Le sette fasi storico-stilistiche di Dungeons & Dragons
Oggi come oggi dire Dungeons & Dragons equivale a dire tutto e nulla. Stiamo parlando infatti, non di un semplice gioco, ma di un vero e proprio fenomeno culturale che ha influenzato diversi ambiti della società, da quello dei videogiochi a quello letterario, passando per il cinema.
D&D si è progressivamente staccato dagli stereotipi fantasy delle origini, per dar vita nel tempo ad uno stereotipo fondato su se stesso: D&D è autoreferenziale, un mondo parallelo con una sua logica interna fatta di monaci orientali che vanno a braccetto con paladini delle ballate medievali, elfi tolkieniani, barbari howardiani e guerrieri che impugnano spade senzienti moorcockiane, che combattono insieme contro Smaug, Belzebù e persino Cthulhu.
Se ci limitiamo a parlare del gioco di ruolo vero e proprio però, tralasciando l’universo immaginario di riferimento, ci rendiamo ben presto conto del fatto che ciascun giocatore ha la sua idea di cosa sia D&D: se interpellate qualcuno che ha iniziato con la scatola rossa negli anni ’80, sicuramente vi riferirà di concetti ed esperienze di gioco completamente diverse da quelle di chi, per dire, si è fatto le ossa con la seconda edizione di AD&D negli anni ’90.
Questo perchè Dungeons & Dragons ha una storia lunga, lunghissima. Ha attraversato diverse fasi (o epoche, se vogliamo) della storia dell’hobby e ogni volta ha cambiato pelle, cercando di adeguarsi a quello che era lo spirito del tempo. Proprio per questo motivo siamo passati dai claustrofobici dungeon di matrice gygaxiana e dai mash-up fantasy-fantascienza arnesoniani delle origini al narrativismo spinto di David Zeb Cook, per poi abbracciare il lato tattico-regolistico con l’altro Cook (Monte) e infine tornare un pò alle origini con l’attuale Quinta Edizione.
Da quanto detto finora si comprende il motivo per cui non si ha ancora una definizione certa di cosa sia D&D. Tuttavia, riflessioni come quella di Armchair Gamer su rpg.net, che mi accingo qui a tradurre in italiano (in maniera libera e parziale, arricchendola con le mie osservazioni) possono aiutare chi è interessato per davvero alla questione a prendere possesso di una visione d’insieme, ovvero dell’intero corso evolutivo di Dungeons & Dragons.
Armchair Gamer distingue quindi sette stili (flavors) di gioco associabili a Dungeons & Dragons, collocandoli temporalmente (ecco perchè ho usato l’aggettivo “storici”) e includendo gli elementi che li contraddistinguono. Lo scopo di questa riflessione non è affatto quella di creare una “teoria” su cui giurare con la mano sinistra, ne quella di mettere a confronto i vari stili per decretare quale sia il migliore.
L’obiettivo, a detta dell’autore stesso, è invece quello di andare oltre la falsa dicotomia “new school vs. old school” che è superficiale e di classificare invece le varie incarnazioni di D&D secondo lo stile di gioco ad esse associate: ciascuna “fase” indica infatti diverse priorità e un modo diverso di approcciare il gioco stesso.
Dal canto mio ho interpretato le riflessioni di Armchair Gamer in un’ottica di evoluzione storica, cercando di dare una spiegazione del passaggio da uno stile all’altro e interpretando lo stile di gioco come il riflesso dello spirito del gioco , che a mio modo di vedere è più adatto a descrivere l’insieme di regolamento, obiettivi dell’autore e “sentire” della comunità dei giocatori di ruolo di un dato periodo storico.
E’ mia convinzione infatti che lo spirito del gioco di una determinata versione di D&D rispecchi pur sempre lo spirito del tempo in ambito giocoruolistico: se si accetta questa mia ipotesi allora la riflessione che segue può veramente aiutare a comprendere i vari stadii che il nostro hobby ha attraversato in più di 40 anni di onorata carriera.
