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Il codice del calore: come cuocere carne e pesce con tecnica impeccabile • Food and Wine Italia

Il codice del calore: come cuocere carne e pesce con tecnica impeccabile

Scienza, struttura muscolare e segreti professionali per migliorare sapore, consistenza e risultati in cucina

Nel vasto vocabolario del gusto, carne e pesce rappresentano un capitolo a sé, fatto di equilibri fisici, chimici e culturali che continuano a evolversi. In gastronomia si parla spesso di “cottura perfetta”, ma raramente si affronta ciò che rende davvero un taglio succoso, un filetto morbido, un pesce dall’interno lucido e compatto. In realtà tutto comincia molto prima della padella: nelle fibre muscolari, nella disposizione del collagene e nelle reazioni che il calore innesca negli alimenti.

Capire che cosa sono davvero carne e pesce è il primo passo per controllarne la cottura con precisione. Cerchiamo di affrontare il tema con una visione scientifica ma concreta grazie a quanto scritto in Modernist Cuisine, per trasformare ogni preparazione — dalla bistecca più semplice al branzino al forno — in un gesto consapevole.

Che cos’è la “carne”

Prima di approdare sulla griglia, la carne è muscolo (tutta la carne, che sia di animali terrestri o marini, anche se siamo abituati ad associare il termine ai primi). È un insieme di fasci di fibre, ciascuno composto da cellule muscolari allineate che determinano la direzione della cosiddetta “grana”. Le fibre racchiudono il sarcomero, unità responsabile della contrazione, formato dalle proteine actina e miosina: le stesse che, sotto l’effetto del calore, modificano forma e struttura, cambiando consistenza al morso.

Ogni fascio è avvolto da tessuto connettivo, dominato dal collagene, che tiene insieme il muscolo e ne condiziona la tenerezza. Un taglio con fasci sottili e collagene debole risulta naturalmente tenero; un taglio ricco di collagene e fibre robuste — come spalla, collo, gamba — richiede tecniche diverse e tempi lunghi, ma in cambio offre profondità di sapore difficilmente eguagliabile.

Foto di Modernist Cuisine

Nei pesci la struttura è simile, ma con differenze chiave: muscoli meno complessi, collagene più debole e una disposizione “a zigzag” dei miotomi che determina la tipica sfaldabilità in scaglie. Questo perché i pesci, galleggiando, non necessitano di un apparato muscolare pesante e i loro tessuti non sono evoluti per sopportare temperature elevate. È il motivo per cui la cottura del pesce richiede delicatezza quasi chirurgica.

Il ruolo della mioglobina e il colore della carne

Il colore della carne — che spesso si associa erroneamente al sangue — dipende dalla mioglobina, proteina che immagazzina ossigeno nei muscoli. Le fibre a contrazione rapida, deputate agli scatti, contengono poca mioglobina: ecco perché il petto di pollo o il lombo di vitello presentano carne chiara. Le fibre a contrazione lenta, pensate per la resistenza, sono invece ricche di mioglobina e conferiscono alle carni rosse la tonalità intensa e un sapore più sviluppato.

Nel pesce la maggior parte della muscolatura è chiara, destinata a movimenti brevi e rapidi, mentre una piccola porzione di fibre scure, posizionate lungo la lisca, sostiene l’attività di nuoto costante.

Tenerezza: un equilibrio tra collagene, calore e tempo

Il collagene è la chiave per leggere la carne. La sua struttura a tripla elica inizia a srotolarsi intorno ai 50 °C, trasformandosi gradualmente in gelatina. È un processo lento, favorito dall’umidità e ostacolato dalle temperature troppo alte. Se il calore è eccessivo, il collagene si restringe con forza, spreme i liquidi e irrigidisce il taglio. È il motivo per cui uno stinco cucinato velocemente risulta coriaceo, mentre lo stesso taglio cucinato a 75–80 °C per ore si scioglie letteralmente.

