione della sicurezza
 […] La valutazione della sicurezza deve effettuarsi quando ricorra anche una sola delle seguenti situazioni:
[…]
– opere realizzate in assenza o difformità dal titolo abitativo, ove necessario al momento della costruzione, o in difformità alle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della costruzione.
[…]
Qualora sia necessario effettuare la valutazione della sicurezza della costruzione, la verifica del sistema di fondazione è obbligatoria solo se sussistono condizioni che possano dare luogo a fenomeni di instabilità globale o se si verifica una delle seguenti condizioni:
– nella costruzione siano presenti importanti dissesti attribuibili a cedimenti delle fondazioni o dissesti della stessa natura si sono prodotti nel passato;
– siano possibili fenomeni di ribaltamento e/o scorrimento della costruzione per effetto: di condizioni morfologiche sfavorevoli, di modificazioni apportate al profilo del terreno in prossimità delle fondazioni, delle azioni sismiche di progetto;
– siano possibili fenomeni di liquefazione del terreno di fondazione dovuti alle azioni sismiche di progetto.
Allo scopo di verificare la sussistenza delle predette condizioni, si farà riferimento alla documentazione disponibile e si potrà omettere di svolgere indagini specifiche solo qualora, a giudizio esplicitamente motivato del professionista incaricato, sul volume di terreno significativo e sulle fondazioni sussistano elementi di conoscenza sufficienti per effettuare le valutazioni precedenti.
La valutazione della sicurezza e la progettazione degli interventi sulle costruzioni esistenti potranno essere eseguite con riferimento ai soli SLU, salvo che per le costruzioni in classe d’uso IV, per le quali sono richieste anche le verifiche agli SLE specificate al § 7.3.6; in quest’ultimo caso potranno essere adottati livelli prestazionali ridotti.
Per la combinazione sismica le verifiche agli SLU possono essere eseguite rispetto alla condizione di salvaguardia della vita umana (SLV) o, in alternativa, alla condizione di collasso (SLC), secondo quanto specificato al § 7.3.6
Nelle verifiche rispetto alle azioni sismiche il livello di sicurezza della costruzione è quantificato attraverso il rapporto ?E tra l?azione sismica massima sopportabile dalla struttura e l’azione sismica massima che si utilizzerebbe nel progetto di una nuova costruzione;
l?entità delle altre azioni contemporaneamente presenti è la stessa assunta per le nuove costruzioni, salvo quanto emerso sui carichi verticali permanenti a seguito delle indagini condotte (di cui al § 8.5.5) e salvo l’eventuale adozione di appositi provvedimenti restrittivi sull’uso e, conseguentemente, sui carichi verticali variabili.
La restrizione sull’uso può mutare da porzione a porzione della costruzione e, per l’i?esima porzione, è quantificata attraverso il rapporto ?V,i tra il valore massimo del sovraccarico variabile verticale sopportabile da quella parte della costruzione e il valore del sovraccarico verticale variabile che si utilizzerebbe nel progetto di una nuova costruzione.
È necessario adottare provvedimenti restrittivi sull’uso della costruzione e/o procedere ad interventi di miglioramento o adeguamento nel caso in cui non siano soddisfatte le verifiche relative alle azioni controllate dall’uomo, ossia prevalentemente ai carichi permanenti e alle altre azioni di servizio.

cap. 8.4 – migliorata la definizione delle ‘Tipologie di intervento’
Si individuano le seguenti categorie di intervento:
interventi di adeguamento atti a conseguire i livelli di sicurezza previsti dalle presenti norme;
interventi di miglioramento atti ad aumentare la sicurezza strutturale esistente, pur senza necessariamente raggiungere i livelli richiesti dalle presenti norme;
riparazioni o interventi locali che interessino elementi isolati, e che comunque comportino un miglioramento delle condizioni di sicurezza preesistenti. 

Gli interventi di adeguamento e miglioramento devono essere sottoposti a collaudo statico.
Per i beni di interesse culturale in zone dichiarate a rischio sismico, ai sensi del comma 4 dell’art. 29 del D. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, è in ogni caso possibile limitarsi ad interventi di miglioramento effettuando la relativa valutazione della sicurezza.

Si individuano le seguenti categorie di intervento:
interventi di riparazione o locali: interventi che interessino singoli elementi strutturali e che, comunque, non riducano le condizioni di sicurezza preesistenti;
interventi di miglioramento: interventi atti ad aumentare la sicurezza strutturale preesistente, senza necessariamente raggiungere i livelli di sicurezza fissati al § 8.4.3;
interventi di adeguamento: interventi atti ad aumentare la sicurezza strutturale preesistente, conseguendo i livelli di sicurezza fissati al paragrafo 8.4.3.