Chi è in grado di leggere l’inglese potrà trovare il post originale datato 2012-13 di Armchair Gamer qui e qui: questo è importante per chi vuole rendersi conto di dove terminano le riflessioni dell’autore originale e dove iniziano le mie, perchè nel testo che vi accingerete a leggere non ho separato le due (motivazione: avrei reso meno coeso l’articolo e più difficile seguirne il filo logico).
Premessa
Questo articolo non può e non vuole essere una ricostruzione fedele al 100% della storia di Dungeons & Dragons. Le date sono indicative e servono soltanto a dare al lettore un’idea di come collocare cronologicamente le varie “fasi” dell’evoluzione del gioco e gli stili che l’hanno contraddistinto; ma si tratta di approssimazioni. Chi cerca una disamina filologicamente corretta della storia dell’hobby invece, farebbe meglio a rivolgersi a testi quali Playing at The World di Jon Peterson.
Gli stili poi si sovrappongono cronologicamente, perché in ciascuna fase potevano convivere diversi stili (e anche perchè ogni versione di D&D può supportare più di uno stile). Ribadisco infine che le riflessioni originarie e la classificazione degli stili sono merito di Armchair Gamer: io ho soltanto parzialmente tradotto il suo articolo utilizzandolo come punto di partenza per alcune considerazioni personali, che potrebbero quindi non riflettere il punto di vista dell’autore originale. Buona lettura !
Knaves & Kobolds (1972-77, 2005+): il Dungeons & Dragons originario
Sistemi di riferimento: OD&D (1974), Holmes D&D (1977), B/X (1981), retrocloni vari (2005+)
Moduli di riferimento: La Rocca sulle Terre di Confine, Caverns of Thracia, Moduli Judges Guild
Possiamo tradurlo in “Canaglie e Coboldi”, laddove le Canaglie sono i Personaggi ovviamente. Si tratta dello stile nativo di D&D, quello originario del 1974, ripreso poi dal movimento Old School negli anni 2000. Siamo all’alba del gioco di ruolo e l’hobby non è ancora consapevole delle proprie potenzialità: i dungeon non hanno molta logica e nessuno si preoccupa troppo di come funziona davvero una data trappola o di cosa si nutrono i mostri. Tutto ruota attorno alla meraviglia verso questo nuovo modo di giocare: il divertimento è nell’esperienza di gioco stessa, non nell’interpretazione del ruolo o nella costruzione del Personaggio migliore (come testimonia Greg Svenson nell’intervista rilasciata a GDR Magazine).
A livello di gioco, questo stile primordiale è caratterizzato da un’elevata mortalità dei Personaggi (elevata se paragonata a quella dei D&D odierni, naturalmente) e dall’importanza rivestita dai tesori, quale unico fattore di avanzamento.
Questi due elementi portano con sè diverse conseguenze, come il minore attaccamento dei Giocatori ai loro Personaggi (se possono morire all’improvviso, perchè dotarli di background chilometrici ?), la semplicità del processo di creazione del Personaggio stesso (la mortalità è frequente quindi devo poter creare un nuovo Personaggio velocemente), la moralità dubbia (ecco perchè Canaglie: se per avanzare ci vuole la pecunia allora tutto è lecito purchè io possa ottenere tesoro, diventare più forte e morire meno facilmente) e la “scala” di potenza degli avversari molto contenuta (se i Personaggi sono fragili di per sè non c’è bisogno di Demoni e Draghi per metterli in difficoltà ma sono sufficienti una manciata di Coboldi, che danno il nome allo stile).
L’arricchimento eccessivo dei Personaggi porta inoltre gli autori ad escogitare sistemi per far si che questa montagna di denaro inerte possa essere investita in qualcosa di utile e durevole, per portare il gioco ad un nuovo livello, quello “politico”: stiamo parlando degli end-game, ovvero castelli e fortezze (di cui parleremo meglio quando affronteremo lo stile Castles & Cronies).
Tutto ciò porterebbe ad altre considerazioni che evito di fare per non allungare ulteriormente il brodo. Aggiungo soltanto che l’equazione “tesori = avanzamento” nello stile K&K può trarre in inganno, perchè il tesoro non è altro che uno stimolo all’esplorazione del mondo fittizio, giacché le monete d’oro non crescono nel giardino di casa.
