Google chiude il sito Messa in Latino. Contro il totalitarismo web, sarebbe ora di finirla con i blog
Il sito Messa in Latino è stato rimosso dalla piattaforma che lo ospitava, Blogger, che è di proprietà di Google.
Il sito, noto come MiL, era nato nel 2007 all’altezza del Summorum Pontificum di Benedetto XVI, il motu proprio secondo cui, in teoria, veniva «liberata» la messa tradizionale nel mondo. Il blog era molto trafficato (si parla di un milione di visite solo lo scorso mese!) da chi si interessava della Messa in rito antico e non di rado conteneva succose rivelazioni riguardo le meccaniche interne della gerarchia a Roma e nelle diocesi.
La notizia della chiusura del sito è rimbalzata sui giornali e anche al di là dell’Atlantico: a parlarne è anche LifeSiteNews. Secondo quanto riportato in una email inviata da blogger.com si informavano i redattori di Messa in Latino che il sito era stato chiuso con effetto immediato. MiL aveva qualcosa come 22.000 post, un vero tesoro di testimonianza degli ultimi 20 anni di post-concilio.
«Spiacenti, il blog all’indirizzo lamessainlatino.blogspot.com è stato rimosso» è la scritta che appare se si digita l’URL del sito.
Sostieni Renovatio 21
Il Giornale riporta che ora «proprietari del blog hanno reagito rivolgendosi ad uno studio legale ed inviando una diffida per lamentare quella che hanno definito “l’inopinata e soprattutto immotivata soppressione dello stesso” ed hanno richiamato il rispetto dell’articolo 21 della Costituzione in merito al diritto alla libera manifestazione del pensiero».
I motivi della chiusura ad oggi restano, come quasi sempre accade, oscuri.
«Il team di Blogger non ha fornito dettagli su possibili violazioni della politica. Tuttavia, MIL ha suggerito che l’azienda di proprietà di Google avesse sollevato obiezioni ad alcuni post che promuovevano la dottrina cattolica e mettevano in guardia dai pericoli della Massoneria» scrive l’inviato di LifeSitea Roma Michale Haynes. In rete circolano varie altre speculazioni su quale contenuto possa aver fatto scattare la censura: questa o quell’intervista, questo o quell’articolo, quel commento, etc.
Tuttavia, nessuna di queste ipotesi è credibile: è quello che Renovatio 21, che di piattaforme e censure se ne intende, ha imparato in tanti anni di colpi ricevuti, anche in tribunale. L’amara realtà, valida per chiunque sui social, è che non sai mai davvero per cosa ti abbiano censurato.
Si tratta, invero, di una situazione del tutto simile a quella de Il Processo di Franz Kafka: si viene processati e condannati ma non si sa nemmeno per quale accusa. Appellarsi è impossibile, e non vi è – a meno di non passare per gli avvocati, anche lì con tanta fatica, nessun volto umano con cui parlare, talvolta nemmeno una email generica a cui rivolgersi.
Come abbiamo tante volte ripetuto su queste pagine, i social in questo modo altro non fanno che fungere da grande prefigurazione della società totalitaria del futuro prossimo, dove il cittadino diviene «utente» che non ha più diritti, ma gode di «accessi» revocabili a comando dall’alto, con lo Stato a divenire piattaforma in una società controllata e regolata in modo macchinale.
Il fenomeno di rimuginare riguardo alla censura inflitta può arrivare a livelli di paranoia – tante volte lo abbiamo visto anche con grandi figure americane, sparite improvvisamente da YouTube (un’altra mega-piattaforma di Google) o perfino da Amazon, dove abbiamo visto sparire negli anni – cioè essere cancellati, come non fossero mai esistiti – i libri dello psicanalista della terapia riparativa per omosessuali Joseph Nicolosi, i testi di E. Michael Jones o, più di recente, i libri del pensatore russo Alessandro Dugin.
L’unica realtà possibile, è il consiglio spassionato di Renovatio 21 a MiL e a tutti, è quella di andare avanti comunque, tenendo a mente una serie di cose.
