Aumento senza precedenti dei costi delle materie prime: salta l’edilizia ?
Dari Andrea – Ingegnere, Editore INGENIO 26/03/2021 8192Negli ultimi mesi raddoppiati i prezzi di molte materie prime provenienti da Cina, Corea, USA … e sono dimezzate le forniture. Non è solo una questione di COVID, la pandemia ha solo accentuato il problema. La realtà è che rischia di saltare il sistema edilizia in Italia e non solo quello.
Perchè siamo così dipendenti dalle potenze straniere ? esiste un problema de-industrializzazione (e sudditanza) per i Paesi virtuosi su ambiente, lavoro, qualità della vita … ? un breve editoriale su un problema crescente e che sempra senza soluzione.
I container non si trovano e costano il triplo. Molte resine – fondamentali per le costruzioni – sono introvabili, e con aumenti di prezzo superiori al 100%. Non ci sono bancali per le spedizioni. Non si trova l’acciaio. … Di conseguenza i fornitori e le imprese bloccano la firma di nuovi contratti, e a rischio ci sono le forniture di molti cantieri.
Le imprese sono in forte sofferenza perché tali incrementi, eccezionali e imprevedibili, si aggiungono alle già ingenti sofferenze finanziarie e patrimoniali dovute alle dinamiche disfunzionali di appalto connesse all’evento pandemico.
La normativa attuale non prevede, purtroppo, adeguati meccanismi di revisione prezzi; in tale contesto, quindi, i contratti non risultano più economicamente sostenibili.
Il rischio è che nelle prossime settimane si debbano bloccare non solo le attività più piccole, che saranno le prime ad andare in crisi, ma anche i grandi cantieri delle opere pubbliche.
Quanto dovrebbe durare ? circa sei mesi, ma non è detto.
Salta l’edilizia ? l’Allarme lanciato dall’ANCE
Anche l’ANCE ha lanciato l’allarme “Caro materiali, Ance: Governo intervenga subito o tutti i cantieri bloccati”
“Il caro materiali non è più sostenibile per le imprese. Con un aumento del 130% dell’acciaio, del 40% dei polietileni, del 17% del rame e del 34% del petrolio e, di conseguenza, anche la difficoltà di approvvigionamento, tanti cantieri pubblici e privati rischiano di bloccarsi con gravi ripercussioni economiche e sociali.
Per questo l’Ance ha scritto ai Ministri competenti per chiedergli “un intervento normativo urgente attraverso il quale riconoscere alle imprese gli incrementi straordinari di prezzo intervenuti”. L’attuale Codice degli Appalti non prevede, infatti, chiarisce l’Ance, “adeguati meccanismi di revisione prezzi. In tale contesto, quindi, i contratti non risultano più economicamente sostenibili, con il conseguente rischio di un blocco generalizzato degli appalti, nonostante gli sforzi messi in campo dalle imprese per far fronte agli impegni assunti”.
“Questi rincari eccezionali rischiano di frenare gli interventi già in corso e di mettere a rischio quelli previsti dal Recovery Plan”, commenta il Presidente Buia che invita le amministrazioni competenti a “correre subito ai ripari”.”
“Acciaio su del 130% in 12 mesi: cantieri messi a rischio dalla fiammata dei prezzi in edilizia”
Edoardo Bianchi, Vicepresidente Ance con delega ai lavori pubblici
Le ragioni ? prima fra tutte la de-industrializzazione del Paese
Le motivazioni sono molte. Per esempio in Texas l’ondata di gelo ha bloccato la produzione chimica per un mese. In Germania per la pandemia sono state chiuse molte fabbriche. E’ accaduto un incidente all’impianto BASF SE sito in Ludwigshafen. La disponibilità limitata anche sul fronte asiatico, a causa di una domanda notevolmente aumentata in Cina, dove l’economia è decollata a pieno regime. Anche le fabbriche che producono materie prime non hanno ancora raggiunto la piena capacità, e poiché c’è molta incertezza su COVID-19, non è chiaro quando raggiungeranno il loro massimo di produzione e ricostituiranno l’offerta. C’è anche un problema di reperimento di Container e i prezzi del trasporto di questi tra la Cina e l’Europa sono aumentati di oltre il 400% dal quarto trimestre del 2020. … e ora si è incagliata anche una nave nel canale di Suez con il rischio di tenerlo bloccato per settimane.