Dungeoncrawling & Demons (1977-86, 2000+): D&D diventa Advanced
Sistemi di Riferimento: AD&D (1979), D&D 3.X (2000+)
Moduli di Riferimento: Temple of Elemental Evil (1985), Dungeoneer’s Survival Guide (1986)
Questa è l’epoca del D&D Gygaxiano, in cui il gioco di ruolo si coerentizza in sistemi elaborati, corposi e orientati più alla tattica e al combattimento che all’esplorazione del mondo fittizio. Si può dire metaforicamente parlando (ma manco troppo metaforicamente, visto il deteriorarsi dei rapporti tra i due) che con la transizione da Knaves & Kobolds a Dungeoncrawling & Demons, Arneson fa un passo indietro rispetto a Gygax.
I dungeon, specie quelli definiti come Megadungeon, la fanno da padroni: con la pubblicazione dei tre manuali base di Advanced Dungeons & Dragons Gary non fa più mistero della sua predilezione per le avventure ambientate in interminabili complessi sotterranei ricchi di trappole e mostri, tanto da implicare in esse persino un’ecologia del dungeon (il cosiddetto Naturalismo Gygaxiano), una logica interna in contrasto con l’ironia e l’illogicità dei dungeon dello stile precedente (come Caverns of Thracia).
E’ l’epoca della supplementite acuta: Gygax passa dal celebre motto “Ai DM non dobbiamo far sapere che possono giocare di ruolo anche senza regole” (tipico dello stile precedente) alla pubblicazione di AD&D (la coerentizzazione ufficiale della non-struttura del D&D originario) e soprattutto di Unearthed Arcana, il primo vero supplemento ad inaugurare la moda del “più roba c’è, meglio è”, anche a costo di stravolgere lo spirito originario del gioco (cosa di cui il buon Gary si pentirà pubblicamente in tarda età).
I gdr, in pratica, diventano una roba seria. Non più l’avventura a cuor leggero dello stile precedente dove nei dungeon ci si poteva imbattere in fast food tipo McDonald’s (Mike Mornard); non più manualetti di poco più di 50 pagine, con regole appena accennate e tutto il resto nelle mani del DM. Ora si fa sul serio, come sembra volerci ammonire la copertina di AD&D: ora Dungeons & Dragons è Advanced.
Questo si traduce, ad esempio, in un sistema di combattimento di gran lunga più elaborato e tendente al simulazionismo. Ma anche negli altri comparti si respira lo stesso spirito: compaiono regole precise su come reclutare mercenari e creare veleni; ma soprattutto, ci sono miriadi di tabelle per gli usi più svariati, dai classici incontri casuali alla creazione di PNG, dalla descrizione di malattie infettive alla tabella delle prostitute cui è possibile imbattersi in città. Nel Manuale del DM, Gary inizia anche a parlare di elementi realistici nelle ambientazioni (Milieu) come sistemi di governo ed economia.
A livello di gioco lo stile Dungeoncrawling & Demons rispecchia l’esasperazione verso il simulazionismo in voga allora, con i Giocatori intenti a pianificare attentamente le loro incursioni e la strategia da adottare nei combattimenti, una maggiore attenzione ai vari elementi che costituiscono il Personaggio (ad esempio alle conseguenze che la scelta di una data Razza o Classe, o combinazione di esse, può comportare a livello di gioco), per via di una maggiore consapevolezza da parte loro dell’impatto delle regole sull’esperienza di gioco assente nello stile precedente, imperniato invece sulla semplice esplorazione.
Ricordiamoci inoltre che nel 1978 esce Runequest, che per molto tempo rappresenterà l’unica alternativa a D&D per chi cerca un fantasy più realistico; nel ’77 invece era uscito Traveller, forse il primo gdr ad inaugurare il genere simulazionista per via del tono impersonale con cui venivano illustrate le regole, l’utilizzo di termini scientifici e l’attenzione (inusuale all’epoca) posta sulla verosimiglianza di procedure e sistemi. Tutto ciò avrà sicuramente influenzato il D&D di questo periodo.