In primis, il modello hub and spoke: immaginate che la vostra operazione sia una ruota, ebbene non dovete concentrarvi sui raggi, ma sul mozzo, sul centro della ruota, e da lì procedere verso i raggi (i social, etc.). Il sito, quindi, non può appoggiarsi su una piattaforma straniera, soprattutto se del giro della Silicon Valley compromessa non solo con la cultura wokista, ma soprattutto con lo Stato Profondo USA. È necessario farsi un sito proprio, con un hosting provider fuori dal giro – nemmeno quello, sappiamo, è abbastanza, ma con i backup (in teoria, anche qui: sempre in teoria) in caso di chiusura si può riaprire rapidamente da un’altra parte. Basarsi sul sito, e non sui social o su piattaforme che rendono tutto più facile, non solo è arduo, ma garantisce meno traffico: eppure, la via più corta ti espone alla devastazione che conosciamo.
In secundis, cercare di solidificare la propria posizione, mettendo di mezzo corpi intermedi: come sapete, qui abbiamo penato non poco, e da poco ottenuto, lo status di testata registrata in tribunale – e guai a chi gli scappa di chiamare ancora «blog» Renovatio 21 (Sua Eccellenza, la perdoniamo). Chiaramente, nemmeno questo mette a riparo dalla censura – lo abbiamo visto in pandemia, dove venivano oscurate testate tradizionali antiche e pure dell’establishment, e lo vedremo ancora grazie all’Unione Europea – tuttavia mettere di mezzo corpi intermedi dello Stato e delle sue corporazioni potrebbe, in qualche modo, aiutare.
Farla finita con i blog, i profili Instagram, le pagine Facebook, i canali Telegram e Youtube. E aprire testate giornalistiche sic et simpliciter: sfruttiamo a possibile schermatura la pletora di Stato (leggi, sindacati, ordini, ministeri, tribunali) che esse comportano. No alla bloggheria; sì alla burocrazia.
Aiuta Renovatio 21
Sono solo le nostre indicazioni, basate sulla realtà vissuta nel travaglio di questi lustri. Non è escluso che la cosa si risolva al volo: è successo così anche a Chiesaepostconcilio, altra realtà molto conosciuta sparita dai radar qualche settimana fa, per poi ricomparire d’improvviso. Anche quello è un sito, anzi proprio un sedicente blog, che è rimasto appoggiato per decenni, senza evoluzione di sorta, ad una piattaforma aliena. Comodo, perfino gratuito: ma esiziale.
È facile che in questi casi, la censura sia scattata, più che per contenuti, per segnalazioni a ripetizione: tenete a mente che vi sono orde, specie di certuni orientamenti, fortemente organizzate, e pagate per esserlo, e per agire nella delazione online e pure IRL, cioè nella vita reale. A volte la segnalazione genera la censura, ma infine non attacca del tutto, perché l’argomento è considerato di importanza secondaria (la religione, per essi, lo è: «oppio dei popoli» diceva uno dei loro maestri di ingegneria sociale materialista) e non c’è volontà di rischiarsela in Paesi con leggi dove sopravvivono, malomodo, barlumi di libertà di parola con copertura costituzionale. Non è stato il nostro caso…
Non abbiamo una ricetta magica per evitare il bavaglio, ma possiamo dire che ci siamo, purtroppo, passati. Ai ragazzi di MiL possiamo dire che capiamo il senso di sgomento abissale nel vedere tutto il proprio lavoro – che coincide, in alcuni pensieri, con la propria vita, e forse pure, visto il significato storico, sociale e morale di quel che si fa, qualcosa di più – disintegrato con un click da un’autorità invisibile ed oscura.
Lo ribadiamo: si tratta solo di un’antemprima della società futura, dove saremo valutati, premiati e puniti per i nostri pensieri, e nemmeno quelli scritti o detti, ma quelli del nostro foro interiore, come nei progetti di interfaccia cervello-macchina di Klaus Schwab e compagni.
Forza, avanti. Mica ci si può fermare quando ti distruggono tutto. No?