Nel pesce il collagene è più fragile e richiede temperature ancora più basse: pochi gradi di differenza possono segnare il confine tra un filetto compatto e uno asciutto e sfaldato.

La scienza del calore: cosa succede davvero durante la cottura

Per cuocere correttamente carne e pesce occorre pensare al calore come a un vettore che modifica proteine, acqua e collagene.

Tre principi guidano ogni buona preparazione:

  1. Controllo delle proteine:
    Actina e miosina si denaturano a temperature diverse. La miosina si altera già attorno ai 50–55 °C, contribuendo alla perdita di liquidi; l’actina intorno ai 66–73 °C, irrigidendo la carne. Nel pesce questo processo è anticipato, motivo per cui i suoi tessuti non tollerano temperature elevate.
  2. Trasformazione del collagene:
    Il passaggio da collagene a gelatina è ciò che rende un brasato tenero. Ma questa conversione richiede tempo, e avviene in equilibrio con il restringimento che tende a disidratare la carne.
  3. Gestione dell’umidità:
    Durante la cottura, l’acqua migra verso l’esterno. Un riposo adeguato permette ai liquidi di ridistribuirsi, garantendo succosità.

Carne tenera e carne dura: come scegliere e come cuocere

La regola d’oro è semplice ma imprescindibile: i muscoli che lavorano di più diventano più duri; quelli che lavorano meno restano teneri. Saper leggere questi segnali vi permette di scegliere il metodo ideale. Un filetto o una costata richiedono cotture rapide, calore diretto e controllo: griglia, padella, forno ad alta temperatura, oppure sottovuoto a bassa temperatura seguito da una rosolatura breve e intensa.

Un taglio ricco di collagene come la spalla, il cappello del prete o lo stinco rende il meglio in cottura umida, a bassa temperatura e per molte ore: brasatura, sottovuoto a lunga durata, cottura in casseruola, forno in umido.

Nel pesce, tagli più compatti come tonno e pesce spada tollerano meglio il calore, mentre filetti delicati richiedono cotture brevi: vapore, padella dolce, forno controllato, sottovuoto tra 45 e 55 °C a seconda della specie.

Rosolatura, riposo, precisione: tecniche che fanno la differenza

Ogni cottura efficace bilancia tre azioni fondamentali:

  1. Reazione di Maillard:
    Una rosolatura ben eseguita aggiunge complessità aromatica grazie alla combinazione di zuccheri e proteine che si trasformano in centinaia di molecole aromatiche. È il motivo per cui una bistecca dorata ha un sapore così diverso da una semplicemente scaldata.
  2. Gestione del calore:
    Passare da una cottura violenta a una più dolce è spesso la strategia vincente. Unendo Maillard e un cuore controllato si ottiene la massima aromaticità senza sacrificare la succosità.
  3. Riposo:
    La cosiddetta fase di rest. Permette ai liquidi, spinti dal calore verso l’esterno, di ridistribuirsi. Una regola che vale tanto per la costata quanto per il salmone al forno.

Applicare la scienza alla cucina quotidiana

Cucinare bene carne e pesce significa interpretare ogni taglio come un sistema vivo, guidato da specifiche logiche biologiche. Se la struttura muscolare è delicata, servirà precisione; se è robusta, occorreranno tempo e temperatura misurata. Ogni gesto, dal taglio alla marinatura, dalla selezione della fonte di calore al riposo finale, trova la propria ragione d’essere nella chimica dei tessuti.

Conoscere questi principi vi permette di avvicinarvi al banco del macellaio con sicurezza, scegliere con cognizione, sperimentare con consapevolezza e trasformare ogni cottura in un risultato ripetibile, gustoso e tecnicamente corretto.

In fondo la cucina non è un insieme di trucchi: è un linguaggio scientifico che diventa sapore. Quando lo si comprende, ogni piatto migliora.

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