Questo è anche lo stile cui idealmente si rifà il primo D&D non TSR, ovvero la versione 3.x della Wizards of The Coast (che poi si evolverà nello stile Simulations & Spellcasters). Vi ritroviamo infatti tutti gli elementi già citati prima: supplementite acuta, attenzione rivolta alla creazione del Personaggio e al combattimento, simulazionismo. Monte Cook stesso ha ammesso placidamente di essere un fan dell’AD&D Prima Edizione e di Rolemaster, per il quale aveva anche scritto alcuni supplementi: basta dare un’occhiata al sistema di abilità del suo D&D per averne conferma.
Gamma Rays & Godslayers (1974-80+): il fantasy incontra lo sci-fi
Sistemi di Riferimento: AD&D + Unearthed Arcana (1986), BECMI (1983)
Moduli di Riferimento: Blackmoor (Temple of The Frog), Arduin Grimoire, Deities & Demigods, Gamma World
Dungeons & Dragons cresce in popolarità e prende coscienza del proprio potenziale: non ci si accontenta più quindi di dungeons, castelli e atmosfere medievaleggianti, ma si passa alla commistione di generi differenti. I Personaggi poi, specie con l’avvento di Unearthed Arcana, divengono di gran lunga più potenti e in grado di affrontare persino gli Dèi. Si iniziano a sperimentare combinazioni Razza-Classe fino ad allora impensabili, grazie al via libera di Gygax nell’UA. Tutto è possibile, sembra essere il motto di questo stile.
D&D si espande a tal punto che supplementi fan-made e versioni modificate del gioco divengono la norma in questo periodo. Ogni gruppo ha le proprie house-rules (Perrin Conventions, Rythlondar), ogni Università ha la sua “variante” di D&D personalizzata (ad esempio Warlock, il D&D sotto steroidi della Cal-Tech, la California Institute of Technology) e questo porta anche alla contaminazione con altri generi: visto che parliamo degli anni ’70/primi anni ’80, questo genere aggiuntivo non poteva che essere quello della fantascienza, come avviene ad esempio in Arduin (ma non dimentichiamoci che già Dave Arneson nel suo Blackmoor aveva incluso elementi presi a prestito dalla sf).
Non per nulla in quegli anni la TSR pubblica la prima edizione di Gamma World, il primo gioco di ruolo postnucleare, con un regolamento differente ma pur sempre compatibile con quello del suo prodotto di punta, mentre nell’82 pubblicherà Star Frontiers, fantascienza “canonica”; non dimentichiamoci poi che nel 1977 era nato il primo gdr di fantascienza in assoluto, Traveller, che abbiamo affrontato brevemente nel paragrafo precedente.
A livello di gioco nello stile Gamma Rays & Godslayers si è più inclini ad accettare qualsiasi elemento che possa portare una ventata di freschezza nell’aria viziata dell’ormai stantìo dungeon. Tutto va bene, purchè sia “cool”. Il realismo tanto in voga nello stile precedente viene accantonato e anche i Personaggi sviluppano poteri fuori dalla norma, per affrontare ostacoli di gran lunga più minacciosi rispetto a quelli degli stili precedenti, fino a diventare divinità essi stessi (vedi BECMI, dove i Personaggi possono raggiungere il 36esimo Livello e persino ottenere il rango di Immortali).
Castles & Cronies (1985+ ?): il manager fantasy
Sistemi di Riferimento: BECMI (1983), AD&D 2E (1989)
Moduli di riferimento: Birthright (1995)
Su questo stile mi soffermerò poco perchè è in pratica una ovvia conseguenza di Knaves & Kobolds, ma soprattutto dei due stili successivi. Deriva dall’eccesso di ricchezza accumulato dai Personaggi a causa della generosità di alcuni moduli di avventura, compresi oggetti magici e seguaci.
A questo livello, che cronologicamente corrisponde grosso modo agli ultimi anni della TSR, i Personaggi si trasformano in manager impegnati a gestire tutte le risorse (monetarie, umane e magiche) accumulate fino a quel momento. La scala da individuale diventa politica e l’avventura perde il suo ruolo chiave. Se di avventura si tratta, lo scopo è sempre quello di salvare il proprio dominio da minacce esterne.