«Si Deus pro nobis, quis contra nos?» (Rm 8, 31)
Roberto Dal Bosco
La vicenda del blog “Messainlatino” e il mercato dell’informazione
di Vincenzo Rizza
Caro Aldo Maria,
la scelta di Google di sospendere, senza preavviso e senza spiegazioni chiare, il blog “Messainlatino”, uno dei più conosciuti in Italia e non solo sulla liturgia tradizionale, riapre il dibattito sulla censura.
La motivazione fornita è la solita: violazione della policy contro l’hate speech. Quale contenuto specifico abbia provocato l’intervento non è dato sapere. Forse un articolo critico sulle teorie gender, forse le rivelazioni sulle motivazioni (clamorosamente smentite da recenti documenti) che hanno portato alle restrizioni alla messa tridentina. Poco importa: la decisione è stata presa, il blog è stato oscurato.
A molti, comprensibilmente, questo fatto è apparso scandaloso. Personalmente, pur ritenendo ingiusto il trattamento subito dal blog e assai deplorevole il comportamento di Google, vorrei sottolineare un aspetto sulla libertà di stampa (e di parola) negli ordinamenti liberali che viene spesso frainteso.
Lo dico subito e senza girarci intorno: in un sistema libero Google ha il diritto di sospendere il blog così come il “Corriere della sera” ha il diritto di non pubblicare una notizia o un articolo ritenuti sconvenienti o non condivisi e così come tu hai il diritto di non ospitare nel tuo blog un mio eventuale sproloquio (inclusa, naturalmente, questa lettera).
https://pagead2.googlesyndication.com/pagead/ads?client=ca-pub-7914852251573450&output=html&h=280&adk=157022254&adf=1984363846&pi=t.aa~a.2030864952~i.17~rp.4&w=804&abgtt=9&fwrn=4&fwrnh=100&lmt=1752503947&num_ads=1&rafmt=1&armr=3&sem=mc&pwprc=3431196381&ad_type=text_image&format=804×280&url=https%3A%2F%2Fwww.aldomariavalli.it%2F2025%2F07%2F14%2Fla-vicenda-del-blog-messainlatino-e-il-mercato-dellinformazione%2F&fwr=0&pra=3&rh=200&rw=804&rpe=1&resp_fmts=3&wgl=1&fa=27&dt=1752491846355&bpp=3&bdt=3450&idt=3&shv=r20250702&mjsv=m202507080101&ptt=9&saldr=aa&abxe=1&eo_id_str=ID%3D11ee03e83a908d99%3AT%3D1751396154%3ART%3D1751396154%3AS%3DAA-AfjYdckNSRjjbcPScvz5eXMIM&prev_fmts=0x0%2C1005x124%2C804x280&nras=4&correlator=3694827184184&frm=20&pv=1&u_tz=120&u_his=1&u_h=864&u_w=1536&u_ah=864&u_aw=1536&u_cd=24&u_sd=2&adx=366&ady=2043&biw=1536&bih=718&scr_x=0&scr_y=0&eid=31093424%2C31093428%2C42531706%2C95353387%2C95362656%2C95365461%2C95365698%2C95366349%2C31093381%2C95344788%2C95359266%2C95366363&oid=2&pvsid=6193175345362702&tmod=1565807721&uas=0&nvt=1&fc=1408&brdim=0%2C0%2C0%2C0%2C1536%2C0%2C1536%2C832%2C1536%2C718&vis=1&rsz=%7C%7Cs%7C&abl=NS&fu=128&bc=31&bz=1&pgls=CAEQAxoGMS4wLjk0~CAEaBTYuMi41&ifi=4&uci=a!4&btvi=3&fsb=1&dtd=M
Non è questa la censura in senso proprio. È esercizio di libertà editoriale se non fosse che Google non è un editore e se da un lato non si assume (né vuole assumersi) le responsabilità proprie degli editori, dall’altro pretende di sindacare cosa si può e non si può scrivere sulle sue piattaforme. Ha, tuttavia, a mio avviso, diritto di farlo così come è diritto di noi utenti criticare anche aspramente le politiche censorie di Google ed eventualmente boicottarne i servizi.