Solo gli interventi di miglioramento ed adeguamento sono sottoposti a collaudo statico.
Per gli interventi di miglioramento e di adeguamento l’esclusione di provvedimenti in fondazione dovrà essere in tutti i casi motivata esplicitamente dal progettista, attraverso una verifica di idoneità del sistema di fondazione in base ai criteri indicati nel §8.3.
Qualora l’intervento preveda l’inserimento di nuovi elementi che richiedano apposite fondazioni, queste ultime dovranno essere verificate con i criteri generali di cui ai precedenti Capitoli 6 e 7, così come richiesto per le nuove costruzioni.
Per i beni di interesse culturale ricadenti in zone dichiarate a rischio sismico, ai sensi del comma 4 dell’art. 29 del DLgs 22 gennaio 2004, n. 42 “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, è in ogni caso possibile limitarsi ad interventi di miglioramento effettuando la relativa valutazione della sicurezza.


cap. 8.4.1 – migliorata la definizione di ‘Riparazione o intervento locale’
In generale, gli interventi di questo tipo riguarderanno singole parti e/o elementi della struttura e interesseranno porzioni limitate della costruzione. Il progetto e la valutazione della sicurezza potranno essere riferiti alle sole parti e/o elementi interessati e documentare che, rispetto alla configurazione precedente al danno, al degrado o alla variante, non siano prodotte sostanziali modifiche al comportamento delle altre parti e della struttura nel suo insieme e che gli interventi comportino un miglioramento delle condizioni di sicurezza preesistenti.
La relazione di cui al par. 8.2 che, in questi casi, potrà essere limitata alle sole parti interessate dall’intervento ed a quelle con esse interagenti, dovrà documentare le carenze strutturali riscontrate, risolte e/o persistenti, ed indicare le eventuali conseguenti limitazioni all’uso della costruzione.
Gli interventi di questo tipo riguarderanno singole parti e/o elementi della struttura. Essi non debbono cambiare significativamente il comportamento globale della costruzione e sono volti a conseguire una o più delle seguenti finalità:
– ripristinare, rispetto alla configurazione precedente al danno, le caratteristiche iniziali di elementi o parti danneggiate;
– migliorare le caratteristiche di resistenza e/o di duttilità di elementi o parti, anche non danneggiati;
– impedire meccanismi di collasso locale;
– modificare un elemento o una porzione limitata della struttura;
Il progetto e la valutazione della sicurezza potranno essere riferiti alle sole parti e/o elementi interessati, documentando le carenze strutturali riscontrate e dimostrando che, rispetto alla configurazione precedente al danno, al degrado o alla variante, non vengano prodotte sostanziali modifiche al comportamento delle altre parti e della struttura nel suo insieme e che gli interventi non comportino una riduzione dei livelli di sicurezza preesistenti.
La relazione di cui al § 8.3 che, in questi casi, potrà essere limitata alle sole parti interessate dall’intervento e a quelle con esse interagenti, dovrà documentare le carenze strutturali riscontrate, risolte e/o persistenti, ed indicare le eventuali conseguenti limitazioni all’uso della costruzione.
Nel caso di interventi di rafforzamento locale, volti a migliorare le caratteristiche meccaniche di elementi strutturali o a limitare la possibilità di meccanismi di collasso locale, è necessario valutare l’incremento del livello di sicurezza locale.

cap. 8.4.2 – migliorata e integrata la definizione di ‘Interventi di miglioramento’
Rientrano negli interventi di miglioramento tutti gli interventi che siano comunque finalizzati ad accrescere la capacità di resistenza delle strutture esistenti alle azioni considerate.
È possibile eseguire interventi di miglioramento nei casi in cui non ricorrano le condizioni specificate al paragrafo 8.4.1.
Il progetto e la valutazione della sicurezza dovranno essere estesi a tutte le parti della struttura potenzialmente interessate da modifiche di comportamento, nonché alla struttura nel suo insieme.
La valutazione della sicurezza e il progetto di intervento dovranno essere estesi a tutte le parti della struttura potenzialmente interessate da modifiche di comportamento, nonché alla struttura nel suo insieme.
Per la combinazione sismica delle azioni, il valore di ?E può essere minore dell’unità. A meno di specifiche situazioni relative ai beni culturali, per le costruzioni di classe III ad uso scolastico e di classe IV il valore di ?E, a seguito degli interventi di miglioramento, deve essere comunque non minore di 0,6, mentre per le rimanenti costruzioni di classe III e per quelle di classe II il valore di ?E, sempre a seguito degli interventi di miglioramento, deve essere incrementato di un valore comunque non minore di 0,1.
Nel caso di interventi che prevedano l’impiego di sistemi di isolamento, per la verifica del sistema di isolamento, si deve avere almeno ?E=1,0.