Personalmente non avrei incluso affatto questo stile in quanto lo ritengo poco rilevante nella storia di Dungeons & Dragons, ma per amore di completezza ho ritenuto opportuno dedicargli un pò di spazio.
Paladins & Princesses (1983-98): la Storia prima di tutto !
Sistemi di Riferimento: AD&D 2E (1989), D&D 4E (2008)
Moduli di Riferimento: Dragonlance e avventure correlate (1984+), Ravenloft (1983), Pathfinder Adventure Paths (2007+)
Questo stile, per molti veterani di Dungeons & Dragons, segna l’inizio della fine. Gygax viene cacciato dalla TSR nel 1985 e successivamente David “Zeb” Cook viene incaricato di sfornare una nuova edizione di AD&D, la seconda per l’appunto, nell’ottica di tagliare definitivamente i ponti col Buon Colonnello.
Nel frattempo in casa TSR era entrato il nuovo acquisto Tracy Hickman autore dei moduli Pharaoh (1980) e Ravenloft (1983), una delle avventure più popolari di Dungeons & Dragons; Tracy è anche l’autore (assieme a Margaret Weis) della popolare saga fantasy Dragonlance (1984), evento questo, che dobbiamo tenere in considerazione per capire quanto segue.
Anche senza scomodare la serie di avventure ispirata a Dragonlance Dragons of Despair comunque, in cui lo stile Paladins & Princesses emerge chiaramente, i due moduli citati sopra contenevano già in nuce un concetto che diverrà poi un paradigma non solo della linea D&D (e che ritroveremo in versione ufficiosa in AD&D 2E) ma anche delle altre produzioni di giochi di ruolo del periodo: quello che viene definito Railroading. Questo stile può essere descritto brevemente come la priorità data alla storia rispetto a tutto il resto.
Questa concezione, che poi sfocerà nel narrativismo della middle school (il cui massimo esponente sarà Vampiri) prevedeva una scaletta di eventi prefissata cui i Giocatori non potevano sottrarsi in alcun modo. I Personaggi non erano più Canaglie (Knaves & Kobolds), Esploratori (Dungeoncrawlers & Demons) o Uccisori di Dèi (Gamma Rays & Godslayers) ma Eroi romantici, impegnati non più nel saccheggio di sotterranei abbandonati, ma in saghe epiche dal lieto fine.
I Personaggi quindi non sono più il mezzo tramite il quale il Giocatore fa esperienza del mondo di gioco, ma protagonisti di una storia “a tappe forzate”. L’elemento casuale viene visto come negativo, tantopiù che nell’AD&D 2E (come già nel BECMI) ci viene esplicitamente detto che non solo è lecito, ma anche necessario modificare i risultati dei dadi per salvare la pelle ai Personaggi.
La mortalità, da fattore integrante del gioco e stimolo a migliorarsi (superare gli ostacoli facendo affidamento sull’intelligenza del Giocatore anzichè sui valori numerici del Personaggio) diviene uno strumento punitivo da evitarsi ad ogni costo. Gli Eroi infatti, in quanto tali, non possono morire e se proprio devono, che se ne vadano in gloria o in momenti drammaticamente appropriati e non a causa del capriccio dei dadi !
Tutto ciò, unito anche alle proteste dei benpensanti di allora, porta Dungeons & Dragons ad abbracciare il politicamente corretto. Se i Personaggi sono Eroi, difatti, essi debbono combattere il male e devono anche essere moralmente irreprensibili: in D&D non c’è più posto quindi per Demoni (che vengono pudicamente ribattezzati Baate’Zu e Tanar’Ri), poppute sirene e Assassini. Così come la morte ingiusta e non attinente alla “Storia”, anche le tematiche “adulte” vengono bandite dal gioco.