Ma come accaduto per le mascherine, l’Italia quando si trova in queste condizione, dipendendo ormai completamente da altri paesi (che le produzioni le hanno mantenute) è quella che ne soffre di più.
E purtroppo il percorso di de-industrializzazione del Paese non si ferma.
“Trasporti, prezzi dei carburanti in aumento da 20 settimane. Dallo scorso novembre il pieno di benzina costa 10 euro in più”
La sfida della sostenibilità
Nell’ultimo libro «QUEL MONDO DIVERSO» scritto da Fabrizio Barca ed Enrico Giovannini si esprime un concetto, importante: la «sostenibilità» non può essere un semplice aggettivo del sostantivo «crescita», ma deve diventare l’elemento principale degli obiettivi della società moderna. E se così è, non può essere quindi il PIL l’elemento unico con cui si misura la crescita di un Paese, ma devono essere definiti altri indicatori.
Ne consegue che sia fondamentale rendere l’obiettivo sostenibilità misurabile, così come lo è il PIL, al fine di sottrarre il termine sostenibilità da una narrativa ormai quasi fastidiosamente populista, e ricondurla a un concetto concreto e reale. Altrimenti il rischio è che prevalga l’equazione «Sostenibilità uguale Decrescita Felice» e quindi due approcci che portano nella stessa direzione «ambientalista sì, ma non nella mia città» e «annientalismo».
E la Sostenibilità può essere un obiettivo misurabile, come viene dimostrato in un altro saggio di Giovannini, il libro ‘UTOPIA SOSTENIBILE», in cui il neo Ministro del MIT, anzi del MIMS, compie un’attenta analisi epistemologica del tema. Semplificando (me ne perdonerà il Ministro) lo strumento principale è quello di misurare, attraverso indicatori precisi, i progressi compiuti sui 17 obiettivi «d’oro» fissati dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (Assemblea dell’ONU del 25 settembre 2015).
Con una attenzione però sempre evidenziata da Giovannini, che la programmazione e l’analisi debba essere compiuta secondo un concetto chiasmico che consenta di gestire percorsi che spesso sono in antitesi. E torniamo così al libro scritto con Fabrizio Barca in cui si evidenzia che, proprio per tenere conto di questa esigenza, il governo di una transizione così importante non possa fare a meno dei tecnici, ma debba essere governata dai politici.
Ora, il rischio che vedo in questo percorso «verso un futuro migliore» che all’interno dei ruoli che sono stati visti e indicati, così come degli obiettivi man mano fissati, vi sia un pericolo generale che sia poco considerato e rischia di trasformare non solo l’Italia ma anche l’Europa nel prossimo «territorio povero del mondo» se non la vera e propria emergenza del pianeta. Mi sto riferendo alla delocalizzazione industriale e commerciale causata dalla mancanza di una politica economica internazionale. E tra i poveri sono quelli più poveri a pagarne maggiormente le conseguenze …
E’ più di un semplice rischio il fatto che le Aziende sollecitate dalla possibilità di produrre in luoghi con normative su ambiente, sicurezza, lavoro, fisco meno gravose, possano spostare i propri siti in altri Paesi.
La tempesta perfetta
Per Deni Severini, presidente della sezione Chimica, plastica e farmaceutica di Confindustria Toscana Nord, quella che incombe sul settore della trasformazione di materie plastiche è una “tempesta perfetta”, combinazione tra pandemia, forte ascesa dei prezzi delle materie prime e, da luglio, l’ulteriore peso della plastic tax sugli imballaggi monouso. Una tempesta che colpisce un settore alle prese con una parziale ripresa delle attività.
“Le imprese del settore plastica si trovano ad affrontare un passaggio molto delicato – nota Severini -. Già da metà anno scorso i prezzi delle materie prime hanno iniziato ad aumentare, ma dall’autunno abbiamo assistito a una crescita impetuosa che ancora non accenna a rallentare e che riguarda praticamente tutti i polimeri di interesse per il nostro settore, dal polietilene al polipropilene, dal PVC al polistirene e al PET, compresi i biopolimeri ed i riciclati. Gli incrementi di prezzo superano in molti casi il 100%. Questo quando li si trova: ma le quantità a disposizione sui mercati mondiali sono nettamente inferiori ai bisogni e quindi accade spesso di non riuscire affatto a reperire i materiali necessari alla produzione”.