cap. 8.4.3 – migliorata e integrata la definizione di ‘Interventi di adeguamento’
È fatto obbligo di procedere alla valutazione della sicurezza e, qualora necessario, all’adeguamento della costruzione, a chiunque intenda:
a) sopraelevare la costruzione;
b) ampliare la costruzione mediante opere strutturalmente connesse alla costruzione;
c) apportare variazioni di classe e/o di destinazione d’uso che comportino incrementi dei carichi globali in fondazione superiori al 10%; resta comunque fermo l’obbligo di procedere alla verifica locale delle singole parti e/o elementi della struttura, anche se interessano porzioni limitate della costruzione;
d) effettuare interventi strutturali volti a trasformare la costruzione mediante un insieme sistematico di opere che portino ad un organismo edilizio diverso dal precedente.
In ogni caso, il progetto dovrà essere riferito all’intera costruzione e dovrà riportare le verifiche dell’intera struttura post-intervento, secondo le indicazioni del presente capitolo.
Una variazione dell’altezza dell’edificio, per la realizzazione di cordoli sommitali, sempre che resti immutato il numero di piani, non è considerata sopraelevazione o ampliamento, ai sensi dei punti a) e b). In tal caso non è necessario procedere all’adeguamento, salvo che non ricorrano le condizioni di cui ai precedenti punti c) o d).
L’intervento di adeguamento della costruzione è obbligatorio quando si intenda:
a) sopraelevare la costruzione;
b) ampliare la costruzione mediante opere ad essa strutturalmente connesse e tali da alterarne significativamente la risposta;
c) apportare variazioni di destinazione d’uso che comportino incrementi dei carichi globali verticali in fondazione superiori al 10%, valutati secondo la combinazione caratteristica di cui alla Equazione 2.5.2 includendo i soli carichi gravitazionali.
Resta comunque fermo l’obbligo di procedere alla verifica locale delle singole parti e/o elementi della struttura, anche se interessano porzioni limitate della costruzione;
d) effettuare interventi strutturali volti a trasformare la costruzione mediante un insieme sistematico di opere che portino ad un sistema strutturale diverso dal precedente; nel caso degli edifici, effettuare interventi strutturali che trasformano il sistema strutturale mediante l’impiego di nuovi elementi verticali portanti su cui grava almeno il 50% dei carichi gravitazionali complessivi riferiti ai singoli piani.
e) apportare modifiche di classe d’uso che conducano a costruzioni di classe III ad uso scolastico o di classe IV.
In ogni caso, il progetto dovrà essere riferito all’intera costruzione e dovrà riportare le verifiche dell’intera struttura post?intervento, secondo le indicazioni del presente capitolo.
Nei casi a), b) e d), per la verifica della struttura, si deve avere ?E ? 1,0. Nei casi c) ed e) si può assumere ?E ? 0,80.
Resta comunque fermo l’obbligo di procedere alla verifica locale delle singole parti e/o elementi della struttura, anche se interessano porzioni limitate della costruzione.
Una variazione dell’altezza dell’edificio dovuta alla realizzazione di cordoli sommitali o a variazioni della copertura che non comportino incrementi di superficie abitabile, non è considerato ampliamento, ai sensi della condizione a). In tal caso non è necessario procedere all’adeguamento, salvo che non ricorrano una o più delle condizioni di cui agli altri precedenti punti.

cap. 8.5.3 – migliorata la definizione della Caratterizzazione meccanica dei materiali
Per conseguire un’adeguata conoscenza delle caratteristiche dei materiali e del loro degrado, ci si baserà su documentazione già disponibile, su verifiche visive in situ e su indagini sperimentali. Le indagini dovranno essere motivate, per tipo e quantità, dal loro effettivo uso nelle verifiche; nel caso di beni culturali e nel recupero di centri storici, dovrà esserne considerato l’impatto in termini di conservazione del bene. I valori delle resistenze meccaniche dei materiali vengono valutati sulla base delle prove effettuate sulla struttura e prescindono dalle classi discretizzate previste nelle norme per le nuove costruzioni.Per conseguire un’adeguata conoscenza delle caratteristiche dei materiali e del loro degrado, ci si baserà sulla documentazione già disponibile, su verifiche visive in situ e su indagini sperimentali. Le indagini dovranno essere motivate, per tipo e quantità, dal loro effettivo uso nelle verifiche; nel caso di costruzioni sottoposte a tutela, ai sensi del D.Lgs. 42/2004, di beni di interesse storico?artistico o storico?documentale o inseriti in aggregati storici e nel recupero di centri storici o di insediamenti storici, dovrà esserne considerato l’impatto in termini di conservazione. I valori di progetto delle resistenze meccaniche dei materiali verranno valutati sulla base delle indagini e delle prove effettuate sulla struttura, tenendo motivatamente conto dell’entità delle dispersioni, prescindendo dalle classi discretizzate previste nelle norme per le nuove costruzioni. Per le prove di cui alla Circolare 08 settembre 2010, n. 7617/STC, il prelievo dei campioni dalla struttura e l’esecuzione delle prove stesse devono essere effettuate a cura di un laboratorio di cui all’articolo 59 del DPR 380/2001.