Nel frattempo il Railroading prospera anche nel resto dell’universo gdr. Una delle più amate e popolari campagne per Warhammer Fantasy Roleplay, ovvero The Enemy Within (1986) è un perfetto esempio di narrativismo (nonostante i Personaggi non facciano la parte degli Eroi, sono tuttavia obbligati a seguire una serie di eventi messi in moto da un caso di “scambio di persona” che sta alla base di tutta l’avventura); nel 1991 poi, come già accennato sopra, esce la prima edizione di Vampiri, un gioco di ruolo che rappresenta l’apoteosi del narrativismo e l’antitesi di Dungeons & Dragons.
Nel ’95 infine, complice una gestione fallimentare da parte del nuovo Boss Lorraine Williams (ma anche per via dell’esplosione di un nuovo fenomeno, Magic The Gathering) la TSR fallisce e viene acquisita dalla Wizards of The Coast, che traghetta D&D nel nuovo millennio.
Simulations & Spellcasters (2002+): il D&D del 2000
Sistemi di Riferimento: D&D 3.5 (2002+), Pathfinder (2009+)
Moduli di Riferimento: n/a
Si tratta del diretto discendente dello stile Dungeoncrawlers and Demons del quale rappresenta infatti una naturale evoluzione. Con l’avvento del Dungeons & Dragons 3.5 nel 2002 infatti, gli elementi già presenti nello stile summenzionato (simulazionismo e sovraccarico da supplementi) si metastatizzano e divengono il perno attorno a cui ruota il gioco.
La conoscenza approfondita del sistema diventa il requisito fondamentale, come dirà Monte Cook stesso; i Giocatori sono incentivati a creare il Personaggio perfetto tramite la sapiente combinazione degli elementi costituitivi dello stesso, nella fattispecie Razza-Classe-Talenti-Capacità.
“Ottimizzazione“, “Build“, “Gestalt” sono le parole d’ordine di questo stile, che non perdona affatto chi non ha voglia di studiarsi quintali di pagine di manuali e supplementi alla ricerca dei mattoncini adatti con i quali costruire il proprio alter ego programmandone in anticipo l’avanzamento dal Livello 1 al 20 ed oltre. Il gioco stesso sembra voler dire: studia le regole e vincerai D&D ! Se non le studi sarai condannato a giocare un Personaggio inutile e poco divertente.
I Personaggi inoltre abbandonano gli Archetipi rigidi (Guerriero, Ladro, Mago, ecc.) che avevano contraddistinto Dungeons & Dragons fin dagli albori, per abbracciare una forma più fluida (tipica del 21esimo secolo), risultante appunto dalla combinazione (Gestalt) di molteplici Archetipi. Il Personaggio diventa quindi qualcosa di elastico e mutevole, vista anche la libertà con cui è possibile cambiare Classe rispetto ai vecchi D&D.
A livello di gioco puro vale quanto già detto a proposito dello stile Dungeoncrawlers & Demons con alcuni interessanti sviluppi, il più rilevante dei quali è il percepito predominio degli incantatori rispetto ai combattenti. Dico “percepito” perchè nei forum prosperavano analisi più o meno amatoriali, più o meno accurate del fenomeno, che in sostanza però si basavano piuttosto su una lettura pedantesca delle regole anzichè sull’esperienza di gioco reale.
Molti infatti accusavano gli “allarmisti” di cercare il pelo nell’uovo, visto che per ottenere i suddetti “uberPersonaggi” era necessaria prima di tutto una conoscenza enciclopedica dei manuali e dei supplementi; secondo poi, non tutti i DM accettavano tutti i supplementi al tavolo da gioco (ma i teorici del predominio degli incantatori la ritenevano una pratica scorretta); in terza analisi infine, le capacità dell’uberPersonaggio erano comunque subordinate al contesto e al tipo di situazione che di volta in volta si verificava in gioco.
Ma quando veniva fatto notare agli allarmisti che essi non stavano prendendo in considerazione tutti i fattori (situazione, contesto di gioco, inclinazione del Master e via dicendo) ma soltanto razionalizzando in maniera astratta ed esasperando alcune “falle” nel regolamento (del tutto invisibili tra l’altro ai non min-maxers), questi rispondevano che “il gioco deve funzionare a livello di regole prima di prendere in esame gli altri fattori”, il che equivaleva a dire che elementi quali inclinazioni ed esperienza dei giocatori, tipo di avventura giocata, background del Master e situazioni contingenti “in game” non avevano alcuna rilevanza nei giochi di ruolo.