https://pagead2.googlesyndication.com/pagead/ads?client=ca-pub-7914852251573450&output=html&h=280&adk=157022254&adf=3263249771&pi=t.aa~a.2030864952~i.19~rp.4&w=804&abgtt=9&fwrn=4&fwrnh=100&lmt=1752503947&num_ads=1&rafmt=1&armr=3&sem=mc&pwprc=3431196381&ad_type=text_image&format=804×280&url=https%3A%2F%2Fwww.aldomariavalli.it%2F2025%2F07%2F14%2Fla-vicenda-del-blog-messainlatino-e-il-mercato-dellinformazione%2F&fwr=0&pra=3&rh=200&rw=804&rpe=1&resp_fmts=3&wgl=1&fa=27&dt=1752491846363&bpp=2&bdt=3457&idt=2&shv=r20250702&mjsv=m202507080101&ptt=9&saldr=aa&abxe=1&eo_id_str=ID%3D11ee03e83a908d99%3AT%3D1751396154%3ART%3D1751396154%3AS%3DAA-AfjYdckNSRjjbcPScvz5eXMIM&prev_fmts=0x0%2C1005x124%2C804x280%2C804x280&nras=5&correlator=3694827184184&frm=20&pv=1&u_tz=120&u_his=1&u_h=864&u_w=1536&u_ah=864&u_aw=1536&u_cd=24&u_sd=2&adx=366&ady=2501&biw=1536&bih=718&scr_x=0&scr_y=0&eid=31093424%2C31093428%2C42531706%2C95353387%2C95362656%2C95365461%2C95365698%2C95366349%2C31093381%2C95344788%2C95359266%2C95366363&oid=2&pvsid=6193175345362702&tmod=1565807721&uas=0&nvt=1&fc=1408&brdim=0%2C0%2C0%2C0%2C1536%2C0%2C1536%2C832%2C1536%2C718&vis=1&rsz=%7C%7Cs%7C&abl=NS&fu=128&bc=31&bz=1&pgls=CAEQAxoGMS4wLjk0~CAEaBTYuMi41&ifi=5&uci=a!5&btvi=4&fsb=1&dtd=M
Il problema, in realtà, non è di per sé, la censura di Google. Il problema nasce quando Google — insieme a Meta, YouTube, X, ecc. — detiene un potere di fatto monopolistico, e inibisce ogni canale alternativo. È qui che la questione privata diventa pubblica. Quando chi controlla l’accesso alle informazioni agisce in modo coordinato, selettivo, ideologico, e impedisce — per legge o per egemonia — la libera espressione di certe idee.
In un articolo del 13 aprile del 1948 sul “Corriere della sera” (“Chi vuole la libertà”) Luigi Einaudi ammoniva dal pericolo che chi possiede tutti i mezzi, sia esso “un solo colossale monopolista privato” o lo Stato, possa minare le libertà dei singoli. D’altronde, come scriveva von Hayek, “chi possiede tutti i mezzi stabilisce tutti i fini”; per citare un altro liberale, von Mises, se tutte le cartiere e tutte le tipografie appartenessero allo Stato (o ad un unico monopolista) non vi sarebbe alcuna libertà di stampa.
In definitiva, la libertà di stampa è tale soltanto quando chiunque abbia qualcosa da dire possa fondare un giornale o aprire un blog o possa scrivere un libro per dirlo: nessuno ha il diritto di essere ospitato da Google, ma tutti devono avere la possibilità di trovare (o creare) uno spazio alternativo per esprimersi.