cap. 8.5.4 – migliorata la definizione dei Livelli di conoscenza della struttura
Sulla base degli approfondimenti effettuati nelle fasi conoscitive sopra riportate, saranno individuati i “livelli di conoscenza” dei diversi parametri coinvolti nel modello (geometria, dettagli costruttivi e materiali), e definiti i correlati fattori di confidenza, da utilizzare come ulteriori coefficienti parziali di sicurezza che tengono conto delle carenze nella conoscenza dei parametri del modello.Sulla base degli approfondimenti effettuati nelle fasi conoscitive sopra riportate, saranno individuati i “livelli di conoscenza” dei diversi parametri coinvolti nel modello e definiti i correlati fattori di confidenza, da utilizzare nelle verifiche di sicurezza.
Ai fini della scelta del tipo di analisi e dei valori dei fattori di confidenza si distinguono i tre livelli di conoscenza seguenti, ordinati per informazione crescente:
? LC1;
? LC2;
? LC3.
Gli aspetti che definiscono i livelli di conoscenza sono: geometria della struttura, dettagli costruttivi, proprietà dei materiali, connessioni tra i diversi elementi e loro presumibili modalità di collasso.
Specifica attenzione dovrà essere posta alla completa individuazione dei potenziali meccanismi di collasso locali e globali, duttili e fragili.

cap. 8.7.5 – integrata la definizione delle fasi di progetto dell’intervento, estese anche agli interventi locali
Per tutte le tipologie costruttive, il progetto dell’intervento di adeguamento o miglioramento sismico deve comprendere:
– verifica della struttura prima dell’intervento con identificazione delle carenze e del livello di azione sismica per la quale viene raggiunto lo SLU (e SLE se richiesto);
– scelta motivata del tipo di intervento;
– scelta delle tecniche e/o dei materiali;
– dimensionamento preliminare dei rinforzi e degli eventuali elementi strutturali aggiuntivi;
– analisi strutturale considerando le caratteristiche della struttura post-intervento;
– verifica della struttura post-intervento con determinazione del livello di azione sismica per la quale viene raggiunto lo SLU (e SLE se richiesto).
Per tutte le tipologie costruttive, il progetto dell’intervento di miglioramento o adeguamento sismico deve almeno comprendere:
a) l’analisi e la verifica della struttura prima dell’intervento, con identificazione delle carenze e del livello di azione sismica per la quale viene raggiunto lo SLU (e SLE se richiesto);
b) la scelta, esplicitamente motivata, del tipo di intervento;
c) la scelta, esplicitamente motivata, delle tecniche e/o dei materiali;
d) il dimensionamento preliminare dei rinforzi e degli eventuali elementi strutturali aggiuntivi;
e) l’analisi strutturale della struttura post?intervento;
f) la verifica della struttura post?intervento, con determinazione del livello di azione sismica per la quale viene raggiunto lo SLU (e SLE se richiesto).

Analogamente si procederà per gli interventi (di riparazione o rafforzamento) locali. In tal caso non si eseguiranno le analisi della struttura e le verifiche ante e post?operam di cui ai punti a), e), f), che saranno sostituite da analoghe verifiche sul singolo elemento o sul meccanismo locale sul quale si interviene, al fine di determinarne gli incrementi di resistenza e/o di duttilità conseguenti all’intervento.


cap. 12 – integrati i riferimenti tecnici
[…]
Per quanto non trattato nella presente norma o nei documenti di comprovata validità sopra elencati, possono essere utilizzati anche altri codici internazionali; è responsabilità del progettista garantire espressamente livelli di sicurezza coerenti con quelli delle presenti Norme tecniche. Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, per il tramite del Servizio Tecnico Centrale, predispone e pubblica, sentiti il Consiglio Nazionale delle Ricerche (C.N.R.) e l’Ente Italiano di Normazione (UNI), l’elenco dei documenti che costituiscono riferimento tecnico per le Norme tecniche per le costruzioni ai sensi del presente capitolo. Con analoga procedura sono anche predisposti e pubblicati gli aggiornamenti periodici a tale elenco, nonché gli aggiornamenti degli elenchi delle specifiche tecniche volontarie UNI, EN ed ISO richiamate nella presente norma.

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