Questa concezione totalmente astratta a mio modo di vedere è l’espressione più perfetta del servilismo nei riguardi della regola scritta (Rules as Written) che questo stile di gioco implicava: le regole non erano più uno strumento per interfacciarsi col mondo fittizio, piuttosto erano i Giocatori stessi ad essere diventati schiavi del regolamento, che fagocitava tutti gli altri aspetti dell’hobby. Il regolamento da “mezzo” era divenuto “fine”.
Warlords & Warlocks (2008+): bilanciamento a tutti i costi !
Sistemi di riferimento: D&D 4E (2008+)
Moduli di Riferimento: n/a
Sorto come reazione alle critiche di cui parlavamo sopra, questo stile è uno dei pochi che fa storia a sè, essendo associabile esclusivamente alla quarta edizione di Dungeons & Dragons. Armchair Gamer dice che in questa fase i Personaggi sono quasi sempre “non convenzionali” rispetto ai canoni del fantasy classico, ovvero appartenenti a Razze e Classi che non rispecchiano l’umanocentrismo del D&D tradizionale (in questo caso aggiungerei che è un’evoluzione del multiclassismo Gestalt della 3.5, il cui scopo implicito era quello di costruire Personaggi anti-convenzionali).
Lo stile di gioco è un amalgama di Paladins & Princesses e Dungeoncrawlers & Demons, più orientato all’azione del secondo ma anche più “dark” rispetto al primo, improntato sull’azione e la tattica. Si focalizza infatti su una serie di incontri o scene prestabilite, ciascuno dei quali presenta minacce risolvibili con un’accorta strategia basata sull’utilizzo e gestione dei Poteri associati alle varie Classi.
Difatti per ovviare al problema percepito del predominio degli Incantatori che affliggeva il D&D precedente (che sostanzialmente monopolizzava le discussioni sui forum di gdr di allora), gli autori della Quarta Edizione avevano pensato di decostruire ciascuna Classe riducendola ai minimi termini (Poteri), la qual Classe così diventava semplicemente una somma di capacità costruite secondo una logica comune. Persino gli Incantesimi erano considerati Poteri e seguivano le stesse regole di tutti gli altri, con l’ovvio effetto collaterale di rendere le Classi tutte (apparentemente) simili tra loro.
Credo sia questo uno dei principali motivi dietro alla critica, piuttosto comune all’epoca, che accusava il Dungeons & Dragons della Quarta Edizione di non essere davvero D&D e di ispirarsi un pò troppo ai MMORPG e ai Boardgames (medium in cui l’elemento tattico e di costruzione del Personaggio hanno la priorità sul resto).
Questo, complice anche la volontà da parte della WOTC di riaccogliere tra le sue braccia molti fan di vecchia data (che nel frattempo erano migrati verso il D&D 3.x redivivus Pathfinder ma anche verso i retrocloni del movimento Old School) portò all’avvento di Dungeons & Dragons Quinta Edizione che, almeno negli intenti, doveva rappresentare l’edizione del gioco che avrebbe accontentato tutti; e quindi, secondo la nostra analisi, l’edizione che avrebbe supportato tutti gli stili di gioco che abbiamo visto finora. Una sorta di “D&D dei D&D”.
E il presente ?
La disamina di Armchair Gamer termina qui. Infatti nel 2012 si era ancora in pieno clima Warlords & Warlocks e la quinta edizione di Dungeons & Dragons non era ancora tra noi. Di acqua sotto i ponti ne è passata da allora e forse tra coloro che hanno avuto la pazienza di leggere l’articolo dall’inizio alla fine, c’è qualcuno che ha già pensato a quale possa essere lo stile da associare alla versione attuale di D&D. In tal caso, potete usare il box commenti qui sotto per descrivere questo stile e contribuire così all’articolo !
Le sette fasi storico-stilistiche di Dungeons & Dragons | GDR Magazine
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