“Una tempesta perfetta i, cui risultato è una marginalità troppo bassa, che mette a repentaglio gli equilibri di bilancio delle imprese – sottolinea Severini -. Senza considerare che l’entità di tali aumenti produce inevitabilmente anche sensibili conseguenze finanziarie non sempre gestibili. Il tutto con l’introduzione della ‘plastic tax’ in calendario a luglio: una prospettiva destabilizzante per le nostre aziende”
Fonte: Polimerica
Il suicidio italiano e la globalizzazione della produzione
Per comprendere il problema che sto sollevando è sufficiente guardare a cosa sta accadendo per la chimica di base.
Negli anni novanta l’Italia ha distrutto, per decisione politica, la chimica di base (di processo) italiana, all’avanguardia in quel momento sul piano della biochimica a livello mondiale, spolpando i principali gruppi nostrani e regalandone il core a gruppi mondiali.
Le politiche “punitive” verso l’industria presente in Italia (basta pensare alle norme anti trust nazionali e ai criteri adottati nella definizione delle sanzioni), la presenza di ministri più interessati a farsi selfie sui social piuttosto che a creare dei tavoli con l’industria per valorizzare il sistema italia, la mancanza di politiche a sostegno della produzione in Italia (diventata ormai per molti comparti una semplice etichettatrice di prodotti realizzati altrove), ha continuato a uccidere il nostro settore industriale e l’industria manifatturiera.
Così pian piano ci accorgiamo che non siamo più in grado di produrre mascherine quando servono, che gran parte dell’industria alimentare e della moda è diventata straniera, così come importanti gruppi del comparto dell’edilizia, che l’industria del mobile soffre gli attacchi sul nostro territorio dei colossi internazionali … insomma stiamo diventando una colonia commerciale di altre potenze.
E oggi, quando in piena pandemia, i prezzi delle materie prodotte da questo settore – e provenienti soprattutto da Cina, Corea, Germania e USA – sono esplosi (con crescite del 90% in un mese) e, contemporaneamente, è crollata la reperibilità di questi materiali non abbiamo le risorse e i mezzi per contrastare un fenomeno di questo tipo.
Il comunicato di EuPC: è un problema europeo
Con un comunicato diffuso nei giorni scorsi, EuPC, l’associazione che rappresenta i trasformatori europei di materie plastiche, esprime la propria preoccupazione per l’impatto che la carenza di materie prime sta avendo sulla produzione di prodotti in plastica in Europa.
Il mercato europeo dei polimeri è sotto pressione da diversi mesi, si legge nel comunicato stampa, e le conseguenze negative della carenza di materie prime e degli aumenti dei prezzi stanno influenzando seriamente la produzione di prodotti in plastica nell’UE. Le aziende di trasformazione della plastica in tutta Europa segnalano difficoltà nel reperire le materie prime necessarie per mantenere in funzione la loro produzione e scorte allarmanti.
La domanda di polimeri si era ripresa in Europa nella seconda metà del 2020 dopo un forte calo della produzione a causa della pandemia Covid-19 e delle corrispondenti misure di blocco. Ma mentre i trasformatori di materie plastiche hanno iniziato ad aumentare la loro produzione, l’offerta di materie prime non è cresciuta di conseguenza.
“Da dicembre 2020 la situazione è peggiorata rapidamente. Inoltre, le condizioni meteorologiche estreme negli Stati Uniti comportano perdite di produzione che interessano anche il mercato europeo. Inoltre, i produttori europei hanno anche dichiarato un aumento del numero di casi di forza maggiore negli ultimi mesi, come segnalato già a gennaio da Polymers for Europe Alliance ”, spiega Alexandre Dangis, amministratore delegato di EuPC (nella foto sopra).
La situazione è ulteriormente aggravata dalla carenza di container, prosegue il comunicato. Come risultato di tutto questo insieme, i prezzi dei polimeri sono aumentati drasticamente, raggiungendo livelli record, limitando di conseguenza le facilitazioni di credito e riducendo drasticamente i margini molto ridotti delle società di trasformazione
“Ci sono circa 50.000 piccole e medie aziende di trasformazione della plastica in Europa, che devono far fronte alla carenza di materie prime e a significativi aumenti di prezzo senza alcuna leva nelle trattative con i produttori multinazionali di polimeri”, afferma il presidente di EuPC Renato Zelcher (nella foto a destra “Se la situazione continua in questo modo, sempre più aziende dovranno ridurre la loro produzione, portando in cambio a carenze di prodotti in plastica come imballaggi alimentari o parti per l’edilizia o l’industria automobilistica”.