La libertà non esige che tutti i media diano spazio a tutte le opinioni, ma solo che nessuno sia impedito con la forza dal poterle esprimere. Oggi, purtroppo, l’impedimento non è più sempre diretto, esplicito, violento; è più sottile, tecnologico, dettato da algoritmi, ma è altrettanto efficace di quello realizzato con la forza con l’effetto che chi dissente dal sentire comune dovrà correre il rischio di vedere oscurato, disattivato, depotenziato il proprio canale. L’autocensura, in questo sistema, non è un obbligo giuridico ma diventa spesso una scelta dettata dalla paura dell’esclusione.
https://pagead2.googlesyndication.com/pagead/ads?client=ca-pub-7914852251573450&output=html&h=280&adk=157022254&adf=3488075990&pi=t.aa~a.2030864952~i.27~rp.4&w=804&abgtt=9&fwrn=4&fwrnh=100&lmt=1752526777&num_ads=1&rafmt=1&armr=3&sem=mc&pwprc=3431196381&ad_type=text_image&format=804×280&url=https%3A%2F%2Fwww.aldomariavalli.it%2F2025%2F07%2F14%2Fla-vicenda-del-blog-messainlatino-e-il-mercato-dellinformazione%2F&fwr=0&pra=3&rh=200&rw=804&rpe=1&resp_fmts=3&wgl=1&fa=27&dt=1752491846374&bpp=1&bdt=3469&idt=1&shv=r20250702&mjsv=m202507080101&ptt=9&saldr=aa&abxe=1&eo_id_str=ID%3D11ee03e83a908d99%3AT%3D1751396154%3ART%3D1752491843%3AS%3DAA-AfjYdckNSRjjbcPScvz5eXMIM&prev_fmts=0x0%2C1005x124%2C804x280%2C804x280%2C804x280%2C904x90%2C804x280&nras=8&correlator=3694827184184&frm=20&pv=1&u_tz=120&u_his=1&u_h=864&u_w=1536&u_ah=864&u_aw=1536&u_cd=24&u_sd=2&adx=366&ady=3152&biw=1536&bih=682&scr_x=0&scr_y=488&eid=31093424%2C31093428%2C42531706%2C95353387%2C95362656%2C95365461%2C95365698%2C95366349%2C31093381%2C95344788%2C95359266%2C95366363&oid=2&psts=AOrYGskl7-UXR8vodR6G4LjLBbsiKu7zPd3SKwOhHu65sMn2ghFZz-kn38-AWdjzTayO9nFXCHdrDlVNL9F-ZGqGummRiTUGIBw_OrzE9oSB6MRTHFeTNQ%2CAOrYGsmbSa1pVJ6H1kfaUOxDDRrD65iLwyC6wkeplWZH3Yr5b4nQcBF34GLnud2tSuy09zs8ZSPQ5_NLKow6oVunCWGNYg%2CAOrYGsk-zAz9L7ciQu2fZBlwG5CHcnQPu3iSCob48BhN8bk92DZaCnDI-92xuISiyF3mN3GEfKaRN5gEe1HysUq39pNkxw&pvsid=6193175345362702&tmod=1565807721&uas=3&nvt=1&fc=1408&brdim=0%2C0%2C0%2C0%2C1536%2C0%2C1536%2C796%2C1536%2C682&vis=1&rsz=%7C%7Cs%7C&abl=NS&fu=128&bc=31&bz=1&pgls=CAEQAxoGMS4wLjk0~CAEaBTYuMi41&ifi=7&uci=a!7&btvi=7&fsb=1&dtd=M
Ritengo la decisione di Google ingiusta, ideologica e culturalmente dannosa; da liberale, tuttavia, non contesto il fatto che Google possa astrattamente prendere tale decisione. Contesto il fatto che il mercato dell’informazione online sia oggi così concentrato da rendere quasi irrilevante la distinzione tra un monopolio pubblico e un monopolio privato, con il concreto rischio di perdere la libertà di espressione costituzionalmente garantita: azzerato il pluralismo dei mezzi, anche il pluralismo delle idee rischia di diventare una finzione.
- qui la loro pagina su FaceBook (finché dura); il dominio principale http://www.messainlatino.it/ è ancora attivo, ma come dire fa tanto, ma tanto web uno.punto.zero, anzi meno zero virgola, con pagine HTML editate con Word 11 (davvero!) ↩︎