Il pericolo delle norme diverse in paesi diversi: un caso fra tutti, il cemento
Ma il problema di una non uniforma applicazione delle stesse regole può avere anche altri effetti. Si prenda ad esempio il settore del Cemento.
Il costo della CO2 pesa ormai il 50% dei costi produttivi. Dal 2017 ad oggi è cresciuto del 500% (si consiglia la lettura di questo documento di ICIS).
Siamo probabilmente già oltre la soglia in cui il costo del trasporto da altri paesi e gli eventuali dazi aveva fino ad oggi reso possibile produrre questo materiale in Italia. Il rischio è quindi che pian piano il nostro Paese possa perdere la produzione di uno dei materiali chiave per l’Edilizia, diventando completamente dipendente da altri Paesi solo per il fatto che le norme industriali comportano costi diversi. Rischio che cresce se chi ci governa affronta il problema solo dal punto di vista dell’antitrust (come ha fatto fino ad oggi) e non delle strategie economiche e industriali di salvaguardia di un settore storico della nostra industria.
Ad oggi i contratti futures sulle quote europee per la consegna di dicembre 2021 sono saliti al massimo record di 34,25 euro/t. Il prezzo in realtà è già oltre ai 40 euro/t. Il rischio concreto che nella seconda metà dell’anno molte fabbriche dovranno interrompere la produzione.
Gli investimenti in sostenibilità sono importanti, ma gli investimenti richiedono risorse, e le risorse sono collegate alla redditività. E la redditività è legata ai costi …
Se non ci daremo di un sistema normativo più snello ed efficace, se le giuste politiche di rispetto dell’ambiente e del lavoro applicate nel nostro continente non saranno bilanciate da norme tecniche e fiscali che valorizzino l’innovazione e la produzione locale, il risultato è che rischiamo in pochi anni di avere un enorme problema industriale e sociale.
Evitare la tempesta perfetta
La necessità di esprimere alcuni dubbi, molte perplessità, e una paura per il nostro futuro in poche parole mi ha costretto a semplificare concetti in modo quasi fastidioso, ma era mio obiettivo lanciare un allarme: l’aumento dei costi delle materie prime, gestite ormai da pochissimi Paesi, così come quello della CO2, senza adeguate scelte sul piano normativo ha il rischio di avviare un percorso di deindustrializzazione del nostro paese senza precedenti, con ripercussioni sociali non immaginabili.
Al fine di evitare una «tempesta perfetta» è quanto mai necessario rivedere quindi la bilancia “oneri e onori» a livello intra europeo, per evitare che le guerre interne fiscali possano rendere il nostro ecosistema europeo poco coeso, più debole, e incapace di affrontare una deriva che la situazione di oggi vediamo già ampiamente gli effetti.
Il sentiero per la sostenibilità è una scelta ineludibile, ma è ricco di insidie e può essere estremamente rischioso. E’ necessario, come afferma Chicco Testa nel suo libro “Elogio della Crescita Felice” rendere compatibili le scelte ambientali con quelle industriali, perchè senza risorse non si può avere la forza per gestire un cambiamento così importante.
E’ fondamentale che il Ministro Giorgietti avvi al più presto i tavoli industriali per consentire al nostro Paese di tornare ad avere un ruolo più forme dal punto di vista manifatturiero e di processo, tale da renderci più resilienti alle future crisi mondiali.
E per quanto riguarda le costruzioni, su come percorrerlo il Ministro Giovannini, come Docente, come AsVIS, come esperto ha scritto molto, delineando percorsi, criteri di valutazioni, proposte. Ora come Ministro del MIMS ha la possibilità di mettere in pratica con ampi poteri quanto ci ha indicato in questi anni. E’ necessario che lo faccia tenendo conto di tutte le criticità, scegliendo le persone con cui farlo non solo per meriti politici, aprendo un canale diretto con l’industria e le professioni, e non solo il mondo accademico, perchè il pericolo di diventare una bellissima colonia turistica pesa gravemente sul nostro futuro.
Aumento senza precedenti dei costi delle materie prime: si bloccano i cantieri, salta l’edilizia ?
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